Moderna parola composta che deriva dall’unione poco elegante dei titoli Metroid e Castlevania, metroidvania ci riporta alla metà degli anni ’90 e a due seminali platform d’azione: Super Metroid di Nintendo e Castlevania: Symphony of the Night di Konami. Per un decennio circa, entrambe le serie hanno offerto incursioni non lineari in mondi interconnessi e da sbloccare. Ma dopo Metroid: Zero Mission del 2004 e Castlevania: Order of Ecclesia del 2008, dalle due serie non sono più arrivate novità—almeno per quanto riguarda la proposta di titoli 2D focalizzati sull’esplorazione.
Quest’assenza ha portato gli sviluppatori indipendenti a far propria la causa dei metroidvania. Mentre i fan chiedevano a gran voce, ma invano, un nuovo Metroid o un nuovo Castlevania, gli studi di sviluppo indipendenti si preparavano a colmare quel vuoto. WayForward Technologies ha prodotto Shantae: Risky’s Revenge nel 2010; DrinkBox ha fatto uscire il primo Guacamelee! nel 2013; e l’anno seguente Tom Happ ha pubblicato Axiom Verge, accolto su Polygon da Jeremy Parish come il miglior metroidvania indipendente mai realizzato.
Affrontare l’ignoto
È raro trovare un gioco che non somigli almeno un po’ a Samus Aran. Mentre si fa strada su Zebes, l’eroina di Metroid trova oggetti utili nascosti in ogni anfratto e in ogni angolo del mondo. Raddoppia la propria capacità di saltare; trova una nuova pistola; per quanto sia improbabile, in qualche modo si trasforma in una sfera. Quando arriva a sconfiggere lo pterodattilo o la terribile medusa che l’aspettano alla fine dell’avventura, il suo equipaggiamento è a malapena riconoscibile. Le caratteristiche principali sono ancora lì, certo, ma molte altre cose sono cambiate. I videogiochi sono così. Quando un nuovo metroidvania arriva con le sue immagini di presentazione colorate su uno store digitale, è spesso molto diverso dai primi vaghi concept che ne hanno ispirato lo sviluppo. L’idea principale può essere rimasta intatta, ma la presentazione è differente. E, molto spesso, anche l’idea principale è cambiata.
«Abbiamo iniziato a lavorare al gioco di Monster Boy nel 2014», afferma Fabien Demeulenaere, co-fondatore di Game Atelier, lo studio parigino che ha realizzato Monster Boy and the Cursed Kingdom, uscito nel 2018. «All’epoca non si chiamava Monster Boy. Il titolo era Flying Hamster 2». Il Flying Hamster originale, il primo gioco prodotto da Game Atelier, era un platform poco conosciuto pubblicato per PSP nel 2010. Dopo aver lanciato una campagna su Kickstarter per finanziarne il seguito, il team di sviluppo ha contattato Ryuichi Nishizawa, autore dei primi due capitoli della longeva serie di Wonder Boy, ringraziandolo per aver ispirato quello che loro ancora chiamavano Flying Hamster 2. Con loro grande sorpresa, Nishizawa fraintende il messaggio e concede loro la licenza di Monster Boy. Gli manda anche un video di endorsement per la campagna Kickstarter. In questo modo nasce Monster Boy and the Cursed Kingdom: restando un metroidvania, così come previsto da Game Atelier, ma adesso come nuovo capitolo di una storica serie, invece che come sequel di un gioco praticamente sconosciuto.
João Brant e Lucas Mattos, i principali sviluppatori dello studio brasiliano Long Hat House, hanno vissuto un’esperienza simile durante le prime fasi di sviluppo di Dandara, uscito nel 2018. Dopo la loro prima pubblicazione, il gioco mobile Magenta Arcade, il duo aveva iniziato a lavorare su un altro titolo d’azione con controlli per touch screen. «C’era questa arena chiusa sia in alto che in basso; le basi si muovevano, e se ci stavi troppo a lungo morivi», spiega Brant. «Potevi saltare dall’una all’altra e sparare ai nemici come in un arena shooter». La versione definitiva del gioco conserva quelle meccaniche di movimento e di combattimento, ma trasferendole in un vero e proprio metroidvania. I giocatori possono ancora saltare da un muro all’altro, ma ora lo fanno per trovare nuovi potenziamenti e punti esperienza. E, invece di usare la possibilità di sconfiggere la forza di gravità per spostarsi in corridoi lineari, in Dandara il salto viene usato per esplorare un mondo che si estende in ogni direzione. «Avevamo messo tanti livelli in fila, una serie di stanze», dice Brant del loro lavoro durante i primi mesi di pre-produzione. «Poi abbiamo iniziato a fare delle diramazioni. [Il passaggio è avvenuto] proprio nel bel mezzo della prototipazione».
