Nel 2012 un post nella sezione gaming del noto message board reddit scuote il torpore degli appassionati del franchise Civilization, il videogioco strategico a turni giunto oggi al suo sesto capitolo. L’autore del post è Lycerius, un nome sconosciuto all’interno della community, ma che di lì a poco sarebbe divenuto materiale da leggenda. Al secolo James Moore, texano, è un gamer di vecchia data ed è rimasto affezionato a Civilization II, uscito nel 1996. Quel gioco non possiede nulla che i suoi successori non abbiano migliorato, mi spiega nell’intervista che ci ha concesso, ma è rimasto una costante nella sua vita; un punto fermo a cui tornare quando si stufava di esplorare le rovine Dwemer in Skyrim o scalare il ranking di Starcraft. In dieci anni James ha accumulato un numero spropositato di ore di gioco, sempre sullo stesso salvataggio. Dopo aver condotto una civiltà dalla preistoria all’esplosione tecnologica, il cronometro di Civilization II si ferma ma il gioco può proseguire all’infinito, sempre con le stesse risorse. Si può costruire un autentico paradiso terrestre, insomma, e vederlo fiorire. Il futuro in cui è incappato Lycerius, invece, è la definizione di inferno.
“Avete presente la Guerra dei Cent’anni?” scrive nel suo post. “Bene. Provate con 1700”. Uno stallo brutale e insensato fra tre superpotenze, come nella più grigia delle distopie orwelliane: Vichinghi, Celti e Americani. Proprio come in 1984, l’ignoranza è forza. La popolazione umana è stata ridotta del 90% da radiazioni e malattie, i sopravvissuti sono assoldati negli eserciti. Lycerius, che manovra i Celti, ha dovuto convertire la sua democrazia in un regime totalitario socialista trasformandosi in una sorta di leader eterno; altrimenti, l’opposizione politica avrebbe rallentato a tal punto le operazioni belliche da condannare l’impero alla sconfitta. Il prezzo da pagare sono le occasionali rivolte dei cittadini, subito sedate con la violenza. Le calotte polari si sono sciolte più volte (un’incongruenza del gioco, che da sola rende conto di quanto sia surreale lo scenario) a causa del calore sprigionato dalle esplosioni nucleari, con conseguente restringimento delle terre emerse. Del Giappone, ad esempio, resta poco o nulla. Paludi, città fantasma, strade deserte: sono la prima infrastruttura contro cui gli eserciti si accaniscono, e la ricostruzione assorbe quasi per intero le tasse. Con ogni spesa dirottata alle risorse militari, le poche città residue diventano nidi di gente affamata, focolai di rivolta.
Il post di Lycerius ha il gusto del racconto distopico, col fiero entusiasmo di un appassionato di storia che vede la propria creazione sconfinare nella fantascienza. The Eternal War, così battezza lo scenario. Le dinamiche sociali in tempo di guerra lo hanno sempre affascinato, mi racconta James, come nel Periodo degli Stati Combattenti in Cina, e i suoi studi universitari l’hanno condotto sul ramo della storia e delle scienze politiche. Ma tra le righe c’è anche una richiesta di aiuto. Lycerius vuole rompere lo stallo ma non sa più dove sbattere la testa. Si è impuntato sul progetto della terraformazione: bonificare le paludi, mitigare l’inquinamento nucleare, far ripartire l’agricoltura, innescare la crescita demografica e col surplus di risorse sconfiggere infine i nemici. Dopo 1700 anni di conflitto, va da sé, una soluzione pacifica è impraticabile. Come fare, però, quando ciascun ingegnere è assorbito al 100% da compiti militari?
James confidava nel ricevere qualche dritta da un giocatore più esperto, magari una prospettiva diversa da cui valutare il problema, e sperava che il suo racconto avrebbe spronato altri appassionati a condividere le proprie esperienze. Quel che non si immaginava, era che il suo post avrebbe rapidamente accumulato oltre 3000 commenti generando un subreddit autonomo, decine di spin-off narrativi poi raccolti in un ebook, poster di propaganda bellica, analisi sociologiche, l’interesse del creatore della serie Sid Meier e il progetto di una mini-serie animata. Quasi come se qualcosa, nell’istinto umano, si risvegliasse alla sola idea della guerra. Vengono in mente le parole di Cormac McCarthy, in Meridiano di sangue:
“It makes no difference what men think of war…. War endures. As well ask men what they think of stone. War was always here. Before man was, war waited for him. The ultimate trade awaiting its ultimate practitioner.”
Se non nel nostro istinto, riflette Lycerius, il conflitto è inscritto nel nostro codice culturale: è impressionante come intere generazioni siano nate e morte sul campo di battaglia, e la voce di tali popoli—trasmessa dalla storia—non è altro che un canto di guerra.
