Se a bruciapelo mi venisse chiesto quale sia la mia software house preferita di sempre, non esiterei a rispondere: Bullfrog. Negli anni ‘90 lo studio inglese fondato da Peter Molyneux ha prodotto diversi capitoli di serie fondamentali per la storia dei videogiochi, tra le quali vale la pena citare Populous, Syndicate, Dungeon Keeper, e poi i titoli della Designer Series, che avrebbero dovuto far vedere il giardino dell’eden agli appassionati di gestionali e manageriali, e invece fecero appena in tempo a mostrarne un assaggio. La Designer Series infatti, inaugurata con Theme Park (1994), l’unico gioco che sarebbe poi stato rivisitato con due sequel, raggiunse subito il suo apice con il successivo Theme Hospital (1997) per poi subire un’inspiegabile involuzione con Theme Aquarium (1998), sviluppato esclusivamente per PlayStation e distribuito solamente in Giappone; in seguito venne portato su Windows e proposto anche sul mercato europeo come Aquarium, ma questo sarebbe avvenuto solo nel 2001, con Bullfrog ormai prossima a chiudere i battenti.
Come quella del cinema e quella della letteratura, la storia dei videogiochi è ricca di progetti cancellati o mai realizzati, e la Designer Series ne offre da sola un’intera collezione: Theme Resort, Theme Ski Resort, Theme Prison e Theme Airport, tutti i titoli di cui si era vociferato negli anni, non arrivarono mai nei negozi. In realtà solo il primo entrò davvero in lavorazione, con gli sviluppatori già pronti a visitare un villaggio Club Med a scopo di ricerca, ma anche a dimostrazione di quali vantaggi può comportare una carriera nel mondo videoludico. Alla fine non solo questi giochi non vennero realizzati, ma l’intero genere dei gestionali entrò in declino, insieme agli strategici in tempo reale, alle avventure grafiche, e a qualsiasi altra cosa non si prestasse bene alla sbornia da 3D che caratterizzò i primi anni del nuovo millennio. L’unica eccezione di un certo rilievo fu un titolo di culto come The Movies (2005), sviluppato non a caso da Lionhead, il nuovo studio di Peter Molyneux, dove si ritrovarono a lavorare insieme anche Mark Webley e Gary Carr, i due principali responsabili della Designer Series.
Si dice che nessuno studio abbia prodotto giochi che hanno avuto così tanti “successori spirituali” quanto Bullfrog. Questo vuol dire due cose: che la grande stagione dei gestionali anni ‘90 ha segnato profondamente la storia videoludica, e sarà questa perciò la prima cosa da esaminare; e che i gestionali sono in qualche modo sopravvissuti fino ad oggi, e potrebbe anzi essere appena iniziata una nuova epoca d’oro per questo genere.
Il sistema di segni videoludico
Ogni gioco, e di conseguenza ogni videogioco, è un sistema di segni. Prendiamo ad esempio la morra cinese: per giocare, è necessario che tutti i giocatori sappiano che un pugno rappresenta il sasso, una mano aperta rappresenta la carta, e indice e medio aperti a V rappresentano la forbice. Una corretta interpretazione è facilitata dal fatto che le mani dei giocatori vadano a comporre, nel fare questi segni, delle forme che suggeriscono gli oggetti reali. È comunque possibile interpretare correttamente segni completamente arbitrari, che è poi quello che facciamo ogni volta che leggiamo un testo o ascoltiamo qualcuno parlare: in Super Mario Bros. un fungo ci fa diventare più grandi, un fiore ci fa sparare palle di fuoco e una stella ci rende invincibili per alcuni secondi, e sfido chiunque a trovare una correlazione, anche se poi come per magia questi segni acquistano velocemente e perfettamente senso nella mente di qualsiasi giocatore. Nonostante un segno possa dunque essere del tutto estraneo al suo referente, è sempre una buona idea fare in modo di suggerirne il significato a chi deve interpretarlo. Mentre scrivo questo articolo, per salvarlo faccio click sull’immagine di un floppy disk, e per cercare una parola premo su una lente di ingrandimento: ho perso il conto degli anni passati dall’ultima volta che ho usato questi due oggetti, che peraltro servivano a fare anche cose diverse rispetto al salvare o al cercare, ma il loro utilizzo come icone è efficace e permette di orientarsi agevolmente nell’interfaccia di un programma di scrittura, e questo vuol dire che sono degli ottimi suggeritori.
