Sid Meier, creatore di mondi

Alcune note a margine dell'autobiografia dell'autore di Civilization.

Nel dettare l’epitaffio per la propria tomba, Eschilo scelse di farsi ricordare come un uomo che dimostrò il proprio valore combattendo la battaglia di Maratona, e non come l’autore di decine di opere teatrali immortali. È un fatto che mi ha sempre colpito. Posso capire che nemmeno lui avrebbe mai immaginato una fortuna editoriale tale da portarlo a essere presente in qualsiasi libreria del mondo duemila anni dopo la propria morte, ma un qualche sentore di aver fatto qualcosa di importante come tragediografo dovrà pure averlo avuto, no? Forse la sua decisione si può spiegare così: avendo già la certezza di essere ricordato per le sue opere, volle mettere in evidenza qualcosa che invece i posteri avrebbero potuto dimenticare.

Autore
Sid Meier
Titolo
Una vita nei videogiochi
Editore
Baldini+Castoldi
Anno
2024
A Sid Meier, al contrario, non dispiacerebbe affatto essere ricordato per la sua opera più famosa. «Se sulla mia lapide ci fosse scritto solo “Sid Meier, creatore di Civilization” e nient’altro, a me starebbe benissimo», dichiara concludendo l’introduzione della sua autobiografia Una vita nei videogiochi, pubblicata da Baldini+Castoldi nella traduzione di Riccardo Vianello.

Per quanto abbia senso, perché poche serie nella storia dei videogiochi hanno avuto un impatto paragonabile a quello di Civilization, una simile scelta non renderebbe giustizia a una carriera lunga e ricca come la sua; lo fa, invece, questa autobiografia videoludica, in cui l’opera più celebre e più ingombrante inizia a essere trattata solo al capitolo 11 (su 25) o, in altri numeri, a pagina 191 (su 420).

Tuttavia, se nessun titolo più di Civilization meriterebbe di restare per sempre accostato a Sid Meier, più che a qualsiasi gioco tale onore potrebbe spettare a una scelta: quella di associare il suo nome alle proprie opere. Sid Meier’s Civilization (1991) non è nemmeno stato il primo gioco a includere il nome del suo autore, bensì il quarto, dopo Sid Meier’s Pirates! (1986), Sid Meier’s Covert Action (1990) e Sid Meier’s Railroad Tycoon (1990); e Sid Meier non è nemmeno stato il primo designer a presentare con il suo nome una sua creazione, visto che c’è almeno un gioco di flipper, intitolato Bill Budge’s Pinball Construction Set, ad anticiparlo di tre anni. Il caso di Sid Meier però resta per tanti versi unico, a partire dalla sua genesi.

Sulle origini dell’idea, nel suo libro, Sid Meier fornisce due versioni diverse. La più affascinante è quella di Bill Stealey, il socio con cui fondò la MicroProse, il quale ne attribuisce la paternità nientemeno che a Robin Williams (notoriamente un grande appassionato di videogiochi, al punto da—a proposito di paternità—chiamare sua figlia Zelda). Sarebbe stato l’attore americano, secondo questa versione, a far notare a Sid e a Bill, nel corso della cena di un evento organizzato dalla Software Publishers Association, come in tutti i settori dello spettacolo fosse prassi comune usare i nomi delle proprie star in fase di promozione; perché mai chi produceva videogiochi avrebbe dovuto fare diversamente? È una domanda che suona ancora attualissima.

Sid Meier, ad ogni modo, sorpassò pure quelle convenzioni che gli sarebbero dovute essere d’ispirazione; per quanto nelle locandine cinematografiche i nomi di registi o attori importanti siano sempre messi bene in evidenza, ad esempio, è difficile che entrino a far parte del titolo del film. Nelle stesse pagine promozionali acquistate sulle riviste specializzate, a volte il suo nome veniva usato come elemento di richiamo per il pubblico più del titolo del videogioco pubblicizzato, oppure appariva la sua firma quasi come a voler autenticare l’opera. Nel caso di Civization infine, ed è forse il dato più incredibile, il gioco ha continuato—e continuerà, con la prossima uscita del settimo capitolo—a portare il suo nome anche dopo che altri designer si sono succeduti a guidarne lo sviluppo.

È successo praticamente subito, e cioè già a partire da Civilization II, di cui si occupò Brian Reynolds, al quale seguirono per Civilization III Jeff Briggs, per Civilization IV Soren Johnson, per Civilization V Jon Shafer (intervistato su queste pagine quando mise a frutto quell’esperienza per realizzare At The Gates), e per Civilization VI Ed Beach. Non si tratta più, allora, di legarsi al singolo gioco, quanto all’intera serie, o meglio all’idea originale; un po’ come se tutti i seguiti di Alien portassero il nome di Ridley Scott, a prescindere dal fatto che alla regia ci sia ancora lui e non magari James Cameron, o David Fincher. Si tratta di un approccio un po’ estremo, con cui si corre sicuramente il rischio di oscurare qualsiasi designer successivo al primo, ma che sembra comunque preferibile al terribile anonimato generalizzato di oggi.

Perché, al di là di quei soliti nomi che si sono guadagnati una certa visibilità, da Hideo Kojima a Shigeru Miyamoto, passando anche per sviluppatori indie come Lucas Pope, Jonathan Blow o Daniel Mullins, la triste verità è questa: chi gioca non ha quasi mai idea di chi abbia lavorato al titolo che ha di fronte; e non ne ha quasi mai idea neanche la critica, e questo impedisce a tutti di riconoscere in quanti e quali modi tanti videogiochi diversi siano legati tra loro dalle figure professionali che ci hanno lavorato. È possibile immaginare una critica cinematografica portata avanti, per decenni, senza tenere in considerazione il ruolo di registi, sceneggiatori, montatori o direttori della fotografia? Eppure, e il libro di Sid Meier è un grande riferimento in tal senso, è indubbio che immergersi in un’opera significa entrare nel mondo, nella vita e nella testa dei suoi autori.

Una vita nei videogiochi, oltre a permettere di sbirciare dietro le quinte dell’attività di uno studio di sviluppo, oltre a offrire la versione o il commento di Sid Meier su tante storie relative ai suoi giochi, e in particolare Civilization, come il “Gandhi nucleare” o “La guerra eterna”, è allora soprattutto un libro che mostra il modo in cui funziona la mente del suo autore. Quale idea abbia, in definitiva, Sid Meier del mezzo videoludico; quali sue esperienze di vita hanno fatto sì che diversi anni dopo potesse immaginare di creare una certa esperienza gioco (appaiono molto significativi, in tal senso, gli episodi che anticipano Sid Meier’s Railroad Tycoon, Sid Meier’s Gettysburg! e C.P.U. Bach). In prospettiva, questo libro potrebbe anche rappresentare il modello che ogni sviluppatore di videogiochi dovrebbe avere bene in mente nel momento in cui volesse iniziare a scrivere la propria autobiografia.