È singolare che una community si sia raccolta intorno a un videogioco, se vogliamo, “vecchio”, che non offre nemmeno un particolare potenziale da retrogaming. Un’operazione di archeologia videoludica, in un certo senso. Dopo lo stupore iniziale, James ha riconosciuto l’esperienza come una testimonianza di qualcosa in cui già credeva: il potenziale del medium videogioco nell’unire le persone. “Prendi ad esempio i MMORPG, come World of Warcraft”, mi spiega. “La differenza più eclatante è che lì i giocatori si riuniscono in game, all’interno del gioco, mentre nel caso della Guerra Eterna tutta la partecipazione si è consumata fuori dal gioco, o intorno ad esso. Ma in realtà, se chiedi a un appassionato di MMORPG ti risponderà che per lui, il game world è un mero contesto. Ciò che conta davvero è quella ragnatela di interazioni con gli altri personaggi, come i compagni di gilda, che spesso sconfinano in rapporti di autentica amicizia, o quantomeno emergono dalla superficie del gioco per affacciarsi sulla vita reale. Questo fatto è più comune in titoli recenti, con modalità online, ma il fatto che un simile fenomeno si sia verificato anche intorno a un single-player come Civilization II mostra come la passione ci conduca sempre alla vicinanza con individui simili a noi, a dispetto del passare del tempo e dell’evoluzione tecnologica”.
E la soluzione allo stallo? Man mano che l’attività del subreddit The Eternal War diventava febbrile, tutta dedita a costruire un robusto background narrativo mentre argomentava di letteratura, cinema, storia e sociologia, il fine stesso del post originale di Lycerius perdeva importanza. La bellezza sta nel processo, più che nel suo compimento; allo stesso modo, il fascino della Guerra Eterna stava nelle sue premesse paradossali, più che nella sua soluzione—che era materia tecnica. Nondimeno, i gamer più incalliti erano impazienti di cimentarsi nell’impresa e Lycerius condivise con il gruppo il suo savegame, tutt’oggi diffusissimo tra i nostalgici di Civilization II con ulteriori modifiche per variare le condizioni di partenza. Pochi mesi di lavoro, e l’utente Stumpster annuncia di aver risolto il braccio di ferro. Lo stesso Lycerius lo saluta col giusto onore: “gloria al compagno Stumpster e al suo piano di 58 anni!” In soli 58 anni di gioco (un’inezia rispetto ai 1700 di conflitto perpetuo) è riuscito a imbastire un’offensiva militare estrema ma decisiva: ha spostato i mezzi di produzione sulle isole, sfruttato un’alleanza trentennale coi Vichinghi per accumulare la massima potenza bellica e infine sferrato un attacco aereo, fondato sull’utilizzo dei missili howitzer. Una linea d’azione a cui Lycerius, più moderato, non aveva pensato. Intanto, manco a dirlo, sul compagno Stumpster si è già generata una backstory: sarebbe un veterano che ha perso entrambe le gambe in una controffensiva vichinga durante la cinquecentosessantottesima battaglia di El Elamein, e che ora ha ereditato il comando da Lycerius.
Passa il tempo ed emergono modelli alternativi. Spyforce risolve il conflitto in soli 8 anni puntando tutto su spionaggio e corruzione, altri tentano di instaurare uno schema di equilibrio, sebbene più anarchico che pacifico, con ogni città che diventa uno stato autonomo e democratico. Eppure, nonostante l’enigma sia stato sciolto, gran parte dell’interesse continua a concentrarsi sull’originale scenario di Lycerius, definito “canonico”. Tutti vogliono sapere per quanti altri secoli durerà la guerra, e se infine il suo piano di terraformazione avrà successo. James va avanti col gioco, seppure saltuariamente, e aggiorna la message board coi suoi progressi. Ha sperimentato la brutale soluzione di Stumpster, ma continua a praticare un’interpretazione realistica del gioco. “Mi piace vincere, ma preferisco osservare lo svolgersi della storia, assistere al suo sviluppo. La possibilità di spendere un surplus fiscale guadagnato con fatica in un’unica offensiva militare è un lusso permesso dal videogioco”, mi dice. “Il mio intento resta quello di perfezionare la tecnologia e sfruttare le risorse con intelligenza”. Intanto, lo stallo prosegue tra un’esplosione nucleare e l’altra.
Il risultato è che Lycerius ha finito per incarnare quel tiranno orwelliano che tanto lo inquietava agli esordi della Guerra Eterna. Lo è divenuto per necessità, ma ora interpreta quel ruolo per scelta—e dal gusto con cui me ne parla, è evidente che si sia calato nella parte. Pur disponendo delle risorse per riedificarla, ha lasciato in macerie una sua città nuclerizzata come monito: ricordarsi di essere più aggressivo in futuro.
Da un paio d’anni il subreddit The Eternal War si è quasi del tutto spento. Lo stesso James, preso dalle esigenze della vita e dagli studi universitari che ha finalmente potuto riavviare, non ha più tempo per seguirlo regolarmente. Agli occhi del visitatore di passaggio, però, appare ancora quell’incipit che invita a scaricare il savegame dello scenario “canonico” e scendere in guerra.
