Forse è utile iniziare con una nota autobiografica e dirlo subito: per me il gaming su console è sempre stato legato a Nintendo. Questo vale certamente per la mia infanzia, costellata da inutili tentativi di far saltare un burrone a Mario tracciando nell’aria movimenti ad arco con il controller tra le mani—a quanto pare mentre io, come tutti i bambini, imparavo per imitazione, Mario non poteva trarre alcuna indicazione utile dai gesti che facevo di fronte al televisore collegato al NES; ma resta valido ancora oggi, dato che il mio interesse verso il retrogaming, essendo basato soprattutto sulla ricerca di quelle vecchie sensazioni, mi ha principalmente indirizzato verso gli stessi giochi.
Quando Sam Dyer, il fondatore di Bitmap Books, mi ha scritto per chiedermi se volessi dare un’occhiata a una copia di SEGA® Master System: a visual compendium per scriverne qui su Ludica, però, non ho avuto alcuna esitazione nell’accettare la proposta. Sarebbe stata un’ottima occasione per confrontarmi finalmente con una storia e con una memoria videoludica che non avessero alcuna corrispondenza con le mie. Avrei avuto modo insomma di farmi un’idea abbastanza precisa di quali fossero in quegli anni le esperienze di gioco di chiunque, al contrario di me (o meglio: dei miei genitori) avesse scelto SEGA e non Nintendo.
A scegliere SEGA non erano poi in tanti: in Giappone e in Nord America esisteva praticamente solo il NES—negli Stati Uniti, 30 milioni di unità contro 2—e al Master System non restava dunque altra possibilità che andare a raccogliere le briciole. I risultati migliori arrivarono da un’Europa trascurata da Nintendo e da un Brasile in cui la console diventò talmente popolare che, incredibilmente, a oggi in quel paese non ne è stata ancora interrotta la produzione. L’esempio del Brasile resta un caso di studio per via di strategie di marketing particolarmente indovinate, oltre che per una capacità di adattarsi al mercato locale spinta fino alla pubblicazione dell’intera saga di Wonder Boy con, al posto di Wonder Boy, la popolarissima eroina dei fumetti Monica.
C’era tuttavia un altro settore in cui SEGA, al contrario, dominava: quello delle sale giochi. Sta qui probabilmente la differenza di maggior rilievo tra le due proposte e di conseguenza tra i due tipi di esperienza: Nintendo stava portando i videogiochi in una nuova direzione, mentre SEGA stava trasferendo gli arcade dalla sala giochi al salotto di casa; una mission completamente differente insomma, condotta però senza un piano preciso, e persino con qualche evidente contraddizione. Il Master System aveva infatti un hardware più avanzato rispetto al NES ma molto meno performante rispetto ai cabinati delle sale giochi—quindi allo stesso tempo aveva un vantaggio sul proprio competitor ma non si rivelava all’altezza della sua basilare ragion d’essere.
Se neanche la successiva generazione, quella a 16 bit del Mega Drive, sarebbe stata performante quanto i cabinati—pur permettendo ai programmatori di restare piuttosto fedeli alle versioni originali dei giochi—si possono immaginare bene i salti mortali necessari a realizzare il porting di quei titoli su una console a 8 bit. Questa è stata in fondo la storia del Master System: una palestra fondamentale per prepararsi—a tutti i livelli—a competere quanto prima ad armi pari nel mercato delle console casalinghe; e nell’era dei 16 bit con il Mega Drive SEGA si fece trovare effettivamente pronta a dare del filo da torcere al Super Nintendo, come racconta Blake J. Harris nel libro Console Wars.
Questo non vuol dire che il Master System fosse privo di buoni giochi, anzi: dai primissimi titoli, come Hang-On, vera pietra miliare della storia del racing game, fino alle ultime conversioni, possiamo citare il celebre Altered Beast, il catalogo di questa console è ricco di capitoli fondamentali di tutti i generi tradizionalmente arcade, dai giochi di corse a quelli di azione, dai picchiaduro agli sparatutto. Ecco, per gli amanti degli sparatuttto deve essere stata davvero una goduria, tra capolavori straordinari come i due Fantasy Zone, altri titoli amati e ben conosciuti come i due Power Strike o R-Type, e altri giochi meno noti ma godibilissimi come Cloud Master o Submarine Attack.
Non mancano validissimi rappresentanti di altri generi. Per quanto riguarda i platform ad esempio SEGA ha saputo sfruttare decisamente bene le licenze, e molti dei giochi migliori sono proprio legati a personaggi nati fuori dal mondo videoludico: Castle of Illusion Starring Mickey Mouse, Land of Illusion Starring Mickey Mouse, Deep Duck Trouble Starring Donald Duck, The Lucky Dime Caper Starring Donald Duck, Asterix, Taz-Mania sono tutti ottimi titoli, nonostante si portino dietro gli strani compromessi che spesso queste operazioni comportano; ad esempio la Disney non voleva certo che i lettori di Topolino vedessero morire il loro eroe sotto i propri occhi, perciò nei giochi “Starring Mickey Mouse” si hanno a disposizione tries e non lives, tentativi e non vite.
Addentrandosi tra le pagine del libro, che ne conta più di 400 per quasi 200 giochi trattati, si scopre poi quanto aveva da offrire il Master System un po’ per qualsiasi genere, compresi strani ibridi e modelli di gameplay piuttosto originali: Alex Kidd BMX Trail metteva la prima mascotte SEGA—destinata presto a essere rimpiazzata da Sonic—alla guida di una bici ben prima che Mario salisse su un kart; Alex Kidd In Shinobi World era un inaspettato crossover tra due dei giochi più popolari per il Master System; in fondo, lo stesso Fantasy Zone: The Maze era un crossover non dichiarato ma davvero esplicito con Pac-Man; Penguin Land non spiegava assolutamente perché ci fossero pinguini nello spazio, ma era un puzzle game caratterizzato da scelte di design piuttosto interessanti; in Aztec Adventure invece si poteva letteralmente lanciare del denaro addosso ai nemici per farli passare dalla propria parte.
Ogni gioco nel libro viene accompagnato da una breve recensione firmata da addetti del settore o da un commento scritto da chi ha lavorato alla sua realizzazione. Nonostante si tratti di un volume che appartiene alla serie dei visual compendium, dove largo spazio viene lasciato, come nei cataloghi d’arte, alle immagini, ci sono sezioni dedicate all’hardware, alle periferiche—SEGA puntò sul 3D ben più di Nintendo—alle migliori box art, e alcune lunghe interviste ripercorrono le carriere di personalità di primo piano come Rieko Kodama, una delle prime donne ad affermarsi nell’industria videoludica, graphic designer di una quantità impressionante di titoli passati alla storia, da Sonic the Hedgehog a Phantasy Star, o come John Sauer, direttore editoriale di SEGA Visions, rivista ufficiale dell’azienda nata chiaramente in risposta a Nintendo Power.
Tutto questo materiale viene presentato come chi già possiede un qualsiasi libro di Bitmap Books può immaginare, e come testimoniano comunque le foto che mostriamo qui: è semplicemente molto bello da vedere, curato in ogni dettaglio, elegante nell’impaginazione. Questo nuovo visual compendium appare dunque, come i precedenti, una perfetta introduzione alla console di cui tratta: imperdibile per chiunque sia in cerca di un solido riferimento da cui farsi guidare nella scoperta (o riscoperta) del Master System—che sia con un emulatore o con le vecchie console e le cartucce che ancora si trovano nei negozi di retrogaming poco importa—è più in generale un bellissimo oggetto da sfogliare e da cui imparare qualcosa per ogni appassionato di videogiochi.