La paura fa anni ’90

Le limitazioni grafiche del passato sono diventate modi per spaventare nel presente.

Qualcosa si sta muovendo nell’oscurità. Procedi lentamente, provando ad avere una visuale migliore, ma i tuoi sensi non funzionano alla perfezione. La figura distante resta immobile man mano che ti avvicini. Tutto ciò che puoi sentire è un suono minaccioso e graffiante. All’improvviso, prima che tu possa correre via o lasciar partire un grido, la figura ti piomba addosso: un terrificante attacco di denti e urla.

La luce di accede. Spegni la console e ti siedi bianco in volto di fronte allo schermo. Siamo alla fine degli anni Novanta e con l’avvento del 3D i videogiochi sono diventati più spaventosi che mai. È l’era di Resident Evil, di Silent Hill e di innumerevoli altri titoli horror pieni di tensioni che hanno trasformato il medium videoludico in un assalto sensoriale. Sono passati vent’anni, e ora quei ragazzi che negli anni Novanta restavano terrorizzati davanti al televisore sono tutti cresciuti—e alcuni di loro sono diventati sviluppatori di videogiochi.

Un articolo apparso su
Wireframe #25
Tradotto da
Gilles Nicoli
Data della pubblicazione originale
24 ottobre 2019
L’odierna generazione di sviluppatori indie non è cresciuta con i classici 2D degli anni Ottanta. Di sicuro abbiamo tutti giocato i primi capitoli di Sonic e di Super Mario, ma oggi in molti creatori c’è una crescente nostalgia per i poligoni tremolanti, le texture sgranate, i corridoi squadrati, e quel genere di fitta nebbia che ti potresti aspettare in un campo di battaglia laser-tag. Alla fine degli anni Novanta la grafica 3D era in ascesa, ma gli sviluppatori avevano appena iniziato a capire in che modo usarla per terrorizzarci.

«Sempre più persone vanno in direzione di uno stile in bassa risoluzione, sempre più persone vanno in direzione della nostalgia per la PlayStation e il Nintendo 64», dice Breogán Hackett, sviluppatore indipendente irlandese e fondatore della community e game jam Haunted PS1. «Vengono realizzati un sacco di giochi horror, ma la community intorno è molto piccola». Hackett si occupa di Haunted PS1 dal marzo del 2018, e l’ha portata da una manciata di sviluppatori selezionati di persona a una community che ne conta a centinaia.

Organizzandosi su Discord e Itch.io, Haunted PS1 coinvolge regolarmente gli sviluppatori in game jam mensili dedicate allo sviluppo di giochi horror low-poly. Ovviamente, la ragione principale è l’accessibilità: è molto più semplice per un singolo sviluppatore adottare il 3D se le texture non hanno bisogno di una risoluzione 4K, e se i modelli dei personaggi sono composti da dozzine di poligoni invece che da migliaia.

Ma c’è di più. I primi giochi 3D erano spesso sperimentali. I tentativi di aggirare i limiti tecnologici dell’epoca portavano a stranezze e bizzarrie che, volute o meno, contribuivano a creare una precisa atmosfera destabilizzante. Nessun catalogo rappresenta queste caratteristiche meglio di quello di Kitty Horrorshow. Nel corso di ormai quasi un decennio, il creatore che si nasconde dietro questo pseudonimo ha messo insieme un’intera collezione di brevi e inquietanti esperienze lo-fi, in gran parte finanziate tramite Patreon.

Anatomy (Fonte: Itch.io)

Preferendo un crescendo di terrore piuttosto che lo spavento improvviso, i giochi di Horrorshow possono essere descritti come l’equivalente videoludico del cinema found-footage, con le sue immagini mosse e la sua cruda suspense. Con Anatomy, pubblicato nel 2015, Horrorshow ha costruito una terrificante esperienza che non sembra tanto farci rivivere un videogioco degli anni Novanta quanto trovarne una registrazione casalinga. Mentre tutti i giochi di Horrorshow utilizzano uno stile datato per amplificare la tensione, Anatomy sembra un gioco fuori dal tempo.