Ci è voluto molto di più al team di Bit Kid, Inc. per portare alla luce il nucleo di Chasm, un RPG fantasy pubblicato nel 2018, ma la cui nascita risale al 2012. Secondo il designer James Petruzzi, era stato concepito come un gioco sci-fi di estrazione mineraria intitolato Solus. «La tua navicella si era schiantata su questo pianeta, e dovevi scavare per trovare materiali per ripararla e alla fine ripartire», dice Petruzzi. «Non mi piaceva molto la parte sci-fi, però, perché mi ritrovavo con una generazione procedurale di tutti questi tunnel sottoterra. Inoltre la fantascienza ha bisogno di proiettili; non credo che il corpo a corpo funzioni altrettanto bene. La sensazione era che fosse un po’ claustrofobico». Così, all’uscita del gioco, le pistole sci-fi erano sparite, sostituite da spade, asce e lance, e l’estrazione mineraria era stata rimossa, in favore di esplorazioni e combattimenti in stile Castlevania: Symphony of the Night. E la navicella era diventata una tranquilla città di minatori i cui abitanti sono spariti nelle cave sottostanti, infestate dai mostri.
Trovare il divertimento
Le idee non mancano mai. La parte difficile nella realizzazione di un gioco è stabilire quali idee reggano una volta passate al vaglio. Per Olle Håkansson di Image & Form, ciò è avvenuto dopo circa tre mesi nello sviluppo del primo SteamWorld Dig. «Il primo prototipo che abbiamo fatto testare ai giocatori non prevedeva la possibilità di scalare i muri, ed era estremamente punitivo», spiega Håkansson. «Se non pianifichi il modo in cui scavi, ti crei da solo una fossa che puoi più scalare. Abbiamo provato diverse versioni dei livelli di tutorial che dovevano trasmettere questa idea di scavare con attenzione, ma nei test c’era sempre un giocatore o due che non coglievano le indicazioni. Alla fine abbiamo deciso di abbandonare l’idea di scavare tunnel con cura e con cautela, e abbiamo semplicemente dato al giocatore la possibilità di saltare lungo le pareti. Quello è stato il momento in cui il gameplay all’improvviso ha funzionato, da quel momento eravamo in produzione». Lasciar perdere le idee preconcette su cosa un gioco dovrebbe essere è un passaggio fondamentale nel processo che porta a scoprire cosa un gioco realmente è.
Questo può risultare particolarmente difficile in un genere così dipendente dalle sue formule come il metroidvania. I successori di Super Metroid e Castlevania: Symphony of the Night raramente si accontentano di ereditare la struttura chiave-e-serratura che ha funzionato così bene con i loro antenati. Invece, molti discendenti del genere scelgono di includere le stesse meccaniche. È una linea di demarcazione difficile da valutare. «Tutti i generi si basano su formule, e se non lo fanno, i giocatori lamentano che il gioco non sembra funzionare come dovrebbe», dice Petruzzi. «Con i metroidvania, in particolare, se vedi una sporgenza in alto, pensi di doverci arrivare con un salto doppio. Oppure, se vedi un cunicolo in cui ti puoi infilare, ti aspetti di ricavarne qualcosa». In effetti, durante lo sviluppo di Dandara, Long Hat House ha smesso di pensare al proprio gioco come a un metroidvania. «Abbiamo pensato a un salto che permettesse di saltare ancora a mezz’aria, ma questo avrebbe richiesto di rendere il salto più lento, in modo da poter prendere la mira in volo. Perciò non lo abbiamo fatto», dice Brant, aggiungendo che sarebbe stato un errore inserire un salto doppio o meccaniche simili semplicemente perché la gente se lo aspetta in un metroidvania.
