Il presente studio apre le porte ad un’indagine circa la sovrapposizione percettiva e psicologica di spazi che presentano una duplice natura, a metà tra il reale e il virtuale, con focus su quei testi videoludici che riproducono e replicano località o territori realmente esistenti. Obiettivo dello studio è la formulazione di una teoria che vede il videogioco come un testo capace di istruire l’utente circa la configurazione spaziale di luoghi reali sconosciuti, raccontandone la storia, la geografia e le modalità di interazione: sarà possibile dimostrare che l’esplorazione di un ambiente ricostruito digitalmente influenza la percezione del luogo reale. A tal fine, sono stati impiegati strumenti di raccolta dati anonimi, la cui analisi quantitativa e qualitativa attesta e verifica la presenza di una nuova comprensione spaziale: mediante i responsi degli utenti, concentrandosi sul territorio italiano, è possibile dimostrare la presenza di un modello teorico che propone una sovrapposizione percettiva tra reale e virtuale, il cui punto di partenza risiede nella teoria del déjà visité.
L’espressione francese indica un fenomeno psicologico di natura analoga a quello del più noto déjà vu. Quest’ultimo indica un’attività psichica temporanea, un evento che si verifica quando una persona ha la sensazione di aver già vissuto una particolare situazione o esperienza in passato, anche se in realtà non l’ha mai esperita. Similmente, Funkhouser e Schredl (2014) affermano che il déjà visité indica la “strana conoscenza di un posto nuovo” e descrive l’improvvisa e intensa consapevolezza che non è la prima volta che il corpo fisico dell’individuo sta occupando un dato spazio, pur non avendolo mai visitato. Legato alla memoria semantica, il cervello associa informazioni e sensazioni a determinati luoghi, e quando si visita uno spazio che richiama quelle associazioni, è evocata la sensazione di esservi già stati.
In altre parole, come scrive Neppe (2015), laddove il déjà vu evidenzia una sensazione di “già visto” o “già vissuto”, non legata a un evento specifico—ma ad una qualsiasi circostanza (spaziale e temporale)—il déjà visité ha a che fare con determinate relazioni geografiche e spaziali, sottolineando la sensazione di “già visitato” di un luogo specifico. Ne consegue la rilevanza del concetto di spazio. Giacomo Marramao (2013) descrive lo spazio in quanto “luogo indefinito e illimitato in cui si pensano contenute tutte le cose materiali”, le quali, in quanto hanno un’estensione, ne occupano una parte, e vi assumono una posizione. Alla descrizione dell’autore si aggiungono le parole di Maria Tolero (2005) che, analizzando l’evoluzione del concetto di spazio psicologico e individuale di Merleau-Ponty nel suo Fenomenologia della percezione (1945), afferma che esso è anche considerato come un’intuizione soggettiva elaborata mediante gli organi di senso oppure concepito come modalità secondo la quale l’individuo, nel suo comportamento sociale, rappresenta e organizza la realtà in cui vive.
Lo spazio e l’interazione con questo sono uno degli elementi alla base dell’esperienza (video)ludica: definendo il concetto di spazio videoludico, Aarseth (2007) suggerisce che i videogiochi agiscono sia come rappresentazioni dello spazio—ovvero un sistema formale di relazioni tra ambienti—sia come spazi rappresentazionali—vale a dire immagini simboliche con uno scopo principalmente estetico. A tali osservazioni si aggiungono quelle di Wolf (2002) che afferma come fattori formali, tecnici ed estetici influenzano la progettazione e la percezione dello spazio nel videogioco: la visione del mondo virtuale appartiene al singolo individuo, che determina le modalità e i significati secondo cui la narrazione videoludica è costruita e rappresentata sullo schermo. È dunque possibile affermare che lo spazio videoludico prevede una duplice definizione: diegetica ed extra-diegetica.
Nel primo caso si riscontra la presenza dei parametri formali ed estetici summenzionati, impiegati nella produzione di un ambiente digitale ispirato o meno a luoghi reali: laddove il videogioco intenda contestualizzare vicende storiche o porre una riflessione sociale sulla contemporaneità, è probabile che faccia affidamento alla ri-formulazione e riproduzione digitale di scenari urbani realmente esistenti. I videogiochi che adottano ambientazioni reali nei loro mondi virtuali offrono ai giocatori l’opportunità di immergersi in luoghi familiari affascinanti, (ri)creando una connessione diretta con il mondo reale.