Horrorshow è in buona compagnia. Sono sempre di più gli sviluppatori che usano la grafica 3D degli anni Novanta per realizzare giochi horror. La community creata da Hackett ha iniziato a fare esperimenti con questo stile producendo nelle game jam giochi come Broken Paradox, che ha dato inizio alla sua serie di brevi titoli horror. «Ogni cosa è poco definita, per cui è difficile dire cosa si stia guardando esattamente», spiega Hackett. «Specialmente con la grafica della PlayStation, in cui i vertici dei poligoni sono tremolanti e le texture si deformano—a volte sembra che il gioco stia per cadere a pezzi. È davvero disturbante e snervante».

Questa idea è stata approfondita dalla designer Jess Harvey, una delle tre menti dietro il delirante gioco Paratopic prodotto nel 2018 da Arbitrary Metric. Proprio come Hackett e Horrorshow, Harvey ha iniziato con la creazione di piccoli progetti per vedere verso quale direzione avrebbe potuto portare lo stile low-poly. «Ho un sacco di strani esperimenti con una grafica 3D anni Novanta su cui torno periodicamente», spiega. «Niente di spettacolare, sono lavori esplorativi, tentativi di adottare uno stile impressionista, esperimenti di composizione, e così via. Quella che mi ha dato Doc è stata l’opportunità di mettere in pratica cose che non vedevo l’ora di provare».

Il riferimento è allo scrittore e game designer Doc Burford, che sul finire del 2017 le ha proposto l’idea di un “anti-walking simulator”. Loro due, insieme a Chris Brown, vincitore di un IGF, hanno inizialmente pianificato Paratopic come una serie episodica prima di condensare il progetto in una singola pubblicazione. Il duo indica i volti inquietanti del thriller Sentient di Psygnosis e gli scenari all’avanguardia di The Terminator: Future Shock come principali fonti di ispirazione nella realizzazione del gioco.

Se la grafica può ricordare la prima PlayStation, il design risponde invece a tendenze più recenti. Arbitrary Metric ha scelto di usare un’estetica retró per costruire la propria versione dei walking simulator—titoli non violenti e in prima persona che si occupano poco di meccaniche di gioco e tanto di narrazione. «Molto tempo fa», racconta Burford, «ho detto a un amico che non mi piacevano i walking simulator, e lui mi ha invitato a giocarne di più. Questo mi ha portato a pensare a cosa non mi piacesse dei walking simulator, e in che modo ne avrei potuto scrivere uno io».

Paratopic (Fonte: press kit)

Il filtro retró di Paratopic non è solo una preferenza personale. Con frasi destabilizzanti e texture sfocate, giochi di questo tipo di distaccano dallo spazio e dal tempo, come i desolati luoghi degli Stati Uniti in cui vivono Burford e Harvey. «Dal punto di vista di uno straniero, queste parti degli Stati Uniti sono poco accoglienti a un livello esistenziale» spiega Harvey, che si è trasferita negli USA cinque anni fa. «Specialmente venendo dalla Gran Bretagna, un luogo in cui la continuità si può dare per scontata. Le persone e i fatti semplicemente passano, senza fermarsi e senza lasciare nessun segno».

Burford, che vive in Kansas, è d’accordo. «Ottenere quel tipo di sensazione spaziale, quella di andare in una stazione di servizio alle tre del mattino e mettermi a parlare con un tipo solo, annoiato, in disperato bisogno di compagnia. Conoscere un serial killer e capire che il motivo per cui l’ho incontrato è che aveva messo nel suo mirino me e la mia famiglia». In un’intervista apparsa su Into The Spine, Doc Burford ha fornito maggiori dettagli su questa storia1«Una volta è venuto a trovarci a casa uno della protezione animali», ha raccontato Burford. «Ci ha detto di aver ricevuto delle chiamate secondo le quali maltrattavamo le nostre galline. Certo che non lo facevamo, come lui stesso rapidamente concedeva, ma doveva comunque passare. Era gentile e socievole, ma doveva passare più volte al mese “perché qualcuno aveva fatto delle chiamate”». Venne poi fuori che quel visitatore era Dennis Rader, meglio conosciuto come BTK Killer, responsabile di dieci omicidi in Kansas tra il 1974 e il 1991 prima del suo arresto nel 2005. «BTK aveva confessato di aver messo gli occhi su un nuovo obiettivo», continua Burford. «Mi è stato detto più tardi che si trattava della mia famiglia, e questo è il motivo per cui trovava quelle scuse per farci visita». Questa storia è finita in diversi momenti di Paratopic., avvenuta nel 2003.

