L’invenzione di un alieno

Come ottenere della fantascienza a partire dalla scienza.

Nessuna fronte di gomma: era questa una delle disposizioni che i progettisti di The Fermi Paradox hanno dovuto seguire durante la progettazione della loro simulazione di strategia spaziale—un gioco epico in cui si guida una civiltà attraverso i secoli, dall’era neolitica fino agli imperi interstellari. Cercare di capire cosa funziona, cosa decreta il successo di un alieno, è difficile, ma una cosa chiara fin dall’inizio era cosa evitare.

«Cerchiamo di evitare gli “alieni dalla fronte di gomma” di Star Trek», afferma Jörg Reisig, responsabile creativo di Anomaly Games, lo studio di The Fermi Paradox. «E anche quando aggiungiamo alieni umanoidi o alieni ispirati da animali normali, ci piace modificarli abbastanza da farli sembrare davvero il risultato dell’evoluzione su un pianeta completamente diverso».

Ha senso. I videogiochi non sono limitati dagli stessi vincoli pratici e di budget del cinema e della televisione e, se stai progettando alieni, puoi anche mirare a qualcosa di veramente strano. Ma ciò che sorprende è quanto spesso il processo di creazione della vita aliena sia accompagnato da un certo grado di rigore scientifico.

Un’impostazione scientifica

Forse il miglior esempio in questo senso è la simulazione di sopravvivenza su un pianeta alieno Subnautica, e il suo ancora più ambizioso sequel artico Subnautica: Below Zero. Le creature di quest’ultimo sono state progettate dall’artista Alex Ries, noto anche per le sue opere sul mondo alieno “Birrin”, su cui attualmente sta scrivendo un libro. «La vera scienza è una base fondamentale del mio lavoro», spiega Ries.

«Dato che Subnautica ha regole più flessibili ma esplora concetti scientifici reali, la conoscenza di fenomeni come i brinicoli, del modo in cui gli animali usano la bioluminescenza, o della diversità della vita marina estinta sono stati tutti fondamentali. Ho imparato queste cose raccogliendo testi sulla biologia degli invertebrati, guide sugli animali e libri su importanti eventi evolutivi come l’esplosione del Cambriano».

In The Fermi Paradox la scienza non ha la stessa importanza, ma non viene comunque ignorata. «Vogliamo progettare creature realistiche i cui corpi abbiano un senso, pur senza avere solide basi scientifiche», afferma Reisig. «Il giocatore deve capire dall’immagine e da una breve descrizione come funziona l’alieno, e i dettagli sono lasciati all’immaginazione o agli eventi successivi nel gioco».

Il processo di ideazione di un alieno in The Fermi Paradox inizia con la scelta di una o due caratteristiche principali, ad esempio se si tratta di un predatore all’apice della catena alimentare o se produce luce nelle profondità del mare, ma poi l’obiettivo principale è sociale, non biologico. «Dal momento che le nostre civiltà si sviluppano dall’età della pietra alle ere futuristiche, possiamo dare loro un po’ più di carattere quando i loro abiti cambiano in accordo con il livello tecnologico raggiunto», afferma Reisig.

Un’impostazione del tutto differente la troviamo in The Eternal Cylinder, un gioco in cui il giocatore inizia come una solitaria e vulnerabile preda costretta a evolversi quando il cilindro del titolo inizia a rotolare e schiacciare il suo intero habitat. Le creature in The Eternal Cylinder sembrano uscite più da un dipinto di Hieronymus Bosch che dal taccuino di un zoologo, ma hanno comunque una loro logica interna.

The Eternal Cylinder (Fonte: press kit)

«Prima abbiamo ideato i prototipi e poi ci siamo seduti con lo sceneggiatore per dare loro una posizione più logica e scientifica all’interno del mondo alieno che abbiamo creato», spiega Carlos Bordeu, il game director di The Eternal Cylinder. «Ovviamente è stata una grande sfida poiché alcuni dei design erano piuttosto stravaganti. Ma dal momento che i nostri alieni erano animali e non “mostri”, era importante che apparissero come tali e non facessero nulla di troppo incredibile. Solo le forme di vita più surreali o intelligenti—quelle che avrebbero potuto sviluppare delle tecnologie—hanno “poteri” che sembrerebbero troppo inverosimili per degli animali. Ma ovviamente, questo è un titolo molto surreale, quindi ci sono cose fatte per comodità, sia della storia che del design del gioco».

L’importanza dell’habitat

Una cosa che tutti questi giochi hanno in comune è che le loro creature aliene sono il risultato di un processo evolutivo, per cui il loro design deve tenere conto non solo di come è fatta una creatura, ma anche del suo ambiente.