Tra i casi maggiormente noti, è opportuno menzionare Grand Theft Auto V (Rockstar Games 2013)—la cui narrazione è ambientata nella città di Los Santos, una versione immaginaria di Los Angeles—e la serie Assassin’s Creed (Ubisoft 2007-2023), che impiega la riproduzione di diverse ambientazioni storiche come l’antico Egitto, la Parigi rivoluzionaria e l’epoca vichinga. I due esempi qui menzionati vantano una riproduzione digitale meticolosa degli spazi reali, che coinvolge l’architettura, la geografia, la storia e la cultura delle rispettive ambientazioni. Come sarà possibile dimostrare, la possibilità di esplorare ambienti virtuali basati su luoghi reali consente ai giocatori di scoprire spazi che desiderano visitare nella realtà: ciò contribuisce a creare un legame emotivo più forte con il videogioco e può aumentare l’immersione nel mondo virtuale. Witkowski (2017) osserva come la fedeltà nella riproduzione di ambientazioni reali aggiunga un elemento di autenticità all’esperienza di gioco: gli sviluppatori si impegnano nella riproduzione di dettagli architettonici, paesaggi e punti di riferimento iconici, garantendo che il mondo virtuale sia credibile e realistico.
All’interno del loro studio che vede il videogioco come un prodotto di consumo culturale, Borowiecki e Prieto-Rodriguez (2014) scrivono che la riproduzione di ambientazioni reali in mondi virtuali può fungere da strumento educativo e promuovere la scoperta culturale: in questi, i giocatori possono imparare aspetti della storia, dell’arte e delle tradizioni culturali di un luogo mediante l’interazione con l’ambiente virtuale, stimolando la curiosità e spingendo gli utenti a esplorarne ulteriormente la cultura reale. Le città ed i territori italiani sono stati rappresentati molteplici volte all’interno di narrazioni videoludiche: il presente studio ha scelto di considerare lo scenario italiano come spazio di indagine e di analisi, dimostrando la presenza di una forma di déjà visité videoludico.
Considerate le definizioni di spazio videoludico e i singoli elementi che contribuiscono alla sua produzione, al fine di dimostrare la presenza di una nuova percezione spaziale è necessario entrare in contatto con i fruitori di questa tipologia di ambiente virtuale: i videogiocatori. Questi si raccolgono in comunità online presidiate da piattaforme digitali dedicate: una di queste è Reddit, piattaforma social media basata su forum online, dove gli utenti condividono, discutono e votano contenuti.
Nel contesto videoludico sono numerosi i subreddit che raccolgono giocatori provenienti da tutto il mondo intorno a determinati temi o prodotti; a questi si affiancano quei subreddit dedicati alle comunità digitali di videogiocatori di una data nazione o città. Carvalho, Bertozzi e Correa (2019) osservano che una prospettiva nazionale sia inscindibile da processi internazionali di circolazione di tecnologie, culture e media; le città ed i territori italiani sono stati rappresentati molteplici volte all’interno di narrazioni videoludiche: ne consegue che la ricerca ha scelto di considerare lo scenario italiano come spazio di indagine e di analisi. L’indagine esplorativa eseguita a mezzo di questionario anonimo è stata eseguita all’interno del subreddit r/italygames, la più grande community online di videogiocatori italiani: fondata nel gennaio 2017, vede la presenza quasi quotidiana di circa 55.000 utenti unici, impegnati in attività di dialogo circa contesti e temi strettamente connessi al videoludico.
Il questionario, rilasciato durante l’inverno 2023 per un arco di tre mesi complessivi tra gennaio e marzo, è stato compilato da un totale di 1890 partecipanti; formulato mediante un approccio misto, è stato composto da circa trenta domande—sia a risposta aperta che a scelta multipla—per fornire un’ampia gamma di informazioni e punti di vista e per ottenere una comprensione più approfondita delle risposte dei partecipanti—la durata di tre mesi è stata valutata come adeguata per consentire il raggiungimento di un numero significativo di partecipanti e garantire una rappresentatività dei dati raccolti nel contesto di studio.
Laddove le domande a scelta multipla hanno fornito un quadro più strutturato delle risposte, consentendo di analizzare e confrontare le opinioni in modo più diretto e sistematico, le domande a risposta aperta hanno permesso ai partecipanti di esprimere liberamente le proprie opinioni e fornire informazioni dettagliate sulle loro esperienze o prospettive, ottenendo dati qualitativi che possono essere utili per approfondire specifiche tematiche o per scoprire aspetti non previsti. Inoltre, l’elevato numero di partecipanti ha contribuito a garantire una buona rappresentatività dei dati raccolti: tale diversità di prospettive fornisce un quadro più completo e accurato delle opinioni e degli atteggiamenti rispetto all’argomento indagato.
