Quanti di noi hanno una soffitta o una cantina piena di strumenti di plastica? I giochi ritmici hanno raggiunto il loro apice a metà anni duemila con le serie Guitar Hero e Rock Band, giochi in cui si faceva musica con poche ma tempestive pressioni dei pulsanti. Erano quelli erano i giochi ritmici per eccellenza: la formula era quella del beat-matching. Mentre quei giochi riguardavano esclusivamente la musica, da allora gli sviluppatori indipendenti hanno sperimentato altre formule, aggiungendo elementi ritmici ad altri generi.
Oltre al semplice beat-matching, queste esperienze integrano il ritmo e il gameplay tradizionali per dare un tocco di originalità a generi già consolidati. Inoltre, consentono agli sviluppatori di pensare in modo diverso agli input del giocatore e agli output musicali. Come sono nati questi remix? E quali sfide ha presentato il loro sviluppo? Abbiamo parlato con tre sviluppatori che nei loro giochi utilizzano il ritmo in misura diversa, per saperne di più sul loro approccio.
Ryan Clark, lead designer di Crypt of the NecroDancer di Brace Yourself Games, il ritmo lo ha aggiunto quasi per caso. «Il mio obiettivo era creare un gioco roguelike “onesto” al 100%, ma volevo mantenere il maggior numero possibile delle caratteristiche del genere, inclusa la natura a turni del gioco», afferma. «Ho iniziato costringendo il giocatore a completare ogni turno velocemente. Ma muoversi velocemente sembrava un po’ come muoversi a ritmo. Così ho provato a giocare al ritmo di Thriller di Michael Jackson, ed è stato fantastico!».
Il risultato combina il beat-matching con le meccaniche dei roguelike, e il ritmo è fondamentale quanto la strategia. Nei panni dell’esploratore Cadence, ci si muove dentro dungeon a griglia, sconfiggendo nemici e raccogliendo potenziamenti, il tutto mentre il ritmo pulsa incessantemente nella parte inferiore dello schermo. Il gameplay è simile a una danza; può anche essere giocato usando un tappeto da ballo.
Alcuni giocatori, tuttavia, trovano scoraggiante l’intensificarsi del beat-matching. Ecco perché Wan Hazmer, fondatore dello sviluppatore malese Metronomik, in No Straight Roads ha utilizzato il gameplay ritmico in maniera meno rigida. «Adoro i giochi ritmici», dice, «ma il problema era che non riuscivo a convincere altre persone a giocare con me, perché quando mi vedevano giocare si spaventavano. Volevo un accesso più facile per le persone al coinvolgimento nella musica».
No Straight Roads è un platform d’azione che vede una coppia di musicisti di una band indie rock sconfiggere un malvagio impero EDM. Mentre il platforming e i combattimenti contro i boss possono sembrare semplici, allineare l’azione con il ritmo della musica fornisce un ulteriore livello di complessità. Hazmer spiega: «In No Straight Roads gli attacchi seguono tutti la musica, ma allo stesso tempo non vogliamo spaventare le persone facendogli sentire la pressione di dover tenere il ritmo».
La ripetizione facilita anche i giocatori, consentendo loro di apprendere gli schemi ritmici dei nemici e reagire di conseguenza. Ironia della sorte, il famigerato e difficilissimo Dark Souls ha fornito ispirazione qui: «Giocandolo ancora e ancora, acquisisci il ritmo degli attacchi dei nemici. Quel tipo di istinto è ciò che volevamo nel nostro gioco», afferma Hazmer.
In No Straight Roads, ciascun boss è l’incarnazione fisica di un particolare genere musicale, che si esprime poi attraverso i suoi movimenti. Un esempio è il DJ Subatomic Supernova: la sua natura egoistica si riflette nei suoi attacchi. «L’idea è che pensa che tutto ruoti attorno a lui, quindi l’abbiamo realizzato in modo tale che manipoli i pianeti invece dei dischi, per mostrare di avere il controllo dell’universo e di trovarsi al suo centro», spiega Hazmer.
Sia Crypt of the NecroDancer che No Straight Roads adottano approcci molto diversi all’idea di combattimento ritmico. Laddove il primo è strettamente legato al beat-matching, nel secondo si tratta invece di evitare le battute. Al contrario Wandersong, un puzzle-platform del 2018 di Greg Lobanov, evita del tutto il ritmo. È invece un gioco musicale sull’espressione di sé stessi. “Mi interessava trasformare il controller in uno strumento musicale che fosse giocoso ed espressivo», afferma Lobanov. «L’idea era di costruire uno strumento musicale e poi costruire il gioco attorno ad esso».
Quello strumento musicale è la voce umana, e l’idea a Lobanov è venuta pensando alle canzoni che si cantano insieme in macchina. In Wandersong, un bardo viene inviato in missione per salvare il mondo, cosa che fa cantando e sconfiggendo col canto i nemici. Intorno al personaggio appare una ruota e i giocatori devono selezionare colori e direzioni, cercando suggerimenti rilevanti nel mondo di gioco per risolvere enigmi e interagire con una varietà di vivaci personaggi.