«Prima di iniziare a progettare qualsiasi cosa, di solito stabiliamo da che tipo di pianeta provengono questi alieni», afferma Anna Grinenko, l’artista dei personaggi di The Fermi Paradox. «È un pianeta di ghiaccio, un pianeta deserto, un pianeta giardino? Questo ovviamente determina già alcuni temi, come ad esempio se la creatura si muoverà o meno nell’acqua, se può volare e così via».

Ries parte anche da un luogo che considera l’ambiente delle sue creature. «Innanzitutto, l’alieno deve adattarsi al mondo e alla sensibilità estetica dell’universo a cui è destinato», dice. «Conservo sempre alcune immagini del progetto attuale per essere sicuro che il mio stile rimanga fedele al resto del mondo. Dopodiché, cerco di essere sicuro che la creatura abbia un senso evoluzionistico nella sua ambientazione, mostrando collegamenti e accenni di possibile ascendenza nel suo design».

Evoluzione speculativa

Non che questo approccio alla progettazione della vita aliena sia totalmente nuovo. Alcuni degli alieni più strani che siano mai stati immaginati non provengono da nessun film o programma televisivo, ma da diari di viaggio e libri di testo di fantasia come il bellissimo Expedition di Wayne Barlowe o lo spaventoso Man After Man di Dougal Dixon. Questi libri fanno parte di una tradizione chiamata “evoluzione speculativa” e l’esempio più recente è stato il documentario sulla finta natura di Netflix, Alien Worlds.

Il professor Lewis Dartnell è un astrobiologo specializzato nella ricerca della vita microbica su Marte. È l’autore di Life in the Universe: A Beginner’s Guide ed è stato consultato per Alien Worlds. Dartnell spiega che l’evoluzione speculativa è uno sforzo estremamente creativo, ma basato sulla scienza reale. «C’è ovviamente in ballo un’enorme quantità di immaginazione e creatività», afferma Dartnell. «Ma nell’evoluzione speculativa—e c’è un’enorme comunità che fa questo—si tratta di immaginazione e creatività limitate, che lavorano nell’ambito di particolari regole e principi. Vengono incluse solo cose che hanno senso e sono fisicamente possibili. Quindi, in Alien Worlds, hanno fatto di tutto per creare cose che sembravano un po’ stravaganti ma avevano una logica ed erano plausibili».

È facile vedere l’influenza del genere dell’evoluzione speculativa su Subnautica: Below Zero. «Il mio lavoro semplicemente non esisterebbe affatto senza queste opere fondamentali», afferma Ries. “Expedition di Barlowe, Man After Man di Dixon e The Wildlife of Star Wars di Whitlatch mi hanno mostrato la strada da seguire. Hanno dimostrato che è possibile adottare un approccio rigoroso alla storia naturale e applicarlo alla vita aliena, invece di creare semplicemente creature astratte autonome e prive di contesto evolutivo».

La vita sul tavolo da disegno

Naturalmente, questi alieni in realtà non sono il risultato della selezione naturale, ma del duro lavoro di artisti e designer. Il processo di progettazione di una nuova forma di vita aliena varia da persona a persona; a volte l’ispirazione arriva dal mondo reale, altre volte si parte completamente da zero. «A volte il team ha già delle idee in mente che posso prendere in considerazione durante il processo di progettazione, a volte vado a fare una ricerca per trovare ispirazione: dipende davvero dalla singola creatura», afferma Grinenko.

Concept art di Subnautica: Below Zero (Fonte: press kit)

«In un progetto come Below Zero, inizio in modo semplice, con una tela vuota di Photoshop», ci dice Ries. «Mi piace abbozzare forme per esplorare le possibilità. Non mi preoccupo dell’ombreggiatura o del colore in questa fase, solo della forma. Se ho specifiche indicazioni da seguire, allora lavorerò a partire da riferimenti a creature del mondo reale, a habitat simili a quelli terrestri in cui l’alieno potrebbe abitare. Se ho carta bianca, attingerò alle mie conoscenze di ecologia e zoologia per mettere insieme creature che siano interessanti dal visto di vista visivo e comportamentale, pur rimanendo funzionali all’interno delle regole dell’universo di Subnautica».

Nei giochi, è spesso fondamentale che i giocatori possano identificare una creatura in modo facile e soprattutto rapido, talvolta a distanza, quindi “sagoma” è una parola che ricorre spesso nelle conversazioni sul design alieno. «Vuoi concentrarti molto sulla silhouette, assicurarti che si distingua dalle altre creature nel gioco», dice Bordeu.