Di fatto, quando interrogati sul rapporto tra esperienza di esplorazione videoludica di un mondo virtuale ispirato a luoghi reali, la maggior parte dei partecipanti ha affermato di essere influenzati da una forma di déjà visité videoludico, per cui “quando visito un luogo reale sconosciuto ma che ho esplorato in un videogioco mi sembra di conoscerlo già” e che “mi muoverei facilmente nello spazio reale ricordando l’esperienza videoludica se visitassi uno di questi luoghi”. Lo studio esplorativo ha dunque confermato le ipotesi di ricerca e grazie ai responsi degli utenti è stato possibile formulare una teoria dedicata. Di fatto, i rispondenti affermano che Assassin’s Creed II (Ubisoft 2009)—i cui ambienti di gioco sono ispirati alle città di Firenze, Roma e Venezia—sia il videogioco che meglio evidenzia la sovrapposizione percettiva tra luoghi virtuali e reali, evidenziandone la correlazione esplorativa tra (video)gioco e realtà.
In tal senso, Assassin’s Creed II può essere definito secondo quattro parametri ludico-narrativi: esplorazione, ambientazione, storia e Animus. Il punto di forza del gioco è la furtività sociale: è possibile esplorare liberamente il mondo virtuale mimetizzandosi tra la folla, consentendo di raggiungere l’obiettivo di missione. Il mondo di gioco comprende diverse città italiane, tra cui Firenze, Venezia, Monteriggioni e Forlì, tutte accuratamente ricostruite per adattarsi all’ambientazione storica del gioco, che fa riferimento alla storia reale ed effettiva di quei luoghi in epoca rinascimentale, integrando gli ambienti urbani con la presenza di personaggi storici—spiccano Leonardo Da Vinci e la famiglia Medici. Infine, è necessario menzionare l’escamotage narrativo del gioco: l’Animus. Trattasi di una macchina per la realtà virtuale che consente all’utente di leggere la memoria genetica di un soggetto e di proiettare l’output su uno schermo esterno in tre dimensioni, avviando un meta-discorso sul medium videoludico.
Per tali motivi, la teoria sperimentale qui proposta prende il nome di effetto animus, dimostrando come l’elemento esplorativo videoludico influenzi la percezione sia dello spazio virtuale che dello spazio reale. In altre parole, comprova che esplorare un dato spazio virtuale (ispirato a luoghi reali) influenza la percezione che si ha di quei luoghi, portando il giocatore a “ricordare un luogo in cui non è mai stato”. Lo studio quantitativo e qualitativo dei risultati ottenuti, dimostra dunque la presenza di uno schema percettivo, il cui punto di partenza è l’esperienza videoludica e il punto di arrivo gli effetti che questa ha sulla realtà geografica, storica e psicologica dei luoghi e degli spazi che circondano l’essere umano. Il presente studio rappresenta il primo tentativo analitico di indagare un argomento complesso e in costante evoluzione, soggetto a scelte artistiche, esperienziali e percettive individuali. Ulteriori analisi prevedono l’applicazione dell’effetto animus in contesti internazionali, al fine di identificare spazi digitali che corrispondano a luoghi reali in cui l’esplorazione fisica si allinei con quella virtuale.
In tal caso, sarebbe possibile definire il medium videoludico, nell’ambito analizzato, come generatore di “non luoghi” o spazi liminali. Si auspica che tali approfondimenti consentano una comprensione più approfondita dei processi percettivi e dell’interazione tra spazi virtuali e reali nel contesto videoludico. Ciò potrebbe contribuire alla riflessione sulla natura stessa della percezione spaziale e alla sua influenza sulle esperienze umane: è importante sottolineare che questa ricerca si colloca all’avanguardia di uno studio interdisciplinare, unendo elementi della geografia, della storia contemporanea, della psicologia e dei game studies per fornire un quadro più completo delle dinamiche coinvolte nell’interazione tra spazio reale e spazio virtuale. In conclusione, il presente studio si propone di fornire un base analitica solida per la prima definizione dell’effetto animus, dimostrando il suo impatto sulla percezione spaziale. L’approccio quantitativo e qualitativo adottato contribuisce alla comprensione della complessità di questa interazione, aprendo la strada a ulteriori indagini e applicazioni in ambiti internazionali.