Di cosa si è parlato questo mese

Aprile 2024: Monument Valley, Botany Manor, Fallout, Super Mario Maker e tanto altro ancora.

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If All the World and Love were Young

I videogiochi possono puntare a ottenere effetti poetici—a questo proposito, lo scorso anno è anche uscito Game Poems, un bel libro dello sviluppatore indipendente Jordan Magnuson, disponibile in open access. Cosa dire invece, della possibilità di fare riferimento ai videogiochi in un testo poetico? Una delle opere più interessanti in questo senso l’ha scritta l’autore irlandese Stephen Sexton: If All the World and Love Were Young è un lungo componimento poetico in memoria di sua madre, articolato seguendo la geografia dei mondi Super Mario World. Pubblicato per la prima volta da Penguin Random House nel 2019, è stato recentemente ristampato da Wake Forest University Press, e Phoenix Simms ha colto l’occasione per addentrarsi nelle sue pagine. (Unwinnable, 3 aprile)

Super Metroid

Non è mai una cattiva idea recuperare su Nintendo Switch qualche classico del passato, come ha fatto Ross Joseph Gardner con Super Metroid, che recentemente ha compiuto trent’anni. (Superjump, 3 aprile)

RomeVideoGameLab

Cinque videogiochi scelti da Matteo Lupetti tra quelli presentati all’ultima edizione di RomeVideoGameLab. (Artribune, 4 aprile)

Stray

L’architettura di Walled City 99, la città in cui è ambientato Stray, racconta molto del mondo di gioco, come osserva Stefano Caselli:

I bassifondi sono una baraccopoli abitata dai Compagni meno abbienti, che faticano a trovare pezzi di ricambio e per vivere rovistano tra i rifiuti; l’Infracittà è invece un luogo più agiato, con tanto di negozi e locali, mezzi di trasporto e condomini, in cui si conduce una vita relativamente agiata. La divisione fortificata tra distretto ricco e distretto povero è un altro cliché delle città distopiche che porta all’estremo reali processi di ghettizzazione e distribuzione disomogenea della ricchezza a livello urbano. Di sotto, i Compagni sono costretti a vivere in una zona sicura sempre più ristretta, che soltanto una porticina e uno scarno sistema di illuminazione separano dalla minaccia degli zurk, come da tradizione post-apocalittica. Qui, poiché non esiste un sistema di potere, come in un Fallout [in particolare terzo e quarto episodio della serie, Bethesda, 2008, 2015], la maggior parte dei luoghi della città sembra aver perso la propria funzione originaria per abbracciarne un’altra—un garage è diventato un tempio, un appartamento una biblioteca e così via. Nella città di sopra invece gli spazi (commerciali, di ritrovo, di scambio, abitativi) hanno mantenuto la loro funzione, nonché una precisa gerarchia—e questo perché l’Infraccità, all’opposto dei bassifondi, ha un sistema di potere centralizzato particolarmente rigido: è uno stato totalitario.

(Lo Specchio Scuro, 8 aprile)

Monument Valley

Questo mese Monument Valley ha compiuto dieci anni: uscito inizialmente solo per iOS nel 2014, ha vinto un DICE Award e due premi BAFTA, e arriverà presto, insieme al suo sequel, anche su Netflix. Marie Dealessandri ha ripercorso la storia del suo straordinario successo intervistando Danny Gray, chief creative officer di Ustwo. (Games Industry, 8 aprile)

Botany Manor

A proposito di rompicapi: Botany Manor era uno dei più attesi dell’anno, e Robert Yang ne ha analizzato il game design sul suo blog:

L’ispirazione principale del design è ovviamente Gone Home, con una narrazione ambientale basata sulla famiglia, omaggi ai pupazzi a forma di anatra e porte che si aprono gradualmente. Molti lo paragonerebbero anche allo stile visivo delicato e ai giardini soleggiati di The Witness. Ma quando si gioca davvero, si scopre che nessuno dei due è un paragone utile. Gone Home è incentrato sulla storia grazie al doppiaggio, alla narrazione, a enigmi semplici e a un realismo ironico. The Witness si basa su centinaia di enigmi nelle dimensioni di un gioco open world. Nessuna di queste cose rispecchia l’esperienza di gioco di Botany Manor. Ritengo che sia invece più utile accostarlo a The Case of the Golden Idol o Return of Obra Dinn. (Radiator, 11 aprile)

The New York Times Simulator

Ispirato da The Republia Times di Lucas Pope, The New York Times Simulator è il nuovo gioco di Paolo Pedercini, meglio conosciuto come Molleindustria. Luis Aguasvivas lo ha intervistato. (Gamers with Glasses, 11 aprile)

