Considerato quanto piaccia un po’ a tutti giocare con le parole—risolvendo cruciverba, sfidando gli amici a Scarabeo, componendo frasi palindrome o persino partecipando a quiz televisivi come La ruota della fortuna—ho sempre trovato sorprendente la mancanza di videogiochi basati sulle regole del linguaggio. È vero, non sono mai mancate le trasposizioni videoludiche dei più popolari format—chi volesse cimentarsi può facilmente farlo con un semplice browser—e in fondo anche le prime avventure grafiche della LucasArts, con l’interfaccia SCUMM piena di verbi in bella vista, fondamentali per interagire con l’ambiente di gioco, sono un buon esempio di gameplay basato sulle parole. Stiamo prendendo in esame però un aspetto talmente fondamentale e caratterizzante dell’esperienza umana—impossibile parlare, scrivere, addirittura pensare, senza avere a disposizione un linguaggio—da poter senz’altro rivestire un ruolo importante in ogni tipologia di attività ludica: l’impressione è insomma che questo genere di giochi sia comunque molto meno rappresentato nel panorama videoludico rispetto a quanto sarebbe lecito attendersi. È forse anche per questo motivo che Baba Is You sta ricevendo tanta attenzione, ed è sicuramente la ragione per cui quasi ho esultato la prima volta che ho scoperto questo gioco.
Sviluppato da Arvi Teikari, Baba Is You è oltretutto un trionfo a livello di gameplay—è senza dubbio uno dei migliori puzzle game che abbia mai provato. Si tratta, essenzialmente, di un block pushing game: l’azione principale richiesta al giocatore è spingere cose. In ogni livello sono inoltre presentate su schermo tutte le regole applicate, che definiscono ad esempio chi è il giocatore, quali sono le caratteristiche dei vari oggetti o qual’è la condizione di vittoria. La regola più comune è, naturalmente, “Baba Is You”, e definisce l’identità tra il giocatore e il personaggio di Baba. Una condizione di vittoria molto frequente è invece “Flag Is Win”: del resto, c’è una bandiera finale da raggiungere sia sulle piste di Formula 1 che nei livelli di Super Mario Bros. A questo punto arriva il colpo di genio: le regole dei vari livelli sono composte da parole che sono anch’esse oggetti da spostare. Perciò ogni livello può essere modificato nei modi più creativi e originali, svelando uno dei tratti più deliziosamente infantili di Baba Is You, che permette al giocatore di definire in qualsiasi momento caratteristiche e obiettivi del quadro in cui si trova; non fanno forse la stessa cosa i bambini quando, giocando a nascondino, decidono che la tana è proprio quel pezzo del muro, oppure il tronco di quell’albero? Dunque qui non contano l’aderenza alla realtà o il rispetto delle leggi della fisica: che la lava ti sciolga oppure no, che un muro sia un ostacolo oppure ci si possa passare attraverso è semplicemente una questione di definizioni.
Così, mettiamo che “Baba Is You”, e anche che “Flag Is Win”; peccato che tra Baba e la bandiera ci sia un fiume, e che “Water Is Sink”, dunque meglio non attraversarlo se non si vuole affogare; però dall’altra parte del fiume oltre a una bandiera c’è una roccia. Troviamo la scritta “Rock” e sostituiamo “Baba” con quella: adesso “Rock Is You”, siamo la roccia, e possiamo tranquillamente raggiungere la bandiera e superare il livello; oppure potremmo spostare “Sink” lontano da “Water Is”, rendendo in questo modo la regola inefficace e il fiume attraversabile da Baba senza alcun problema. Si vede bene come le meccaniche di gioco siano il trionfo di cui parlavo: sono semplici, danno un senso di libertà creativa che soddisfa il giocatore e ne ricompensa l’impegno, e possono agevolmente creare rompicapi da incubo nei livelli più difficili. Molto spesso la difficoltà viene elevata con limiti imposti dal level design, come nel caso di regole inaccessibili o solo parzialmente modificabili, magari poste ai margini dello schermo, dove non c’è possibilità di spingerle altrove. Ho raggiunto Arvi Teikari per farmi raccontare di più sulla realizzazione di questo incredibile puzzle game.
