Mentre mi parla, Kylerob lascia dondolare la lenza nelle acque dell’Emerald, un lago ombroso in un angolo sperduto dello Stato di New York. “L’orario migliore per catturare sandre americane è tra le 9 e le 12, a meno che non piova. Se piove, i pesci restano in superficie più a lungo, ma diventa più difficile farli abboccare. Devi avere pazienza”. Il sole tramonta e gli altri pescatori scompaiono su uno sfondo sempre più scuro. Mi chiedo quali pensieri affollino la testa di queste malinconiche figure di mezza età e se la contemplazione non abbia sostituito la pesca come attività principale di questo momento. In Fishing Planet, una simulazione di pesca online, capita spesso di fare amicizia in chat con utenti connessi al tuo stesso lago virtuale. Ho conosciuto Kylerob durante le mie prime ore di gameplay e da allora ha deciso di svelarmi ogni segreto del gioco. Ora viviamo in una specie di romanzo di Hemingway in cui lui interpreta il maestro e io l’allievo, nonostante Kylerob nella vita reale non l’abbia mai visto e da quanto ne so potrebbe essere un bambino cinese di 7 anni.
Fishing Planet è una simulazione di pesca realistica: riproduce accuratamente una giornata passata a destreggiarsi tra esche, galleggianti e fili di nylon. Vale anche per gli aspetti più spigolosi, ad esempio i tempi morti tra un abboccamento e l’altro o il comportamento della fauna lacustre, che dipende da temperatura dell’acqua, tipo di equipaggiamento e altre variabili non proprio intuitive. L’altra grande categoria di videogiochi di pesca è rappresentata dalle simulazioni arcade. Quest’ultime hanno ritmi più sostenuti, impossibili da sperimentare dal vivo. Il tipo di attrezzatura e l’analisi delle condizioni atmosferiche non sono importanti quanto la rapidità con cui si portano i pesci all’asciutto. Il minigioco in cui il player prova a catturare la preda evitando che il filo si spezzi è il momento centrale del gameplay. Tali caratteristiche rendono le simulazioni arcade più adatte a un pubblico di non appassionati, mentre chi fa il pescatore anche nella vita vera si rifugia più facilmente nelle simulazioni realistiche, in cui può mettere alla prova la propria esperienza e acquistare, pur virtualmente, gli accessori dei brand che desidera di più. Uno dei primi videogiochi di pesca mai creati è una simulazione arcade.
Nel 1980, fu pubblicato Fishing Derby per Atari 2600, tra le poche storie di successo legate al mondo della pesca su console. Realizzato da una neonata Activision, in “Fishing Derby” il giocatore deve scegliere se puntare alla quantità delle piccole prede in superficie o alla stazza di quelle più profonde. Negli anni Ottanta e Novanta l’approccio arcade convive con elementi realistici in The Black Bass (1986, mai rilasciato in Occidente), The Black Bass II (1989, pubblicato in Occidente con il nome di The Black Bass) e The Blue Marlin (1991), che sostituisce la fauna di acqua dolce con quella di acqua salata. La serie di Black Bass attraversa la storia del videogioco, con uscite rimaste perlopiù oscure, l’ultima delle quali del 2011 per Nintendo 3DS (Super Black Bass 3D).
Un punto di svolta delle simulazioni arcade fu Sega Bass Fishing (conosciuto anche come Get Bass, 1997). Ha scritto un giornalista di GameSpot nella recensione dedicata a una delle tante versioni per console: “Non ci sarà bisogno di sedere in barca per ore aspettando un abboccamento. Piuttosto, vi capiterà di catturare un pesce dopo l’altro, mentre cercate di tenere sotto controllo la direzione, la tensione della lenza e l’altezza della canna tutto in una volta”. Sega Bass Fishing non è un capolavoro, nonostante abbia rappresentato un riferimento per i successivi Action Bass, Fisherman’s Bait: A Bass Challenge di Konami, Sega Marine Fishing, Sega Bass Fishing 2. Su GameRankings, un aggregatore di recensioni, il voto dei porting oscilla tra il 76 della versione Dreamcast al 50 dell’edizione PS3. Le tiepide valutazioni tengono conto della ripetitività del titolo Sega sul lungo termine: è la conseguenza negativa di un gameplay immediato e accessibile a tutti.
Esperienze più complesse e immersive rimasero relegate a una nicchia di volenterosi. Fanno eccezione Trophy Bass (1995) e Trophy Bass 2 (1996), che insieme vendettero oltre 500mila copie entro il novembre 1997. Sono giochi ben realizzati (almeno per gli standard della pesca su computer) e dedicati ai fanatici di mulinelli e ami. L’autore di una recensione su GameSpot ha sconsigliato Trophy Bass agli utenti con poca pazienza: “Come la pesca vera, dovrai passare molto tempo a sperimentare nuove esche, lanci e a esplorare location sconosciute”. Il successo commerciale dei primi Trophy Bass diede vita a una serie quasi interamente destinata al PC gaming. Altro esempio di simulazione realistica degli anni Novanta diventata un franchise di riferimento con i capitoli successivi è Reel Fishing (1998). Il lavoro di Natsume adottò un approccio sui generis alla grafica, sovrapponendo uno sfondo pre-renderizzato, in pratica un filmato, ad animazioni in tempo reale.