Le “frasi fatte” nei videogiochi

Se in un gioco vedete un barile colorato di rosso, sapete già che colpendolo esploderà: anche i videogiochi hanno i loro luoghi comuni. Alessandro Zampini ne ha parlato con Ugo Laviano, lead game designer di Ubisoft Milan, e con la sviluppatrice independente Fortuna Imperatore. (Il post, 12 aprile)

I motori grafici

La cover story del numero 33 (settembre 1997) di Next Generation, una delle migliori riviste videoludiche degli anni Novanta, veniva introdotta così:

Daikatana di Ion Storm userà il Quake engine. Come mai? Perché Romero (e non è il solo) pensa che la tecnologia abbia raggiunto il punto dell’irrilevanza, e che i videogiochi si trovino nella stessa situazione del cinema dopo l’avvento del colore e del sonoro. La tecnologia è il passato e il design—il design solamente—è il futuro. Il Quake engine è ottimo, quindi perché sprecare mesi di lavoro di sviluppo (che potrebbero essere dedicati al design) per realizzare un motore grafico solo marginalmente migliore rispetto a quello che può essere preso in licenza da Id?

Dave Perry di Shiny non potrebbe essere meno d’accordo? Senza avere il completo controllo di ogni pixel sullo schermo, cosa impossibile senza creare il proprio motore grafico, non si può realizzare il gioco che si vuole. È per questa ragione che ha scartato l’engine di MDK, e sta usando milioni di dollari e migliaia di ore di lavoro dei suoi sviluppatori per creare un nuovo motore grafico per Messiah.

Oggi ci troviamo forse in una situazione simile, e di fronte allo stesso dilemma? I motori grafici consentono di ottenere risultati sempre più impressionanti, tanto da venire utilizzati ormai anche al di fuori del settore videoludico, ma a dominare la scena è un numero sempre più ristretto di engine, scrive Anna Wiener:

Oggi alcuni grandi studi di videogiochi, come Activision Blizzard, che produce Call of Duty, utilizzano ancora i propri motori grafici proprietari. Ma la maggior parte si affida a Unity, Unreal e altri. Alcuni titoli a grande budget, tra cui Halo, Tomb Raider e Final Fantasy, hanno recentemente sostituito i propri engine con Unreal. «È un gioco a somma zero», mi ha detto Ben Irving, produttore esecutivo di Crystal Dynamics, che produce Tomb Raider. «Vogliamo essere un’azienda di motori grafici? O vogliamo essere una società che realizza videogiochi?».

(New Yorker, 15 aprile)

Fallout

Con l’uscita della serie televisiva su Amazon Prime, questo mese Fallout è tornato a essere un titolo di cui si parla—e a cui si gioca: le vendite sono aumentate del 7500%—tantissimo. Ci sono però importanti differenze tra i videogiochi e la serie, come spiega Lorena Rao. (Atacore, 20 aprile)

Mystery Tower

Sviluppato e pubblicato da Namco nel 1986 per il Family Computer di Nintendo, Tower of Babel è stato a lungo disponibile solo in Giappone. Lo scorso anno però è stato inserito tra i giochi NES del servizio Nintendo Switch Online con un nuovo titolo, Mystery Tower, e merita di essere recuperato, scrive Marc Normandin. (Retro XP, 22 aprile)

Super Mario Maker

Lo scorso anno, a ottobre, Nintendo aveva annunciato che l’8 aprile sarebbe terminato il supporto per Super Mario Maker su Wii U and Nintendo 3DS. Improvvisamente il Team 0%, nato con l’obiettivo di battere tutti i livelli ancora mai superati, si è ritrovato con appena sei mesi di tempo per completare la sua missione—vale a dire circa 26.000 livelli. Grazie a una chiamata alle armi, questo numero viene drasticamente ridotto in largo anticipo—a metà marzo, erano rimasti solamente due livelli da superare: “The Last Dance” and “Trimming the Herbs.” Com’è andata a finire ve lo racconta, scendendo nei dettagli, Federico Cadalanu. (Ultimo Uomo, 25 aprile)

Ludum Dare 55

Cinque puzze game scelti da Luís Díaz Peralta tra quelli realizzati durante la game jam, il cui tema era “Summoning”. (Thinky Games, 29 aprile)

Al mese prossimo!

Note

  1. Inlusio è il termine che indica l’illusione di trovarsi all’interno di un (mondo di) gioco. Sembra un nome particolarmente indicato, no? ↩︎