Iniziamo con le presentazioni. Come hai iniziato a lavorare nel settore videoludico?
Ho visto giocare gli adulti quando ero bambino e mi ha sempre affascinato l’idea di creare giochi miei sin da quando andavo all’asilo. Alle elementari un compagno di scuola mi ha fatto conoscere Game Maker, che ho presto abbandonato in favore dei programmi di Clickteam dopo che un altro compagno di scuola me li ha fatti scoprire, perché non richiedono alcuna conoscenza dei linguaggi di programmazione e sono in generale di più facile utilizzo per chi non ha una buona comprensione dell’inglese. Da quel momento in avanti realizzare videogiochi è stato in sostanza il mio hobby principale, e le cose sono rimaste così.
Baba Is You è nato durante una game jam, la Nordic Game Jam di Copenhagen. Molte grandi idee di game design vengono fuori proprio da eventi di questo tipo. Cosa rende le jam così stimolanti?
Ti permettono di mettere alla prova un’idea senza la necessità di sistemare i bug o comunque di preoccuparsi per qualche difetto. In una game jam puoi vedere cosa un’idea ha da offrire dedicando però molto poco tempo alle fasi più noiose (è soggettivo, naturalmente) dello sviluppo di videogiochi, soprattutto se usi strumenti di sviluppo che si occupano del framework di base al posto tuo.
Parliamo di ciò che è avvenuto prima della game jam. Avevi già in mente l’idea di un puzzle game basato sulle parole? Ci sono altri giochi che ti hanno ispirato?
Sicuramente ci sono giochi come Scrabble o Letramix che si basano sull’incastro delle lettere; e poi ci sono molti giochi in cui si programmano robot o si fanno cose del genere assemblando blocchi. Non ho pensato consapevolmente a questi giochi occupandomi del design di Baba, ma senza dubbio mi hanno fornito qualche idea su come approcciare questo progetto. Le fonti di ispirazione più ovvie per Baba sono state un altro paio di puzzle game che ho amato negli ultimi anni, come Stephen’s Sausage Roll e Snakebird. Non hanno molto a che fare con le parole, ma offrono approcci molti freschi e originali al tradizionale gameplay dei puzzle in cui si spingono blocchi. Non avevo un game concept in mente quando sono andato alla jam—è venuto fuori dalle idee a cui ho pensato giocando questi altri puzzle game, combinate con il tema della jam, “Not There”. Questo tema mi ha fatto pensare a come si possa avere un concept e poi negarne il significato con l’operatore logico “Not”. Baba ha iniziato a prendere forma a partire da questa idea di base.
Passiamo alla fase successiva alla game jam. Il gioco definitivo è molto più rifinito rispetto alla prima versione, ancora disponibile su Itch.io. In che modo hai trasformato quella specie di bozza nella meraviglia che ho giocato nelle ultime settimane?
Un grosso problema che sorge realizzando un gioco completo a partire da uno creato durante una game jam è che in una game jam spesso lo sviluppatore deve prendere varie scorciatoie, a livello sia di design sia di programmazione, che vanno bene per un gioco breve ma non sono più sufficienti a fare da impalcatura per un progetto più ampio. Ho dovuto riscrivere diverse parti del codice del gioco, e l’ho dovuto fare più volte, per renderlo dinamico come mi serviva che fosse. In larga parte non avevo un progetto molto completo, ma il processo di sviluppo è comunque finito per dividersi in fasi separate in maniera abbastanza organica. Ad esempio, all’inizio volevo e dovevo concentrarmi sull’utilizzo di nuove parole per esplorare il concept più a fondo possibile. Durante questa fase ho avuto un’idea più precisa del codice necessario a permettermi di farlo. Questa fase è durata all’incirca un anno. Una volta che mi sono reso conto che non c’erano altre parole che potessi implementare in tempi ragionevoli, ho iniziato a occuparmi della creazione di altri livelli, e infine della rifinitura del gioco. Lo stile grafico, relativamente semplice, era stato definito sin dall’inizio e mi ha permesso di concentrare gli sforzi su altre cose.
