Nel panorama dei videogiochi di guerra, pochi sono i titoli che hanno trattato il tema dell’orrore e della morte, mentre molti hanno posto l’accento sul dualismo tra vincitori e vinti. Diversi sono i generi ludici che contemplano le guerre: si va dai classici wargame strategici, che hanno avuto un forte seguito anche tra i boardgame e i giochi con miniature, ai videogiochi di combattimento aereo e i first-person shooter.
In questo potpourri di generi è da notare una spiccata preferenza, da parte di sviluppatori e publisher, verso il setting bellico della Seconda Guerra Mondiale, lasciando poco spazio alla Grande Guerra che ha attanagliato l’Europa tra il 1914 e il 1918. Il motivo di questa preferenza si può trovare nei racconti celebrativi delle imprese degli alleati contro la temibile Germania nazista, in cui si impersonifica il protagonista/eroe che va contro il “nemico comune”.
Le spettacolari imprese contro i nazisti sono state esaltate prima di tutto nel cinema: tra gli esempi cinematografici che meritano una menzione ci sono il celebre Salvate il Soldato Ryan di Steven Spielberg o Flags of Our Fathers e Letters from Iwo Jima di Clint Eastwood, due film che guardano allo stesso conflitto dal punto di vista degli americani e dei giapponesi durante la sanguinosa guerra del Pacifico.
Anche i videogiochi Tripla-A hanno messo sul piatto quegli stessi avvenimenti storici: nel primo decennio degli anni Duemila sono usciti su varie piattaforme titoli come Metal of Honor: Allies Assault, Battlefield 1943, Metal of Honor: Pacific Assault, Call of Duty: World at War, giusto per citare i più famosi.
La Grande Guerra non esercitava lo stesso attaccamento rispetto al secondo conflitto mondiale, principalmente perché abbiamo molte meno informazioni: il progresso tecnologico sviluppato nei trent’anni che separano i due eventi bellici ha fatto sì che la Seconda Guerra Mondiale sia stata documentata, videoregistrata (molti filmati, anche a colori, sono arrivati sino a noi) e raccontata in maniera più consapevole rispetto alla prima.
Inoltre, gli orrori del primo conflitto mondiale hanno portato alla non voluta ma inarrestabile ascesa dei regimi totalitari, nati proprio dagli strascichi che la Grande Guerra ha portato.
Il nazismo e il fascismo nacquero come reazioni alle gravi crisi sociali, economiche e politiche seguite alla fine del conflitto: la sconfitta della Germania, ad esempio, alimentò sentimenti di umiliazione, rancore e desiderio di riscatto nella popolazione; in Italia, invece, la delusione per la “vittoria mutilata” e il successivo caos politico favorirono l’ascesa del fascismo; entrambi i movimenti promettevano di ristabilire ordine e prestigio nazionale, ma sappiamo bene com’è andata a finire.
Inoltre, le modalità della Grande Guerra sono diverse in virtù del fatto che il conflitto è stato combattuto maggiormente nelle trincee; milioni di soldati furono costretti a vivere per mesi o anni in condizioni miserabili, esposti al fango, al freddo, alle malattie e ai bombardamenti. Le trincee erano cunicoli stretti, spesso allagati, in cui proliferavano topi e insetti di vario genere, e la vita al loro interno portava a grandissime sofferenze.
In virtù del fatto che la Grande Guerra è stata un vero e proprio conflitto di logoramento, l’approccio nei videogiochi è stato più di nicchia e meno spettacolare rispetto al secondo conflitto, prediligendo un tipo di narrazione più incline alla ricostruzione storica (Verdun o WWI: Isonzo) oppure più vicina alle vicende umane e alle conseguenze psicologiche delle attività belliche, come in 11-11: Memories Retold o nel poetico Valiant Hearts.
È proprio sugli orrori della guerra e sulla devastazione psicologica dei soldati che verte Conscript, titolo di debutto di Catchweight Studio, progetto di un solo sviluppatore, l’australiano Jordan Mochi, con un bachelor of arts in Storia e Relazioni Internazionali.
Conscript è un progetto con una lunga gestazione, precisamente il suo sviluppo nasce nel 2017. Si tratta di un survival horror ambientato durante la Prima Guerra Mondiale e non ha una base sovrannaturale, al contrario dei classici che conosciamo: i veri fantasmi all’interno di questo conflitto di trincea sono uomini come noi.
Mochi, grande amante dei più famosi survival horror quali Silent Hill e Resident Evil, ha inserito all’interno del suo Conscript molti elementi che rimandano ai celebri videogiochi giapponesi: inventario con “blocchi limitati”, possibilità di unire e ampliare gli oggetti, save room e bauli, il cui utilizzo influenza lo score finale della run, finali multipli e così via.
In Conscript vestiremo i panni di un soldato francese, André, stanziato a Verdun. Combatte questa guerra con suo fratello Pierre, il quale scompare durante un’incursione dei nemici tedeschi. L’obiettivo di André sarà quello di trovare suo fratello prima che lo facciano i nemici, e il suo sarà un viaggio in stretti, labirintici cunicoli pieni di insidie.
Per studiosi e “appassionati” delle vicende della Prima Guerra Mondiale, Verdun è un teatro di battaglia tristemente noto. Coinvolse la Francia e la Germania, la cui offensiva si basò sul voler concentrare i francesi in un unico punto e assediarli con la massima potenza possibile, facendoli “dissanguare goccia a goccia” (parole testuali del generale tedesco Falkenhayn) tramite uso massiccio dell’artiglieria, lanciamine, mortai e anche un’arma che fu utilizzata proprio a Verdun per la prima volta, il lanciafiamme. Il “dissanguamento totale” pensato dai generali tedeschi funzionò ma ebbe anche un ritorno di fiamma, la guerra di logoramento che condizionò anche le truppe tedesche. La fine dell’assedio non vide un vincitore ma devastanti perdite da entrambe le parti per la difesa non tanto di un piccolo lembo di terra sul fronte occidentale, bensì del proprio onore di popolo.
