Ho conosciuto il “simulatore d’avvocato” più famoso del mondo videoludico circa 15 anni fa. Ace Attorney era una saga che all’epoca già vantava quattro episodi, con un quinto in dirittura d’arrivo. Era localizzata in italiano e la cosa che mi stupì fu il fatto di essere decisamente folle: trame, personaggi, location. Qualsiasi cosa era insolita e, soprattutto, per la prima volta in un videogioco, potevo impersonificare un avvocato. Non che fosse il mio sogno, essendo allergica a tutte le questioni giuridiche, ma era comunque qualcosa di estremamente affascinante.
Ace Attorney è il nome occidentale della serie conosciuta in Giappone come Gyakuten Saiban, ossia “Tribunale Capovolto”. È una serie di videogiochi di “avventura giuridica” sviluppata da Capcom e creata da Shu Takumi, che in passato aveva lavorato a un altro celebre titolo dello studio giapponese, Dino Crisis. Il primo episodio uscì nel 2001 per Game Boy Advance e fu concepito come un titolo di nicchia, una sperimentazione da parte di Capcom stessa. Il concetto di un videogioco basato sui processi legali era un’idea molto originale; in Giappone, i videogiochi di avventura testuale (“visual novel”) erano abbastanza popolari ma il mix di investigazioni e dinamiche legali era un qualcosa di mai visto prima.
Nel paese del Sol Levante, la giustizia e i drammi giuridici sono tematiche seguite con grande interesse anche grazie alla lunga tradizione di serie televisive e film a tema legale; tra i tanti esempi, è doveroso citare una delle serie TV più famose, Hero, uscita nel 2001, lo stesso anno del debutto di Ace Attorney. Hero segue la storia di un procuratore distrettuale che usa metodi poco ortodossi per risolvere i suoi casi, e la serie deve la sua fama alla capacità di mescolare investigazione, azione e fasi in corte. Il protagonista è interpretato da Takuya Kimura, e non sorprenderà sapere che lo stesso attore è stato coinvolto nel motion capture e doppiaggio di Takayuki Yagami, il protagonista di Judgment, la serie spin-off della saga di Yakuza che ha reso vari omaggi anche ad Ace Attorney.
Insomma, Ace Attorney da mero esperimento diventò—in poco tempo—un vero e proprio fenomeno in Giappone, poiché introdusse qualcosa di nuovo a livello ludico ma allo stesso tempo familiare agli occhi dei giocatori, in quanto non dissimile dalle opere che vedevano in televisione. Essendo un progetto “sperimentale”, il team di sviluppo non sapeva con certezza se sarebbe stato distribuito a livello internazionale o se sarebbe rimasto un’esclusiva giapponese; il primo capitolo, infatti, non ha legami evidenti con il Giappone. Poi si è deciso che il gioco sarebbe stato solo giapponese e i due sequel dimostrano un’ambientazione più squisitamente nipponica, con personaggi e ambientazioni che esaltano gli usi e i costumi del paese.
Quando Capcom ha portato i tre capitoli su Nintendo DS, i videogiochi sono stati distribuiti anche sul mercato internazionale; durante la localizzazione del primo capitolo, si decise di spostare l’ambientazione negli Stati Uniti, ma nell’arco di tutta la serie sono rimasti forti i legami con ambientazioni e caratteristiche del Sol Levante. Nonostante questo, i riferimenti al Giappone non sono da considerarsi come punti di demerito; la saga e i suoi personaggi sono così folli ed “esotici” che tutto viene giustificato.
Il simulatore di avvocato ha avuto diversi porting sulle console più moderne: la trilogia originale con protagonista Phoenix Wright ha fatto il suo debutto sulle console di Sony e Microsoft, così come il comprimario Apollo Justice, che divide con Phoenix il ruolo del personaggio principale. Le collection hanno dato un nuovo e rinnovato successo di pubblico, soprattutto per gli appassionati che non sono stati al passo con i tempi o non hanno potuto recuperare alcuni dei titoli che—a causa dello scarso successo e dei costi elevati di localizzazione—non hanno mai raggiunto i mercati occidentali. La collection di Ace Attorney Investigations è tra queste, e mette sul piatto uno spin-off della serie con protagonista Miles Edgeworth, talentuoso ed eccentrico pubblico ministero e “rivale” di Phoenix Wright, che ha spesso incontrato dall’altra parte della sbarra.
La Ace Attorney Investigations Collection ha debuttato il 6 settembre di quest’anno e presenta due videogiochi al prezzo di uno: il primo, Ace Attorney Investigations, uscito in Occidente nel 2009 e Investigation 2, inedito per il pubblico americano ed europeo. Purtroppo, non è disponibile la traduzione in italiano.
Il primo spin-off Investigations ha rappresentato un turning point nella serie, in quanto si è scelto di allontanare il gameplay dalle classiche fasi processuali che erano il focus dei capitoli principali. Come suggerisce il titolo, lo spin-off e il suo sequel si concentrano sul lavoro investigativo sul campo che, malgrado fosse presente anche nei titoli canonici, qui viene messo in risalto soprattutto poiché con Miles Edgeworth si può direttamente esplorare la scena del crimine con un’inedita visuale in terza persona, dando un senso di esplorazione molto più ampio rispetto agli altri titoli.