«La sagoma di un alieno è molto importante», concorda Grinenko. «Voglio che i design nel gioco siano diversi e immediatamente riconoscibili, e per questo motivo non mi limito alle pose e non rendo tutti umanoidi. Però ciò comporta un maggior carico di lavoro. È praticamente impossibile riciclare qualcosa da un alieno all’altro: più l’alieno è animalesco o surreale, più tempo passo nella fase di schizzo e più difficili sono i vestiti, e devi essere molto creativo con il modo in cui si adattano alle loro epoche».

Logica aliena

Una volta stabilita la forma, è tempo di iniziare a pensare alle implicazioni di tale forma: in che modo condiziona il comportamento dell’alieno, e questo a sua volta come viene condizionato dal suo ambiente?

«Uno dei nostri preferiti dalla community—il Maru—in realtà ha iniziato come un rapace dai molti occhi», dice Grinenko. «Mentre disegnavo, all’improvviso ho pensato: “Forse non verrebbe male se invece non avesse alcun occhio”. Improvvisamente, è diventato davvero stimolante pensare a come avrebbe percepito le cose: attraverso l’odore, l’udito? Quindi, solo con quel piccolo cambiamento, sono emerse molte buone idee che inizialmente non sembravano interessanti».

È comune che il processo di progettazione produca idee che vengono eliminate lungo il percorso. La selezione naturale procede in maniera simile: se un particolare design di una creatura non funziona, muore e non lascia prole. Ciò significa che i designer devono cercare di evitare difetti di progettazione che avrebbero fatto “deselezionare” le loro creature.

Dartnell indica uno dei design più interessanti di Subnautica: Below Zero, i pinguini alieni. «C’è una bella idea qui», dice. «Tutti i vertebrati sulla Terra hanno una bocca che si muove su e giù: questo pinguino ha una bocca che si apre da un lato all’altro. Ma quello che non funzionerebbe troppo è che sembra che questo pinguino alieno, non appena apre la bocca, si acceca davanti alla preda che sta cercando di catturare».

Naturalmente, questo non vuol dire che l’evoluzione non commetta errori. «C’è una quantità di errori nel corpo umano», sottolinea Dartnell. «Ad esempio, possiamo soffocare perché abbiamo un elemento in comune tra apparato digerente e respiratorio. Ma non si sopravvive a lungo con un difetto di progettazione critico».

The Eternal Cylinder (Fonte: press kit)

I design delle creature devono rivelarsi adatti non solo al mondo immaginario del gioco, ma anche all’ambiente digitale in cui dovranno muoversi. In The Eternal Cylinder «un buon esempio è il Tonglegrop, un predatore gigante che è uno dei nemici più grandi che dà la caccia al giocatore», afferma Bordeu. «Dato che sapevamo che il terreno di gioco sarebbe stato irregolare—una caratteristica che di solito è problematica nello sviluppo di un gioco—far muovere una creatura camminando sopra a una specie di masso l’ha resa più facile da implementare, poiché ruota da un unico punto anziché da più punti come un quadrupede. Anche la sostanza acida che spruzza è stato un attacco più facile da implementare, permettendo alla creatura di essere molto brava a lottare con i nemici attorno a sé».

Ries indica anche i modi in cui i limiti tecnici di un videogioco possono influenzare il design di una creatura. «Nei giochi, i limiti tecnici sono piuttosto importanti, in particolare per quanto riguarda le dimensioni», afferma. «Una creatura gigante nelle secche avrà problemi di ritaglio del terreno, per esempio. Devi preoccuparti soprattutto del davanti, perché quella è la direzione dell’attacco».

Quando le creature esistono in una simulazione tridimensionale completa questi sono aspetti da tenere in grande considerazione. Altrimenti, i designer hanno più opzioni. Dice Reisig: «Dato che non abbiamo i vincoli che hanno molti altri giochi di fantascienza, come gli alieni che devono adattarsi ad abiti generici o che devono essere in grado di trasportare e usare armi generiche, cerchiamo di abbracciare questa libertà e dare loro forme strane e uniche».

La maggior parte degli esempi che abbiamo esaminato fin qui hanno riguardato creature senza linguaggio, incapaci di usare strumenti, e in generale prive di quella che in genere chiamiamo “intelligenza”. Una volta che inizi a progettare una specie intelligente, la faccenda diventa molto più complicata. «La questione principale sull’intelligenza è che probabilmente esiste solo un insieme limitato di condizioni nelle quali l’intelligenza è la risposta giusta», afferma Dartnell. «Gli esseri umani si sono evoluti in un ambiente caotico e instabile nell’Africa orientale. Inoltre l’intelligenza è costosa. Per avere un cervello grande devi fornire un’enorme quantità di energia a quel cervello».