Restare bloccati (e poi sbloccarsi)
La sensazione di essere bloccati fa parte del fascino dei metroidvania. Il giocatore si trova di fronte a una porta chiusa, a una sporgenza molto alta, o a un buco nel muro troppo piccolo perché possa infilarcisi. Va in giro per la mappa cercando un indizio, ma con frustrazione non riesce a trovare nessuna zona che non abbia già esplorato. A quel punto di solito arriva l’epifania. All’improvviso il giocatore si ricorda di una statua in una stanza vuota in cui non è più tornato da ore, o un muro che ora può scalare, o una distesa di lava che ora può sorvolare indenne. Per arrivare a momenti del genere, gli sviluppatori di giochi metroidvania devono trovare un delicato bilanciamento, evitando abissi di frustrazione da un lato, e che fili tutto liscio con eccessiva facilità dall’altro. «Penso che tutto nei giochi sia un atto di bilanciamento», dice Petruzzi, che, con Chasm, ha voluto creare un gioco che costituisse una sfida—come i Castlevania a cui giocava da bambino—senza costringere il giocatore a fare affidamento sulle guide. «Non vuoi mai spingerti troppo oltre in nessuna direzione», continua. «Vuoi tenerti in equilibrio tra accessibilità, difficoltà e praticità».
Usate nel giusto modo, le scoperte nella fase finale del gioco possono portare e ricontestualizzare tutto ciò che le ha precedute, come spiega Austin Ivansmith, direttore creativo di The Mummy Demastered. «La nostra abilità subacquea si ispirava all’anima Deep Seeker di Castlevania: Aria of Sorrow, ed era stata pensata per essere la prima acquisita dal giocatore», dice. «C’erano molti puzzle acquatici all’inizio, e quasi nessuno più avanti nel gioco. Era una scelta dettata da una valutazione frettolosa della struttura dei livelli, così a metà dello sviluppo abbiamo spostato l’abilità subacquea, rendendola uno degli ultimi potenziamenti, ed è stata una rivelazione, perché funzionava molto meglio il ritorno alle prime stanze acquatiche che il giocatore ricordava nella prima area. Questo dimostra che anche dopo molta progettazione è importante saper improvvisare, essere capaci di apportare grandi cambiamenti di fronte a problemi di design emersi nel corso dello sviluppo».
Mettere il naso fuori dalla porta
Di certo, il test finale per ogni gioco avviene quando viene pubblicato. E data la natura dello sviluppo videoludico attuale, gli studi spesso e volentieri continueranno a lavorare sui loro metroidvania per mesi se non per anni, eliminando i bug e sistemando ogni problema di gameplay che possa aver condizionato il gioco al momento del lancio. Da quando è uscito Chasm, nell’agosto del 2018, il team di Bit Kid Inc. ha lavorato per rendere il proprio metroidvania più divertente da giocare per il pubblico odierno, senza rinunciare al taglio old-school che ha catturato i primi fan. «Abbiamo passato circa due mesi a fare correzioni importanti, rendendo più rigorose le tempistiche del combattimento», dice Petruzzi, sottolineando come i duelli in stile Castlevania di Chasm non abbiano incontrato i gusti di molti giocatori su PC, mentre il gioco veniva accolto con più favore su PS4. «Non volevamo rovinare ciò che molte persone avevano apprezzato… perciò ho cercato di trovare una via di mezzo, in cui il gioco non sarebbe stato troppo rigido ma nemmeno avrebbe finito per somigliare ai giochi moderni, dove puoi continuare a correre mentre stai attaccando».
Long Hat House, allo stesso modo, sta lavorando a un DLC per Dandara, anche se Brant avverte che «qualcosa di orribile potrebbe accadere e non uscirebbe più, non prometto nulla». Questo genere di approccio in accordo con la Legge di Murphy è realistico: quando si parla di game design, qualsiasi cosa possa andare storta spesso lo fa. Ma molti degli sviluppatori di metroidvania con cui abbiamo parlato hanno imparato a far buon viso a cattivo gioco, e a cambiare direzione quando un’idea non funziona. Come i giocatori di metroidvania più esperti, hanno imparato a usare ogni arma presente nel loro arsenale, a tornare indietro sui propri passi, e a superare qualsiasi frustrazione, fino al momento in cui quelle porte chiuse non saranno finalmente costrette ad aprirsi.