C’è un trend evidente nei giochi menzionati finora. Con ben poche eccezioni, Horrorshow, Hackett, Harvey e Burford hanno lavorato principalmente agli horror in prima persona resi popolari da giochi recenti come Amnesia e Outlast. I giochi in prima persona non erano sconosciuti ai tempi della prima PlayStation, ma i titoli più seminali degli anni Novanta usavano la terza persona: Resident Evil e Silent Hill costruivano il terrore con un accurato studio delle inquadrature. La jam di Haunted PS1 di questa estate, a tema industriale, è stata ricca di giochi che hanno scelto un punto di vista simile. Alcuni, come Lynnwood di redactionary, hanno abbandonato gli sfondi pre-renderizzati di Resident Evil per seguire semplicemente il protagonista in un mondo 3D processato in tempo reale. Il secondo dei Two Atmospheric Atrocities di Bryce Bucher ha scelto l’approccio opposto, utilizzando sfondi statici ottenuti a partire da fotografie sgranate del proprio cortile dietro casa.

Ancora, Sleep Cycles, creato da kurethedead, riprende meccaniche narrative e di puzzle-solving in stile Resident Evil ma rimuove la prospettiva fissa in terza persona. È un’avventura con elementi platform simile a Tomb Raider, ma in una versione in cui Lara Croft è finita in un mondo dell’orrore. Hackett spiega che la diversità degli approcci non si limita a questo. Ognuno ha differenti livelli di abilità, esperienza e familiarità con l’estetica degli anni Novanta. Una parte del fascino, nel realizzare giochi di questo tipo, sta dopotutto nella facilità con cui si possono creare le texture, i modelli, i suoni e i livelli senza le stratosferiche aspettative tipiche di un gioco mainstream del 2019. «Alcuni semplicemente aggiungono un filtro pixelato a qualsiasi asset abbiano a portata di mano», dice Hackett. «Usano le tecnologie moderne ma mantengono lo spirito dei vecchi giochi attraverso questi filtri e il gameplay. Ma ho visto anche sviluppatori dare il meglio con texture low-res e modelli low-poly. Io mi sono spinto fino a simulare gli effetti di luce, così non sembra più un gioco moderno con un filtro pixelato applicato sopra».

Broken Paradox (Fonte: Itch.io)

Mentre la crescita dell’industria videoludica può essere descritta come una corsa al frame rate più elevato, alle risoluzioni più definite, o agli effetti di luce migliori, Harvey collega l’uso di tecniche di design dei tardi anni Novanta al realizzare un film basandosi sulle fondamenta della cinematografia. «Se si trattasse di un film, si sceglierebbe la pellicola più sgranata», dice Harvey a proposito del gioco medio di Haunted PS1. «Magari potrebbe essere girato in bianco a nero». È facile considerare questi tentativi di rivisitare il passato come semplice nostalgia, ma in sostanza quello che stanno davvero facendo questi sviluppatori è inserirsi in una ricca collezione di tonalità audiovisive.

Le community in crescita come Haunted PS1 si sviluppano su fondamenta che risalgono a vent’anni fa; sviluppatori come Arbitrary Metric stanno usando grafiche familiari per costruire esperienze nuove e spiazzanti. Chi può dire cosa ci portetà il prossimo decennio? Abbiamo già visto risvolti classici negli horror moderni, e oscuri omaggi ai classici PlayStation. Con la maturazione del medium, siamo sicuri che gli sviluppatori continueranno a scandagliare il passato per trovare il modo di terrorizzare i giocatori nel presente. Nel frattempo, sono contento di restare seduto al buio e aspettare il prossimo mostro.