L’orrore che Jordan Mochi ha voluto far trasparire all’interno di Conscript è palpabile: nel reale e devastante scenario di Verdun, molti giovani combatterono in condizioni terribili, i bombardamenti “infiniti” da parte dei tedeschi portarono nei combattenti una sorta di “perdita di volontà” e una graduale insensibilità nei confronti della morte e della sofferenza; dopo la guerra i pochi sopravvissuti portarono segni indelebili della battaglia e della vita in trincea; anche la geografia del luogo porta tuttora gli effetti devastanti di quell’offensiva smodata e incontenibile; i terreni circostanti Verdun non possono più essere coltivati in quanto pregni dei gas venefici che si riversarono a terra, e le bombe cambiarono irrimediabilmente la morfologia del terreno, “limando” di sette metri l’altezza della collina. Ancora oggi è possibile trovare resti di quel devastante conflitto: neanche il passare del tempo cancella gli orrori della guerra.
Conscript si presenta come un videogioco efficace nella sua semplicità: uno stile grafico volutamente vetusto rimanda ai vecchi videogiochi per PS1 e ci ricorda un altro recente survival horror “nostalgico”, Signalis.
La cupa colonna sonora è intervallata da suoni di bombardamenti e di mitragliatrici in lontananza, urla di aiuto e suppliche. Il teatro crudo e spietato stride con i tanti poster di propaganda che illustrano fantasie di potenza e successo. Quello che si dipana intorno ad André—quindi, al videogiocatore—è una desolazione assoluta, fatta di corpi che si accatastano agli angoli delle trincee, sopravvissuti orribilmente mutilati che si portano avanti strisciando prima di esalare il loro ultimo respiro, fotografie di mogli, fidanzate, figli o animali domestici.
Il combattimento con i nemici si può svolgere in diversi modi: possono essere colpiti con armi corpo a corpo, con fucili o shotgun, oppure elusi tramite semplici fasi stealth. Il sistema di mira è particolarmente ostico su console (il titolo è stato testato su PS5), per un sistema di puntamento particolare e “sfuggente” con il controller; sono abbastanza sicura che è stato pensato per il gioco su PC con mouse e tastiera.
Ogni nemico ha la sua particolarità e le proprie armi, ce ne sono anche alcuni apparentemente invincibili che possono essere buttati giù solo dopo molti colpi, che un po’ fanno da eco agli storici nemici “invincibili” di Resident Evil. Ma non sono solo i nemici a preoccupare André: un altro grande problema nelle trincee—oltre ai gas tossici ai quali siamo esposti di tanto in tanto—sono i ratti.
I corpi dei nemici, se accatastati nei bui cunicoli delle trincee, attireranno i ratti che banchetteranno su di loro diventando una nuova minaccia per noi, un guizzo ludico-narrativo che ha un po’ ricordato il bellissimo Dishonored di Arkane Studios. Per evitare tutto questo sarà fondamentale bruciare i corpi dei soldati caduti; ma ci sono tanti altri accorgimenti da adottare, come piazzare del filo spinato in determinati punti oppure lanciare delle granate in piccoli anfratti per allontanare i piccoli, fastidiosi, roditori grigi.
Curiosamente, i ratti possono attaccarci ma non possono attaccare i soldati tedeschi; questo va un po’ oltre ogni logica, e la loro presenza non fa altro che aumentare esponenzialmente il numero di nemici a schermo mentre i rifornimenti (munizioni, med-kit, garze) scarseggiano sempre di più. Il dedalo delle trincee è scoraggiante per il videogiocatore, spesso non riusciremo a capire dove andare e saremo vittime di un “girotondo” involontario, pur avendo la mappa alla mano, e i nemici riusciranno a trovarci e rincorrerci, malgrado i nostri sforzi nello scappare. Inoltre, i soldati tedeschi possono superare certi ostacoli mentre il nostro personaggio non potrà farlo; questo rende davvero frustrante la parte più concitata di gameplay.
In fin dei conti, Conscript svolge bene il suo lavoro, è un survival horror di pregevole fattura, abbastanza old school per far innamorare i videogiocatori nostalgici degli anni Novanta. Enigmi e chiavi per aprire porte, una mappa particolarmente intricata e tanto backtracking ci riportano un po’ in quella che era la grande Spencer Mansion del primo Resident Evil.
Alcuni aspetti potevano essere sicuramente limati, ma in fin dei conti Conscript è una ventata di aria fresca nel genere del survival horror, ambientato qui durante la Grande Guerra. Il fatto di dover andare oltre ai comuni nemici spaventosi (quali zombie, creature extraterrestri, mostri di vario genere) è sicuramente il punto forte dell’intera opera, che ci pone di fronte agli orrori della guerra, ma non solo.
Conscript ci trasmette anche una “sete di conoscenza storica” che ci aiuta a documentarci e vedere con altri occhi lo scenario di una guerra che viene generalmente poco toccata dalla narrativa cinematografica o letteraria. L’opera di Mochi ci aiuta a conoscere di più gli oscuri risvolti della guerra e delle battaglie che hanno spezzato vite ormai dimenticate dallo scorrere del tempo. Conscript ci regala un po’ di consapevolezza storica e ci aiuta a fare i conti con un intimo ma struggente dato di fatto: la crudeltà tra gli uomini è il più devastante degli orrori, e la guerra non cambia mai.