Eppure nulla in Wandersong è impostato su un ritmo o tempo definito, conferendo al gioco una qualità più libera ed espressiva. Ci sono sezioni di Wandersong, per giunta, in cui il ritmo è legato alla narrazione: una scena vede il bardo giù di morale e Lobanov usa in questo caso un gameplay ritmico pensato proprio per rappresentare la sua depressione.
Si riserva dunque maggiore attenzione alla narrativa rispetto al gameplay, e ciò si riflette nell’uso del ritmo. Il tema centrale di Wandersong è il potere ristoratore della musica e la sua capacità di connettere le persone. «In Wandersong il punto è raccontare una storia e cercare di convincere il giocatore a inventare e a divertirsi in modo creativo, lontano dalla logica o dalla risoluzione di un rompicapo», afferma Lobanov. «Sono tutte cose molto effimere e basate sui personaggi».
Ciascuno dei tre giochi qui trattati utilizza il ritmo in maniera diversa, portando sfide diverse ai rispettivi sviluppatori, in particolare in termini di difficoltà. Il ritmo dovrebbe rendere i giochi più o meno accessibili? In Crypt of the NecroDancer, l’uso del ritmo fornisce una sfida aggiuntiva per il giocatore, che deve essere attentamente bilanciata. Come spiega Clark: «Dato che i giocatori devono muoversi a ritmo di musica, la difficoltà del gioco è strettamente legata al tempo della musica. E poiché vogliamo che la difficoltà aumenti progressivamente, ciò significa che il tempo della musica deve aumentare andando avanti nel gioco. Questo è piuttosto restrittivo e significa che non possiamo sempre usare la musica come fanno normalmente i giochi!».
Continua: «Se volessimo che una particolare battaglia con un boss fosse lenta e malinconica, ad esempio, dovremmo abbassare il valore di BPM della musica per conferirle quel mood. Ma poiché abbassare il tempo ridurrebbe la difficoltà complessiva, dovremmo compensare aumentando la salute del nemico, la velocità dei movimenti, la complessità o la quantità dei pattern di attacco».
Ciò ha portato al boss “Deep Blues” di Crypt of the NecroDancer—il suo nome è un gioco di parole che unisce la musica blues e il supercomputer Deep Blue della IBM, progettato per le sfide a scacchi. Qui, una musica dance-rock rallenta fino a sfumare nel blues, e al giocatore viene data un’intera scacchiera di nemici in rapido movimento da sconfiggere.
Al contrario, Lobanov voleva realizzare un gioco che potesse piacere a sua madre. «Wandersong parla di un’esperienza emotiva e mi ha sorpreso accorgermi che ciò non ha nulla a che fare con la difficoltà. Suonare qualcosa di difficile non equivale a provare qualcosa. Trovare il modo di far provare qualcosa alle persone evitando quella frustrante difficoltà è stata una cosa nuova da capire per me».
Con Wandersong, Lobanov mirava a un’esperienza più delicata e incentrata sulla creatività. Ciò ha portato a una forma di improvvisazione per il canto del bardo, qualcosa di simile a una jam session che abbandona il ritmo a favore dell’accessibilità, evitando così la difficoltà di dover colpire tante note con un tempo più veloce. «Ciò che rende interessante il canto in Wandersong è l’atto di inventare, di giocare», dice Lobanov. «Basarlo sul ritmo sminuisce la parte che lo rende divertente, e cioè essere espressivo e giocoso. Il ritmo è intrinsecamente poco giocoso: è una struttura, e puoi sbagliarti».
Per Hazmer, l’uso del ritmo in No Straight Roads ha comportato una sfida progettuale del tutto diversa: il tempismo. Nella maggior parte dei giochi, agli attacchi nemici vengono forniti segnali visivi in modo che il giocatore possa reagire di conseguenza. No Straight Roads usa invece segnali musicali, che devono essere anticipati in tempo.
Ciò significa che le animazioni dei personaggi devono essere abbinate con estrema precisione alla musica. Per tornare al boss citato in precedenza: «Per assicurarci che si muova a ritmo, dobbiamo sapere quanti fotogrammi di animazione ci sono prima che attacchi, e avviare l’animazione in tempo», afferma Hazmer. Con così tanti boss e stili musicali differenti, questo ha rappresentato un’enorme sfida per garantire che non ci fossero nemici uguali tra loro.
Inoltre, la colonna sonora fornisce un feedback al giocatore. Ogni traccia è replicata in tre generi (rock, funk, EDM) e divisa in tre canali: accompagnamento, melodia e ritmo. I designer possono quindi prevedere il passaggio tra generi e canali diversi in modo dinamico, a seconda delle prestazioni del giocatore. Fai male e la musica sarà pura EDM. Se fai bene la musica sfumerà verso il rock, mixando l’audio al volo. «È stato un grande sforzo», afferma Hazmer, «ma lo abbiamo fatto perché tengo all’esperienza dell’utente, e al messaggio, che è che la tua musica può cambiare il mondo: l’abbiamo fatto nostro e l’abbiamo applicato a tutto».
Come dice Lobanov: «Penso che sia una fantasia di potere davvero divertente—e se potessi semplicemente diffondere l’energia musicale in un modo così potente che il mondo intorno a te cambia? Come si fa a fare un gioco su questo?».