“Siamo nell’anno 3991. La guerra intorno ai confini di Celtania, New Vikingland e America imperversa da 1700 anni, e ora ci troviamo in una stallo. Il mondo, tormentato da oltre venti inverni nucleri, è una distesa sterile. Non c’è più cibo per la nostra gente, non c’è più terra da coltivare, non possiamo fare altro che ingrossare le file degli eserciti. Il Supremo Comandante Lycerius ci ha guidati fin da un’era di cui nessuno ha memoria, ma il suo tempo è scaduto, e un nuovo governatore deve provare a mettere fine a questa maledetta guerra. È tempo di farsi avanti”.
Il fatto stesso che l’intero fenomeno sia nato intorno a un unico savegame, trasmesso di mano in mano, è un evento rarissimo che ha stuzzicato l’interesse di Henry Lowood e del suo team, ricercatori a Stanford. Lowood studia i videogiochi come artefatti culturali e affronta la questione col piglio dello storico. Tra cento anni la copia fisica o digitale di un videogioco non ci dirà più nulla sul suo contesto, su come veniva effettivamente giocato. Nemmeno un contributo video sarà sufficiente, ma un autentico replay del gioco, sotto forma di salvataggio, è uno dei reperti più preziosi in cui si possa incappare. Lowood ha convinto il Library Congress a includere The Eternal War nel suo progetto di preservazione di mondi virtuali, e ha aperto un fascicolo col salvataggio originale di Lycerius insieme a tutto l’apparato prodotto su Reddit.
Gran parte del materiale è costituito da fiction narrativa, racconti ambientati prima, dopo e durante la Guerra Eterna dove i suoi personaggi chiave, come Lycerius o Stumpster, diventano figure ricorrenti. Sono storie tutt’ora consultabili su reddit e le migliori sono state raccolte in un ebook. La preferita di James, mi rivela, è il ciclo The Last Historian perché intercetta la sua passione per la fantascienza. La prosa è pregevole, le intuizioni originali. L’umanità, in fuga dalla Terra sconquassata dal conflitto, si disperde verso altri sistemi solari ma finirà condannata a ripetere lo stesso errore. Lycerius è raffigurato tra i post-mortali, insieme ad Abramo Lincoln e altre figure storiche: plenipotenziari del pianeta originale, hanno ottenuto artificialmente la vita eterna prima che la situazione precipitasse e ora vagano in preda alla noia, pronti però a impugnare le redini appena fiutano l’odore della guerra.
Al termine della mia chiacchierata con James, una domanda è emersa spontaneamente. La Guerra Eterna può raccontarci qualcosa sulla natura umana? Se c’è una stringa nel codice di Civilization II che inchioda le nazioni in uno stallo mortale, esiste forse un simile gene all’interno del nostro DNA in cui sia scritto, come diceva Thomas Hobbes, “homo homini lupus”? Mi sembra opportuno citare, in chiusura, la sua risposta per intero.
“Per quanto un videogioco possa illuminarci sulla natura umana, credo che l’interesse intorno alla Guerra Eterna sottolinei una preoccupazione insita nel nostro animo. È ciò che ha catturato l’immaginazione della gente, che l’ha resa così popolare. E sì, nel gioco si riscontrano alcuni inquietanti paralleli con il mondo reale, che illustrano aspetti della natura umana forse più realistici di quanto siamo pronti ad ammettere. Alcuni sostengono che la realpolitik che soprintende agli affari internazionali sia uno stato di natura hobbesiano, coperto da una maschera sottile. Ma è importante ricordare che l’esito del mio gioco è stato determinato dalle scelte che ho compiuto nel corso degli anni: se c’è una lezione che possiamo trarre da questo, è che abbiamo la capacità di mitigare gli aspetti più oscuri della natura umana, se ci impegniamo. Lo facciamo ogni giorno, a livello individuale, nei confronti di avarizia, arroganza, presunzione. In larga parte, è ciò che significa comportarsi da adulti responsabili. Allora, come mai torniamo improvvisamente dei bambini, nei riguardi della morale, quando si tratta di relazioni internazionali? Forse è perché non ci impegniamo abbastanza. Anche se la maggior parte delle nazioni moderne sfoggia strutture legali sofisticate, fondate sui valori dell’Illuminismo, l’ossatura su cui poggiano le relazioni tra le diverse nazioni non è altrettanto trasparente. Dove sono i Locke, i Rousseau e i Jefferson del diritto internazionale? Se intendiamo mitigare quella parte della nostra natura che genera guerre e prevaricazioni, dovremmo forse considerarla come un fenomeno che prolifera in assenza di una struttura normativa che predichi soluzioni alternative per la risoluzione dei conflitti. Le organizzazioni sovranazionali sono un ottimo punto di partenza, ma istituzioni come l’ONU non sono efficaci come vorrebbero i suoi costituenti, i quali spesso possono sottrarsi agli accordi senza conseguenze significative. Mi piace pensare che un giorno saremo in grado di ideare un contratto sociale all’altezza di questi problemi, che ci permetta di applicare soluzioni non-violente preservando la sovranità e la libertà delle singole nazioni. Un passo per volta. Nel frattempo, stiamo attenti ai barbari dell’early game”.