Prendendosi una meritata pausa dalla serie dei visual compendium, a cui di recente si è aggiunto il volume dedicato al SEGA Master System, Bitmap Books torna ad approfondire la storia dei generi videoludici di più lunga e nobile tradizione: dopo le avventure grafiche in The Art of Point-and-Click Adventure Games è ora il turno dei giochi di ruolo per computer. The CRPG Book è la necessaria versione cartacea—il PDF era e resta disponibile gratuitamente—di un ambizioso progetto nonprofit nato nel 2014 dalla passione del curatore, Felipe Pepe, per i videogiochi di ruolo. Grazie alla collaborazione di decine di altri autori è venuto fuori il libro definitivo sull’argomento: più di 500 pagine, oltre 400 giochi trattati dal 1975 al 2015, immagini e schermate scelte con cura, segnalazioni puntuali di mod e community ancora attive, recensioni capaci di inquadrare al meglio innovazioni, pregi e difetti di ogni titolo grazie al proverbiale “senno di poi”.
The CRPG Book infatti non è solo una formidabile fonte di nostalgia e di riesumazione di vecchi ricordi, ma anche un’adeguata introduzione, per chi non li avesse mai provati, a un tipo di giochi che non esiste più. Le pagine iniziali sono dedicate proprio alla descrizione della peculiare esperienza di gaming offerta dai giochi di ruolo delle origini, in cui bisognava ricordarsi di salvare spesso perché nessun errore veniva perdonato, e carta e penna potevano risultare periferiche analogiche utilissime a districarsi in labirintici dungeon di cui si rischiava di non vedere mai l’uscita. La lunga storia dei giochi di ruolo fa sì che attraverso questo genere si possano ripercorrere tutti i principali passaggi della storia dei videogiochi—come quello al 3D con le prime schede grafiche dedicate, le Voodoo della 3dfx. The CRPG Book non perde l’occasione per ampliare la narrazione, offrendo la documentazione necessaria a contestualizzare le varie uscite all’interno dei rispettivi periodi e alla luce delle mutevoli tendenze dell’industria videoludica.
Dilungarsi troppo sui contenuti mi sembra però inutile: l’intero libro in versione digitale è a un solo click di distanza, e Bitmap Books ha già in programma la ristampa della versione cartacea, essendo la prima tiratura già prossima all’esaurimento. Più interessante è invece cercare di capire come mai tante forze siano andate a contribuire proprio a un’opera simile. Perché, posto che fortunatamente sono tante le case editrici, le organizzazioni e le iniziative dedite a operazioni di preservazione della memoria videoludica, un progetto come questo supera di molto, per ricchezza e completezza, i normali obiettivi che tali progetti solitamente si prefiggono. La passione per i giochi di ruolo ha insomma qualcosa di particolare, e un libro come The CRPG Book è sicuramente un buon punto di partenza per provare a capirne le cause più profonde.
Un suggerimento può secondo me arrivare dai giochi che sembrano fuori posto: tra serie estremamente longeve come Ultima o Wizardry, classici moderni come Diablo, Baldur’s Gate o Fallout, recenti successi come The Witcher, e innumerevoli altri giochi molto noti, o caduti nel dimenticatoio più o meno a ragione—è pieno di assoluti gioielli da riscoprire—si trovano infatti alcuni titoli che di primo acchito non verrebbe naturale ricondurre al genere dei RPG: penso ad esempio alla saga di Quest for Glory o a System Shock. La loro presenza è tuttavia assolutamente giustificata se si pensa a quello che alla fine rimane il tratto distintivo dei giochi di ruolo: l’importanza delle statistiche e degli attributi del protagonista o, se si tratta di un party, dei personaggi controllati dal giocatore; quasi sempre è prima ancora di iniziare che si viene chiamati a scegliere le qualità con cui essi faranno il loro ingresso nel mondo di gioco.
L’uomo subisce un fascino innato per idee del genere. La pensava così Ernst Jünger, autore nel 1959 di un libro, Al muro del tempo, in cui cercava di dare conto del successo e del seguito dell’astrologia nel mondo moderno. Scriveva il pensatore tedesco:
La costellazione dell’oroscopo non viene definita, come nel gioco degli scacchi, attraverso una serie di operazioni combinatorie, ma fissando la ruota cosmica sul momento e sul luogo della nascita. L’essere dell’uomo è quindi rapportato a un movimento indipendente sia dalla volontà sia da altri fattori, quali la razza o l’eredità, a tale movimento esso si ricollega solo mediante l’ora e il luogo dell’ingresso nel mondo. Non questo mondo e i suoi beni, ma le stelle determinano la vera e propria casa. Una nuova, piccola ruota comincia il corso che le è prescritto all’interno dell’immensa rivoluzione cosmica. L’oroscopo dell’uomo funge da immagine dell’orologio cosmico. La sua configurazione decreterà la legge «secondo la quale l’uomo è entrato nel gioco».
La mantica, l’arte di prevedere il futuro, ha assunto tante forme, dalla lettura delle viscere di animali sacrificati all’osservazione del volo degli uccelli; si aveva l’idea che il mondo fosse pieno di segni, di buoni o cattivi presagi. Di tutto questo nella contemporaneità rimane popolare solo l’oroscopo. Il suo fascino va probabilmente cercato là dove indica Jünger, nel legame astrologico che unisce la data di nascita ai segni zodiacali. Se con ogni nascita il mondo viene concepito una nuova volta, giova pensare che non tutto sia affidato al caso, che ogni destino sia forse non predeterminato ma quanto meno indirizzato: questione di predisposizioni, di inclinazioni, di tratti caratteriali, sempre fissati una volta per tutte nel decisivo momento dell’ingresso nel mondo. Immaginato o reale, rimane comunque un meccanismo che inevitabilmente l’essere umano subisce, e qui la componente interattiva dei videogiochi si rivela la carta vincente per ribaltare tale subalternità al destino.
In un gioco di ruolo dunque troviamo forse irresistibile non tanto il senso di progressione, come spesso si ritiene, quanto proprio la fase iniziale, che ha quasi più le caratteristiche di un god game che di un RPG. Non saprei nemmeno decidere se è più un esorcismo, una rivalsa o un’immedesimazione, ma sicuramente è in gioco qualcosa di non banale nella fase in cui ci prepariamo a gettare nel mondo i nostri personaggi, indirizzandone il destino per mezzo delle statistiche e delle classi a nostra disposizione. C’è senza dubbio qualcosa di contraddittorio nella libertà assoluta sperimentata dal giocatore solo dopo aver accettato che tutto possa essere misurato da un valore numerico. In ogni caso, si finirà comunque con il concepire il mondo una nuova volta in ogni partita: si darà vita a un guerriero e avrà forza e resistenza, oppure a un ladro e agirà sfruttando destrezza e agilità, mentre un chierico si farà strada con saggezza e carisma. Il mondo sarà sempre lo stesso, ma l’interpretazione del mondo dovrà ogni volta cambiare.