Interfaccia è precisamente la parola chiave qui: se i gestionali sono forse il genere che più ha bisogno di un sistema di segni ben ideato, è a causa della complessità delle loro interfacce, in cui devono essere rappresentate tutte le cose che si possono costruire o distruggere o acquistare o migliorare, oltre a tutti i parametri che occorre sempre tenere sotto controllo. La storia dei gestionali anni ‘90 è allora anche la storia dei fallimenti e dei progressi e dello sviluppo di certe convenzioni che hanno portato a ideare interfacce sempre più efficaci, e sistemi di segni sempre più facili da interpretare per i giocatori. Bullfrog, per quanto importante, è solo una parte di questa storia, e ha senz’altro avuto il merito di aprire un nuovo filone all’interno di un genere che prediligeva scenari su vasta scala quali la costruzione di un’intera città o di un sistema di trasporti. Per costruire città il titolo di riferimento era naturalmente SimCity 2000 (1994), ma non mancavano le variazioni sul tema: Afterlife (1996) sfidava il giocatore a costruire due insediamenti allo stesso tempo, e cioè paradiso e inferno, e gestire il costante afflusso di nuove anime; Constructor (1997) era difficilissimo e molto competitivo, e il gameplay si basava su una serie di divertenti colpi bassi da utilizzare per battere le aziende edili concorrenti, mettendo ad esempio a libro paga gangster o hippie. La serie City Building di Sierra invece consentiva di costuire le proprie città nell’antichità. Per essere il manager di un sistema di trasporti bastava poi rivolgersi a MicroProse, che pubblicava titoli come Railroad Tycoon (1990), Railroad Tycoon 2 (1998) e Transport Tycoon (1994), mentre la migliore opzione per controllare un impero industriale era Industry Giant (1998).
Confrontare sistemi di segni e interfacce di tutti questi giochi sarebbe interessante ma richiederebbe molto più spazio di quanto ne abbiamo qua; accenneremo però ad alcuni sviluppi che emergono all’interno delle singole serie. SimCity 2000 (1994) aveva un sistema di segni piuttosto efficace per l’epoca, penalizzato però da un’interfaccia soverchiante, con una trentina di pulsanti sempre a disposizione del giocatore; nel giro di meno di dieci anni, Simcity 4 (2003) sarebbe riuscito a fornire le stesse opzioni con un design molto più pulito e minimale, ponendo le basi per qualsiasi titolo successivo. Anche Afterlife (1996) proponeva un numero eccessivo di funzioni al giocatore, e aveva inoltre un sistema di segni esoterico e quasi scoraggiante, ma se non altro in linea con il tema del gioco stesso. Il progresso nella scelta delle icone da Caesar (1992) a Caesar II (1994) a Caesar III (1997) è stato spettacolare, passando da un’oscura simbologia per iniziati a una leggibilità esemplare, e una volta rifinito è stato adattato a diverse epoche e culture in Pharaoh (1999) e Master of Olympus – Zeus (2000), titoli che, con nuovi asset grafici ma poche variazioni nel gameplay, hanno alimentato la serie senza rinnovarla più di tanto. Il principale difetto di Constructor (1997), ma anche di Railroad Tycoon 2 (1998), era un’interfaccia piuttosto estesa, che lasciava poco spazio sullo schermo al mondo di gioco. Theme Park (1994) aveva un sistema di segni senza dubbio originale ma comprensibile, però richiedeva alcuni click e l’apertura di qualche schermata di troppo; nel giro di tre anni, che negli anni ‘90 erano davvero un sacco di tempo, Theme Hospital (1997) avrebbe avuto tra i suoi punti di forza, che vedremo più avanti, un’interfaccia e un sistema di segni difficilmente perfettibili.
Da questi pochi esempi possiamo trarre alcune regole basilari per l’interfaccia di un buon gestionale, che deve proporre: un sistema di segni facilmente interpretabile; una quantità di segni visibili limitata, suddivisa di volta in volta in base alle tipologie delle possibili azioni del giocatore; un veloce accesso, misurabile in numero di click, alla totalità delle opzioni disponibili; uno spazio dedicato contenuto che non sottragga visibilità al mondo di gioco. I gestionali degli anni ‘90 restano una lunghissima serie di esperimenti, di soluzioni e di casi di studio per tutti gli sviluppatori a venire.
La rinascita dei gestionali
La crescita del settore videoludico e degli store digitali ha creato un mercato per qualsiasi nicchia, e questo nell’ultimo decennio è stato un altro grande vantaggio per chiunque volesse tornare a sviluppare gestionali: la lunga assenza di buoni rappresentanti di questo genere ha inoltre finito col generare un pubblico nemmeno poi così di nicchia, composto sia da vecchi giocatori stanchi di giocare i classici e con evidenti sintomi da astinenza, sia da nuovi giocatori a caccia di giochi diversi dal solito. Qui ci limiteremo a una rassegna degli eredi spirituali della Designer Series di Bullfrog: i titoli da citare saranno comunque tantissimi.