Abbiamo parlato di Baba Is You come di un puzzle game, ma è anche più precisamente un block pushing game, e in una certa misura persino un hacking game: ma da dove sei partito, e come sei arrivato al gameplay definitivo?
C’erano alcuni semplici restrizioni riguardanti il game design che ho provato a seguire. In primo luogo, dal momento che al cuore del gioco ci sarebbero state principalmente le parole e le regole, e non lo spostamento dei blocchi, non volevo che i livelli fossero troppo pieni a meno che questo non fosse in qualche modo importante per il meccanismo di un determinato livello. In secondo luogo, poiché il gioco richiede al giocatore di leggere le varie regole e di tenerle tutte a mente contemporaneamente, mi sembrava necessario provare a tenere il numero totale delle regole il più basso possibile. A volte è stato molto difficile, tuttavia, e non sono sicuro di quanto bene sia riuscito alla fine a seguire entrambe queste restrizioni.
Cosa mi dici invece dell’utilizzo di Multimedia Fusion 2 come ambiente di sviluppo?
Ho iniziato a lavorare a Baba avendo usato la stessa famiglia di ambienti di sviluppo per 14 o 15 anni; per usare qualsiasi altra cosa avrei dovuto imparare tutto da capo. Per fortuna un mio amico, Lukas, mi ha mostrato come usare Lua e integrarlo in Multimedia Fusion 2, così non ho dovuto fare a meno di un linguaggio di programmazione. Il gioco di certo non avrebbe potuto essere realizzato usando solo l’interfaccia grafica di Fusion dato che, nonostante offra strumenti abbastanza avanzati, soprattutto per certi generi, il sistema di regole di Baba aveva sicuramente bisogno di alcune funzionalità della programmazione.
Ho scritto prima che Baba Is You è uno dei migliori puzzle game che abbia mai provato. È un genere che adoro, forse l’unico per il quale abbia avuto una passione costante nel tempo. Continuo a giocare quelli che uscirono per il Game Boy, ma amo molto pure titoli recenti come Snakebird, o qualsiasi cosa abbia fatto Alan Hazelden (Sokobond, A Good Snowman Is Hard to Build, Cosmic Express). Quali sono i tuoi puzzle game preferiti?
Ti ringrazio! Stephen’s Sausage Roll, Jelly No Puzzle, Snakebird e Cosmic Express sono tra i miei puzzle game preferiti di sempre. Se vale, anche La-Mulana mi ha influenzato con il design dei suoi rompicapi. Alan Hazelden, Stephen Lavelle e Noumenon Games sono tutti autori straordinari di puzzle game. Recursed di Portponky è un altro notevole rompicapo recente.
Concludiamo con una domanda che voglio sempre fare ai creatori di puzzle game: qual’è il segreto di un buon level design? Penso soprattutto alla creazione dei livelli più difficili, quelli che ti friggono il cervello finché non arriva quell’epifania che ti fa sembrare la soluzione così ovvia. Forse il segreto è partire dalla soluzione?
Ci sono molti, moltissimi approcci possibili, perciò non posso dire di conoscere alcun “segreto” per un buon level design. Il mio processo di design in genere inizia combinando nella mia testa più elementi già esistenti per vedere se posso immaginare qualche interazione interessante tra loro. Una volta che ne ho trovata una, usando l’ingegneria inversa creo la struttura di un livello nel quale il giocatore deve usare quell’interazione per giungere alla soluzione. Questo spesso lascia spazio a un sacco di soluzioni non volute, ma è una cosa a cui si può rimediare in fase di testing. A volte, se l’interazione richiesta sembra troppo scontata, aggiungo in un secondo momento delle complicazioni al livello, anche se questa si rivela essere spesso una mossa controproducente, perché tali complicazioni solitamente vanno a detrimento dell’idea chiave del quadro. Usando questo sistema è difficile intuire la difficoltà di un livello, ma se hai abbastanza livelli puoi stimarne in seguito la difficoltà tramite i feedback dei tester, dargli di conseguenza un ordine e infine aggiungere quadri che facciano da tutorial nei punti giusti della progressione.