Negli anni Duemila l’entusiasmo per le simulazioni ittiche sembrò scemare. Forse gettare l’amo in un lago è ancor meno sexy quando l’asticella dell’intrattenimento è fissata da Halo o Uncharted, sta di fatto che alcuni scivoloni tecnologici peggiorarono una decadenza in atto. Rapala Tournament Fishing, Cocoto Fishing Master, Fishing Master, sono alcuni dei titoli, usciti per Wii, che non sono stati capaci di tarare correttamente i sensori del Wii Remote sui movimenti del giocatore, in modo che quest’ultimo potesse utilizzare il telecomando a mo’ di canna roteando il Nunchuck come per riavvolgere una lenza invisibile. In una recensione di Hooked! Real Motion Fishing apparsa su IGN si legge: “Non importa quanto (poco) i team di sviluppatori ci provino, o quanti (pochi) soldi siano investiti in un prodotto, i videogiochi di pesca semplicemente non funzionano su Wii (…) Nintendo ha realizzato un semplicistico mini gioco in Zelda che molto probabilmente è la migliore esperienza per chi vuole lanciare un’esca su Wii”.
Capita spesso che utenti e giornalisti preferiscano i mini giochi alle opere interamente destinate alla simulazione della pesca sportiva. È possibile fermarsi in riva al lago, tentando di accalappiare un pasto, in Minecraft, Final Fantasy, World of Warcraft, Far Cry. A metà tra mini gioco e simulazione c’è la serie di River King, in cui le attività legate alla cattura della fauna ittica rappresentano una parte di quello che, per il resto, è un RPG. Mi chiedo se il successo della serie di River King e classifiche come quella in cui PC Gamer mette sullo stesso piano mini giochi e simulazioni di pesca non rappresentino l’ammissione di un fallimento, ovvero la dimostrazione che è impossibile realizzare un videogioco, un bel videogioco, destinato interamente alla pesca. La ragione potrebbe risiedere nella natura stessa di questa attività. Bere birra, cazzeggiare in barca con gli amici o, se siete persone sensibili, osservare il panorama ammutoliti sono una parte non trascurabile di un’uscita al lago. Come integrare tutto questo in una simulazione?
Il centro di un’esperienza videoludica può essere la contemplazione. Non è indispensabile che la grafica, come spesso si dice, “sembri vera”. A volte, la maggior parte della volte, l’estetica di un videogioco si dimostra appagante perché è una sintesi (non un’imitazione) della vita, come i quadri di Van Gogh e i campi di grano. Ascoltate la musica da centro commerciale degli anni Novanta dei menu di Reel Fishing e concentratevi sul filmato pre-renderizzato di uno sfondo naturale. È il goffo tentativo di una tecnologia datata di imitare la natura incontaminata. Per chi è cresciuto con una PlayStation, è anche un’esperienza nostalgica: possiamo inserire nella console il CD di Reel Fishing e ogni volta quel tipo di estetica, che ha segnato la nostra infanzia, ritornerà come una delle poche cose che non sono cambiate nel tempo. Riuscite a pensare a qualcosa di più vaporwave?
Alcuni dei simulatori ittici più moderni (tra quelli usciti di recente: Fishing Planet, Euro Fishing, Fishing Sim World, Atom Fishing II) hanno inserito la possibilità di interagire in chat con gli altri giocatori. Contro l’assenza di compagni di avventura reali, i messaggi scritti sono una magra consolazione. Forse dobbiamo arrenderci all’idea che, a differenza di sport o attività come l’hockey, il beach volley, le carte, un gameplay adatto alla pesca sia irrealizzabile. Nel tempo gli sviluppatori hanno sperimentato formule arcade e realistiche, entrambe, come abbiamo visto, segnate da evidenti limiti. Il genere è sopravvissuto nonostante la furia degli elementi (team di sviluppatori risicati, investimenti ridicoli, pessime recensioni), evolvendosi senza praticamente nessun capolavoro: anche le opere di riferimento hanno ricevuto una timida accoglienza, seguita dalle valutazioni, ben peggiori, dei titoli che quell’eredità hanno deciso di raccoglierla. E allora? Cosa dobbiamo aspettarci da un videogioco di pesca?
Se l’offerta attuale è caratterizzata da prodotti che cercano un equilibrio perfetto tra elementi RPG, action, sparatutto, che vogliono essere tutto per non scontentare nessuno, allora il valore aggiunto delle simulazioni ittiche è in una meravigliosa disarmonia. Di queste imperfezioni ci si può innamorare: la contemplazione di un panorama, la disciplina mentale necessaria ad aspettare che una preda abbocchi, il processo tedioso ma gratificante di collezionare un’attrezzatura adeguata possono essere ragioni valide per una gita virtuale al lago. Magari si può trovare in quelle stesse mancanze una motivazione in più per alzarsi all’alba, spalmarsi un dito di crema anti insetti sulla faccia e noleggiare una barca insieme ad alcuni amici, anche solo per starsene ore al freddo, pescare quintali di alghe e rimpiangere di non essere rimasti sul divano con una pizza e Fishing Planet.