Theme Park (1994), essendo stato un precursore, è rimasto un gioco facile da migliorare. La stessa Bullfrog ne ha prodotto due seguiti, con Theme Park World (1999), che introduceva l’avveniristica possibilità di visualizzare le attrazioni in prima persona, oltre ad utilizzare un sistema di intelligenza artificiale piuttosto avanzato per simulare il comportamento dei visitatori, e Theme Park Inc (2001), l’ultimo gioco in assoluto pubblicato con il marchio dello studio di sviluppo inglese. Ma già nel 1999 era pronto il primo capitolo della serie che ne avrebbe raccolto l’eredità: si tratta di quel RollerCoaster Tycoon dello sviluppatore scozzese Chris Sawyer, che avrebbe conquistato il pubblico grazie a scenari ben pensati e a una grande libertà creativa concessa ai giocatori nel progettare i propri parchi. Prima che i gestionali sparissero dalla circolazione, fecero in tempo a uscire due seguiti: RollerCoaster Tycoon 2 (2002), ancora di Chris Sawyer, e RollerCoaster Tycoon 3 (2004), questa volta in 3D e sviluppato da Frontier Developments. Solo nel 2016 sono usciti i due successori spirituali di questi giochi: Planet Coaster, in un sontuoso e spettacolare 3D, sempre di Frontier Developments, è il seguito ideale di RollerCoaster Tycoon 3; Parkitect, tuttora in Early Access e dunque ancora incompleto, per quanto in fase avanzata di sviluppo, riprende invece la classica visuale isometrica di una volta.
Come accennato in precedenza, Theme Hospital (1999) è un gioco che al contrario del suo predecessore appare tuttora perfetto, e non solo per l’interfaccia e il sistema di segni. Restano memorabili la colonna sonora e soprattutto il senso dell’umorismo che contraddistingue i tratti caratteriali del personale e i sintomi delle malattie da curare. Queste trovate non servono solo a stemperare la gravità dell’ambiente ospedaliero, e a divertire e meravigliare il giocatore che si trova a dover guarire casi di testa gonfia o di iperlingua: l’umorismo di Theme Hospital ha soprattutto l’effetto di renderlo un gioco unico, al quale è impossibile dare un seguito senza copiarlo od omaggiarlo esplicitamente. Così quando è uscito Hospital Tycoon (2007), uno dei peggiori gestionali di sempre, è apparso subito chiaro che il vero successore di Theme Hospital sarebbe potuto arrivare solo dai creatori del gioco originale. Fortunatamente, questo è appena avvenuto: Two Point Hospital è il primo titolo di Two Point Studios, tra i cui fondatori ci sono proprio Mark Webley e Gary Carr, ex Bullfrog e Lionhead, come abbiamo visto; più che un seguito, un vero e proprio remake, con tutte le novità e gli aggiustamenti del caso.
A conferma dell’ottimo stato di salute dei gestionali, a fine ottobre è in arrivo anche un altro titolo molto promettente: Project Hospital. Ma è solo in Two Point Hospital che i vecchi giocatori di sentiranno a casa, con moltissime nuove spassose malattie—la mia preferita è il cuoio padelluto—e un sistema più profondo nell’apprendimento di nuove abilità da parte del personale, e una gestione più completa della costruzione delle stanze, che ora possono avere perimetri irregolari ed essere spostate da una parte all’altra dell’ospedale, e un’interfaccia ancora una volta pressoché perfetta. Inoltre i due sviluppatori hanno già fatto dichiarazioni che fanno quasi passare il gioco in secondo piano: hanno infatti intenzione di trasformare il mondo immaginario di Two Point County nello scenario di una serie di simulazioni con lo stesso spirito dei vecchi anni alla Bullfrog e, in sostanza, di continuare la Designer Series; io già sogno Two Point Resort e tutti gli altri titoli che sono rimasti in sospeso e non ho mai potuto giocare, ma solo installare nella mia immaginazione.
Anche il trascutabile Theme Acquarium (1998) si sta per guadagnare un successore spirituale di tutto rispetto: questa settimana è in uscita Megaquarium, un gioco che sembra molto fedele allo spirito dei primi gestionali. L’idea di Theme Prison, uno dei titoli mai realizzati da Bullfrog, è invece diventata da tempo realtà grazie a Prison Architect (2015), che, ben accolto e premiato dai giocatori, con oltre due milioni di copie vendute, è comunque un gioco meno immediato rispetto a quelli di una volta: per far funzionare una prigione è necessario costruire ad esempio anche le condutture e gli allacci necessari alla fornitura di acqua ed elettricità in tutti gli ambienti; non è un difetto, bensì una precisa scelta di design, ma è inevitabile che allontani immediatamente i giocatori meno interessati agli aspetti più tecnici della progettazione di una struttura.
A proposito dei futuri titoli di Two Point Studios ho pensato subito a un ipotetico sviluppo del progetto Theme Resort perché il tema è stato raramente proposto da altri giochi: tuttora la cosa che più gli si avvicina sono le isole a vocazione turistica dei vari Tropico; attualmente è in fase di sviluppo anche Summer Islands, ma neanche questo gioco permette di costruire e gestire una singola struttura, perciò per cimentarsi con quel tipo di gameplay bisogna sperare che a Two Point Studios tirino fuori il loro vecchio progetto, e lo stesso vale per la variante invernale di Theme Ski Resort. Non manca invece la scelta per chi ha rimpianto la mancata realizzazione di Theme Airport, dato che ha ora a disposizione due buoni titoli come Sim Airport (2017) e Airport CEO (2017), con cui chiudiamo questa lunga carrellata. Sono davvero tempi interessanti per gli appassionati di gestionali.