Tale novità da un lato ha permesso agli sviluppatori di “esplorare” dal punto di vista ludico una nuova prospettiva, senza stravolgere la serie canonica che andava avanti con Apollo Justice, e dall’altro sancisce la divisione nel ruolo di director tra Shu Takumi, al lavoro sul titolo principale, e Takeshi Yamazaki, che prese le redini di questi capitoli con Edgeworth dando un punto di vista più attivo, movimentato, con una solidità dei personaggi e un cast di doppiatori entrati nel cuore di tutti gli appassionati.
Inoltre, la possibilità di analizzare gli scenari era fondamentale su Nintendo DS, console che ospitò nativamente il gioco all’epoca, e questo permise agli sviluppatori di rendere centrale la fase di investigazione piuttosto che quella più “statica” del processo in aula. Sulle console moderne questa novità è ben ricreata, e inoltre le nuove versioni sono state tirate a lucido con una grafica inedita e in alta definizione che va a sostituire i vecchi sprite dei personaggi (c’è la possibilità di scegliere, comunque, la grafica originale).
Stavolta alla scrittura e alla regia c’è Takeshi Yamazaki che soppianta Takumi e la differenza si sente molto; le storie sono tutti affascinanti, mantengono alta la qualità generale dei casi affrontati, sempre complessi e folli. Tuttavia, la cosa che più salta agli occhi di questi capitoli dedicati al procuratore con i capelli grigi è la strabordante—a volte fastidiosa—presenza di tantissimi personaggi dei casi della trilogia originale. Non solo ritornano i soliti noti come Franziska Von Karma e Dick Gumshoe, fidati alleati che seguono i nostri ideali di lealtà e giustizia, ma fanno la loro comparsa molte altre figure. Molte di queste appaiono obsolete, e hanno l’unico scopo (a parte strappare un sorriso ai fan di lunga data) di allungare la narrazione a livelli inverosimili.
Finire i due Investigations è estremamente faticoso: se i primi episodi sono in grado di catturarci appieno grazie al nuovo format e ai casi sempre più complessi, gli ultimi diventano quasi un “macigno”, in quanto si dipanano troppo tra fasi di investigazione, interrogatori e confutazioni. L’altra cosa che separa la serie originale e questa è una sottotrama che collega tutto e che permea l’intera esperienza di gioco; nel primo capitolo Edgeworth, ad esempio, dovrà scoprire la reale identità del ladro Yatagarasu, che muove misteriosamente i fili dei casi trattati. Ovviamente, la verità si scoprirà pian piano fino al culmine nel quinto e ultimo episodio; nel frattempo la nostra voglia di scoperta sarà sicuramente diminuita rispetto all’inizio della nostra esperienza videoludica.
Il secondo episodio, l’inedito Investigation 2: A Prosecutor’s Gambit, non porta nulla di nuovo rispetto al predecessore, se non una modalità che va ulteriormente ad “allungare il brodo”: Mind Chess. Da vicino ricorda un po’ il meccanismo dei “lucchetti psichici” introdotti nella trilogia, che bloccavano dei pensieri nascosti nell’inconscio degli indiziati e dei testimoni.
Mind Chess si rifà alla passione di Miles Edgeworth per gli scacchi, bisogna indovinare la frase e l’atteggiamento giusto per scardinare le difese dell’avversario; questo non è semplice in quanto è il gioco stesso ad essere poco generoso nelle spiegazioni e tutto si riduce ad un trial and error che va contro la barra della vita a disposizione che diminuisce man mano che passano i secondi. Tutto sommato i nuovi personaggi, come Kay, Badd, Feder, Eustace sono ben caratterizzati e unici nel loro genere e vanno ad ampliare un cast magnifico e che funziona bene, episodio dopo episodio.
Nonostante alcune fasi eccessivamente lunghe e prolisse Ace Attorney propone—ancora una volta—una formula vincente, capace di divertire a più riprese. Il sistema di investigazione è una ventata di aria fresca che fa dimenticare l’aspetto negativo di tutta la saga, ovvero una decisa rigidità nelle prove da presentare (ad esempio: una prova ci sembrava logicamente fattibile ma semplicemente non andava presentata in quel momento…). La libertà di muovere Edgeworth e la possibilità di interagire liberamente con oggetti, ambiente e personaggi offre un’esperienza diversa e fresca pur mantenendo il fascino del mondo legale e investigativo della serie che Capcom sta portando sulle console moderne. Insomma, a parte i limiti Ace Attorney Investigations stupisce, diverte e funziona. Chissà come mai l’intera saga sta tornando sulle console di nuova generazione: forse per prepararci al tanto atteso settimo capitolo della serie di avvocati più eccentrici del mondo videoludico? Se così non fosse, sarebbe il caso di sollevare una gigantesca, rumorosa… “Obiezione!”