Non è facile pensare a molti sviluppatori che abbiano coltivato l’ambizione di trasformare un celebre novella—un’allegoria della rivoluzione russa del 1917, per giunta—in un videogioco. Questo allora vuol dire che non ci sono molti sviluppatori come Imre Jele. Da tempo le energie di Jele confluiscono nel suo lavoro come direttore creativo di Bossa Studios, di cui è stato co-fondatore nel 2010.
«Faccio giochi divertenti», afferma schernendosi, e sottovalutando l’impatto di un successo come quello della serie Surgeon Simulator. Ammette però senza problemi: «Mi sento come se la mia testa fosse intasata dalle idee».
Scritto da George Orwell, La fattoria degli animali venne pubblicato per la prima volta nel 1945. Presentata come una favola, la novella racconta la storia di una fattoria e di come gli animali riescano a sostituire gli umani nella sua conduzione. I due principali istigatori della rivoluzione sono due maiali chiamati Palladineve e Napoleone, e la novella mostra come il nuovo regime finisca col rivelarsi non meno problematico di quello che lo aveva preceduto.
Orwell in questo modo scrive il suo libro più politico—e vale la pena ricordare che stiamo parlando dello stesso autore di 1984—sotto forma di una favola sugli animali. Napoleone rappresenta Stalin, mentre altri personaggi hanno i loro analoghi in Karl Marx, Vladimir Lenin e Leon Trotsky. Il testo è un’allegoria del totalitarismo, e ancora oggi ci sono parti del mondo in cui è vietato nelle scuole.
Quando Jele ha letto per la prima volta il libro viveva nel suo paese natale, l’Ungheria. «Ricordo di averlo letto quando ero davvero giovane—dovevo avere sette, otto, nove anni», racconta. «Ma l’ho cercato quando ho iniziato seriamente a occuparmi di questo progetto e ho pensato che la memoria mi avesse ingannato, perché il libro non era disponibile quando avevo quell’età. Era ancora bandito in Ungheria».
Non è vero che la sua memoria lo aveva ingannato. È venuto fuori che i suoi nonni avevano una copia illegale del libro, e lo leggevano ai loro nipoti. Jele ha vissuto gran parte della sua infanzia in un paese in cui il regime comunista stava per crollare, ma ha comunque «vissuto alcune delle più gravi forme di oppressione». Tutto ciò ha lasciato un segno su di lui, che ora si è riversato in un videogioco.
Nell’agosto di quest’anno, dunque, lo studio di Jele ha annunciato che l’adattamento del libro di Orwell era in dirittura d’arrivo. La reazione, non senza buone ragioni, è stata di sorpresa—alcuni si sono chiesti come fosse possibile tirare fuori un gioco da La fattoria degli animali. Altri invece si sono proprio domandati se fosse opportuno provare a farne un gioco. The Guardian, per fortuna, ha alimentato il passaparola con la sua rubrica umoristica Pass Notes, ridendo all’idea di quali potrebbero essere i contenuti di un DLC.
In realtà va detto che Jele—e il piccolo team di sviluppatori indipendenti che si sono uniti a lui nella creazione del gioco—ha faticato per anni a trovare il modo di adattare il libro. Ci sono state, dice, diverse false partenze prima di trovare la formula giusta.
«Abbiamo avuto lunghe discussioni su quale dovesse essere il ruolo del giocatore», ricorda Jele. «Avevamo una versione del gioco in cui il giocatore era Napoleone o Palladineve, uno dei due maiali al comando. Era una versione stupenda a dire il vero. Però ci siamo accorti che finiva col fare un’apologia dell’oppressione».
Scattò dunque un allarme. «Non era il messaggio che voleva comunicare Orwell, né quello che volevamo comunicare noi», spiega Jele. Hanno provato allora a mettere il giocatore nei panni di un maiale di rango inferiore nella fattoria, sperimentando questa impostazione in tre o quattro prototipi successivi.
Alla fine è stata la scrittrice Emily Short ad avere l’intuizione giusta. «Quando si è unita a noi ci ha detto guardate, nel libro è possibile identificarsi con alcuni personaggi, ma non c’è un vero personaggio principale, perché il protagonista in realtà è il narratore. È un intreccio cinematografico di storie, ha suggerito, e ognuno sceglie quella che preferisce ascoltare».