Per progettare un alieno intelligente su un altro pianeta, Dartnell sostiene che occorra immaginare circostanze simili. Ci deve essere una ragione per cui questa specie ha sviluppato l’intelligenza piuttosto che una soluzione più semplice, come ad esempio correre più veloce.

Diversi da come li conosciamo

Dartnell mette in guardia anche dal progettare alieni che sembrino troppo familiari. «Un principio generale è che gli alieni spesso non sono abbastanza alieni, e sono semplicemente un mix di vari animali della Terra, magari simili ma di un colore diverso», dice. «Non capita spesso di essere veramente sorpresi dall’aspetto di un alieno».

Questo è un obiettivo condiviso in pieno dai game designer e dagli artisti con cui abbiamo parlato. «Penso che sia importante usare riferimenti e trovare ispirazione, ma allo stesso tempo non lasciarsene troppo influenzare», ci dice Grinenko. «Vuoi che questo alieno abbia nove gambe? Bene, ora ha nove gambe! Questa non è la Terra. Non abbiamo bisogno di replicare una a una le cose che vediamo nel nostro mondo, ci possono essere migliaia di ragioni per cui è così. Probabilmente non ha senso che i cavalli sul nostro pianeta non abbiano occhi, ma forse per una creatura simile a un cavallo su un altro pianeta è normale non averne, semplicemente funziona in modo diverso».

Per Bordeu gli alieni che sembrano troppo terrestri sono un difetto comune a vari giochi. «Sento che abbiamo commesso quell’errore con un paio di creature in The Eternal Cylinder, che sembrano troppo “terrestri”», ammette. «Ma dovevamo creare così tante creature che è stato difficile essere totalmente originali con tutte quante. L’errore più grande che vedo spesso è creare creature che sembrano più animali normali cuciti insieme tra loro».

Un articolo apparso su
Wireframe #59
Tradotto da
Gilles Nicoli
Data della pubblicazione originale
4 febbraio 2022
Anche quando l’ispirazione sono animali terrestri, Ries sottolinea che molti designer attingono a un pool di fonti troppo piccolo. «Credo che gli unici veri errori che si possono fare nell’arte siano creare in un modo che ti renda infelice o che ferisca le persone vulnerabili», dice. «Tuttavia, più in generale, credo che noi—me compreso—dipendiamo troppo dai vertebrati come punti di riferimento. Il design delle creature è dominato da alieni sviluppati da esseri a noi imparentati, forse con qualche tocco di invertebrati. In parte ciò è dovuto al fatto che gli unici grandi animali terrestri che abbiamo come riferimento siano i vertebrati.

Suggerisce che gli artisti possono rompere questa abitudine guardando alla preistoria della Terra per trovare ispirazione. «Incoraggio le persone a guardare com’era la vita milioni di anni fa nelle foreste di carbone del Carbonifero, con i suoi millepiedi lunghi due metri, o negli oceani dell’Ordoviciano», dice.

Il pericolo di risultare troppo familiari si corre anche attingendo a fonti di fantasia. «A meno che lo scopo non sia proprio quello, cercherei sempre di evitare di copiare un tropo alieno consolidato, soprattutto visivamente», afferma Reisig. «Il giocatore può familiarizzare immediatamente con la creatura, ma spesso manca di originalità, il che rende un po’ noiosa la costruzione generale del mondo dl gioco. Inoltre, starei attento agli antropomorfismi». Dartnell indica Subnautica: Below Zero come esempio di design alieno fatto bene. «Lo squalo calamaro nuota con la propulsione a reazione: nessun animale vertebrato sulla Terra lo fa, ma non c’è alcuna ragione fisica per non farlo», dice.

Naturalmente, un’enorme differenza tra la vera scienza e la fantascienza è che in quest’ultima non c’è niente di sbagliato nel lasciare spazio all’immaginazione del pubblico. «Ho imparato che a volte meno equivale a più», dice Grinenko. «In realtà non è necessario mostrare tutto perché i giocatori sono creativi e intelligenti. Ho idee su come gli alieni si muovano e facciano le cose, ma ho anche letto interpretazioni davvero interessanti nella nostra community che potrebbero funzionare altrettanto bene».

Forse la cosa più importante da tenere a mente è che per questi extraterrestri gli alieni siamo noi. «La serie Half-Life ci ha anche fornito alcuni dei design più incredibili e veramente alieni», afferma Ries, «resi ancora più interessanti dal fatto che molte di quelle creature erano semplicemente animali arrivati per caso nel nostro mondo, e costretti a cercare un modo per sopravvivere. Non mostri, ma esseri come noi». Come sottolinea Grinenko: «Il segreto, penso, è pensare a loro come protagonisti, e non come a personaggi di sfondo senza nome».