Da lì ha preso forma un gioco d’avventura, con alcuni elementi tipici dei gestionali in cui bisogna occuparsi delle risorse. Per di più, il team ha ottenuto il permesso dalla Orwell Estate di ampliare la narrazione oltre quanto previsto dalla novella—utile, dato che La fattoria degli animali è un libro molto breve. Un esempio: nel testo gli uccelli vengono inviati come spie nelle fattorie vicine. Nel gioco però i maiali possono usare gli uccelli anche per spiare i loro compagni animali.
«Si inserisce molto bene nell’universo orwelliano—e si trova anche in 1984—l’idea che qualcuno ti stia sempre osservando», dice Jele. È un’estensione intelligente del libro e aggiunge anche un’ulteriore dimensione alla narrativa del gioco.
Questo livello di collaborazione tra lo sviluppatore e la Orwell Estate non c’è stato fin da subito; nella fase iniziale del progetto Jele aveva provato a ottenere il permesso di usare il titolo del libro ed era stato respinto all’istante. «Avevo mandato loro un’email scritta a cuore aperto, e onestamente il rifiuto è stato un momento che mi fatto venire voglia di piangere», ricorda. La risposta arrivò nel giro di due ore e vi era solamente scritto “i diritti non sono disponibili, cordiali saluti”.
Per fortuna Jele non si è fatto scoraggiare. Si è messo in contatto con coloro che in precedenza si erano già assicurati i diritti della novella—la compagnia The Imaginarium, ad esempio, che sta lavorando a un nuovo adattamento cinematografico diretto da Andy Serkis. Poi ha usato quei contatti per farsi presentare a Bill Hamilton alla Orwell Estate. Anche se poi ha dovuto attendere «ancora a lungo» perché ci fosse una firma sul progetto, un accordo era stato finalmente raggiunto.
Alla fine, la flessibilità concessa dalla Orwell Estate è stata fondamentale. Ora il gioco offre delle scelte che nel libro ovviamente non potevano esserci. A quale animale dare ascolto? Quale percorso della storia seguire? La linea guida era realizzare il gioco—per quanto strano possa sembrare—a cui Orwell avrebbe pensato se fosse stato vivo.
Pur essendo probabilmente il primo gioco basato su La fattoria degli animali, l’aspetto visivo trae spunto dagli adattamenti realizzati per altri media. Jele ammira i libri di The Folio Society e durante la conversazione prende dalla libreria dietro di lui La fattoria degli animali per mostrarci le bellissime illustrazioni presenti in quell’edizione. «Dovrei dare dei soldi direttamente a loro», afferma scherzando mentre sfoglia le pagine.
Jele parla con entusiasmo anche del film d’animazione inglese del 1954, e di una recente graphic novel basata sullo stesso materiale, ma riporta sempre il discorso all’accessibilità del testo originale: «È uno di quel libri che potevo leggere a otto anni e trarne qualcosa, e poi leggere a quaranta e trarne ancora qualcosa». Questo genere di accessibilità e di grande richiamo sta, come afferma, al centro del gioco e del suo aspetto grafico. «Sarei felice se il gioco facesse conoscere per la prima volta il lavoro di Orwell a qualcuno. Oppure se spingesse qualche giovane ad avere uno spirito critico nei confronti della politica».
«Potresti pensare che stia sognando», sorride, «ma vogliamo fare un gioco capace di comunicare in maniera emotiva con molte persone, nella speranza di portarle a pensare con la propria testa. Secondo loro cosa non ha funzionato nella fattoria? Secondo loro cosa non sta funzionando nelle politiche attuali?».
Adattare La fattoria degli animali è un’operazione piuttosto ambiziosa, ma Jele non ha finito qui. Mentre è concentrato su Orwell’s Animal Farm, altri progetti prendono vita nella sua mente. Non ha alcuna intenzione di scendere nei dettagli, ma quando gli viene chiesto se il suo prossimo progetto prevederà nuovamente una trattativa sui diritti di proprietà di qualcuno sogghigna: «Non posso smentire né confermare».