Esistono due Hideo Kojima. Un Kojima riempie ogni gioco della serie Metal Gear Solid con coscienziose e alle volte eccessivamente prolisse tematiche sul disarmo nucleare, sulla moralità degli esperimenti genetici, la natura della guerra, la differenza tra patriottismo e terrorismo. L’altro Kojima ti permette di chiamare Rose in Metal Gear Solid 4 e agitare il tuo controller SIXAXIS per farle saltellare le tette.
Un Kojima è interessato alle ereditarietà genetiche e memetiche e ha predetto l’ascesa dei social media e del sovraccarico di informazioni anni prima dell’avvento di Twitter. L’altro Kojima ha partecipato al design del personaggio di un cecchino dal seno così grande e in bella vista che ha causato polemiche prima ancora che il gioco in cui lei sarebbe apparsa avesse una data di uscita.
Uno esplora la natura del controllo e dell’identità attraverso l’inclinazione naturale dei videogiocatori al gioco di ruolo e all’immedesimazione. L’altro ha pensato che fosse divertente includere in un Metal Gear una scimmia superintelligente con una dipendenza dalla Coca-Cola.
Yin/Yang. Solid/Liquid. Postmodernismo/rutti di scimmia.
E però questo dualismo può essere trovato in un luogo ancora più semplice: nella mente del videogiocatore. In ogni videogioco il giocatore è un agente del caos. A una certa può indugiare sulla decisione di resistere o meno ad una tortura, lasciando così morire un personaggio secondario. In un altro momento può perdere tempo correndo in giro per un’ora. In un altro ancora può guardare un fondoschiena fatto di poligoni. Il giocatore è un flusso di un milione di cose e cambia continuamente durante il corso di ogni videogioco.
Snake, come molti altri protagonisti nei videogiochi, è in una posizione ambigua. Il gioco continua a ricordarci che è un soldato incredibile: un esperto, brillante guerriero temuto dai suoi nemici e idolatrato dai suoi alleati. Il giocatore, dall’altra parte, è facilmente confuso, annoiato, e contento di far passare Snake su una trappola solo per vedere cosa succede. Noi fan di Metal Gear Solid amiamo ridere della propensione di Snake a ripetere cose che gli vengono dette sotto forma di domanda, anche se lui lo fa solo per il nostro bene. Ogni stupita menzione di “Nanomacchine?” o “Progetto segreto?” serviva certo solo per coadiuvare il viaggio del personaggio in una trama complessa che sarebbe solo diventata più intricata col tempo.
Eppure Snake non è solo un segnaposto per il giocatore, e Metal Gear Solid non è solo un tipico strumento videoludico di identificazione e soddisfazione. Certo, ogni singolo personaggio durante la partita commenta la grande abilità di Snake come soldato (persino quelli che vogliono ucciderti), ma, mentre il gioco va avanti, si impegna sempre con maggiore forza nel separare il Giocatore da Snake il personaggio.
Snake inizia a divergere dal giocatore poco dopo la scena della tortura via elettrocuzione eseguita da Revolver Ocelot, un altro membro del gruppo terroristico FOXHOUND che—sorpresa!—è molto bravo coi revolver. Dopo il primo round di torture, Snake rivela un’informazione scioccante: Big Boss, il suo ex mentore e l’uomo che lui stesso ha ucciso nel precedente Metal Gear, è suo padre! Snake e il gioco provano a farci passare questa rivelazione come poco meno della retcon [un espediente narrativo che rettifica o da nuove informazioni su un evento avvenuto in passato nella storia, n.d.t.] che è. (Big Boss non dice nulla su una qualsiasi vicinanza familiare con Snake quando si incontrano nel finale di Metal Gear 2: Solid Snake, e Kojima ha ammesso in seguito che si è inventato il tema del figlio clone per alzare il tiro narrativo in Metal Gear Solid.) Ma, per la prima volta in tutto il videogioco, Snake rivela qualcosa di cui lui è a conoscenza che noi non sapevamo.
Più volte poi il titolo approccia il problema della libertà d’azione del giocatore con un’inconsistenza che sfiora la casualità. Più o meno a metà di Metal Gear Solid, Snake decide di sparare in testa a Sniper Wolf ferita a terra in una cutscene senza darci nemmeno l’illusione di una possibilità di scelta (come anche nel finale di MGS3, quando il giocatore è praticamente costretto a premere un singolo bottone per uccidere il cattivo finale e andare avanti). Poche ore prima, comunque, al giocatore era stata data la scelta di decidere se lasciare morire Meryl.
Questo è decisamente inconsistente. Certo, Snake è un vero duro che mostra la sua pietà solo sparando in testa alle persone, ma tu decidi ad un certo punto se lui ha la tolleranza al dolore di un bimbetto. Riuscirà comunque a salvare il mondo anche se Meryl muore, ma puoi decidere tu, giocatore, quanto lui valuti importante Meryl. (Questo prima dei sequel, comunque—Kojima ha deciso che la storia canonica è quella in cui Meryl sopravvive1.)
Certo la maggior parte dei giochi d’azione in terza persona sono pieni di questo genere di incongruenze col proprio avatar. Quando gioco a Uncharted e spezzo brutalmente l’osso del collo di qualcuno, non riesco a non sentirmi a disagio nel momento in cui Nathan Drake ride sguaiatamente e fa una battuta sul rumore che fa. Quando gioco a God of War, è normale che io trovi la brutalità di Kratos distante e tremenda anche se la protraggo con le mie stesse azioni. I game designer e gli scrittori sono più che felici di usare la prospettiva in terza persona così che tu possa avere la tua torta alla libertà d’azione e mangiarla: alle volte i videogiocatori sono sé stessi, altre sono semplicemente personaggi già scritti.
Ma Metal Gear Solid è estremamente interessato nel sottolineare questa spaccatura piuttosto che nel nasconderla come fanno gli altri giochi2. Nel climax del videogioco, la vecchia nemesi di Snake Gray Fox sacrifica la sua vita cosicché Snake possa avere la possibilità di distruggere il Metal Gear REX, un’enorme arma nucleare semovente a forma di robottone che ruggisce come un dinosauro3. Fox, esponendosi agli attacchi del Metal Gear, si fa mettere in trappola così che il REX possa concentrarsi su di lui.
“Ora,” urla. “Spara con lo Stinger!”
Fox si sacrifica volontariamente per dare una chance a Snake—sarebbe stupido non sfruttarla, anche se sparare il missile ucciderebbe anche Fox.
Ma.
“No,” dice Snake mentre tu schiacci ripetutamente il quadrato. “Non posso farlo!”
Non importa quante volte tu prema il tasto per fare fuoco durante il non skippabile discorso di commiato di un minuto di Gray Fox, Snake risponderà sempre nello stesso modo: “No, non posso farlo4.” Mi dispiace, giocatore: tu potresti voler sacrificare Fox per salvare il mondo, ma Snake no. In caso te lo fossi dimenticato, questa non è la tua storia—puoi avere anche determinato la resistenza alla tortura di Snake, ma non puoi decidere quanto gliene freghi di Gray Fox.
Solitamente questo genere di intromissioni nella libertà del giocatore esistono perché chi scrive i videogiochi vuole che i personaggi eseguano azioni che il giocatore potrebbe non fare di sua volontà. Se il game designer ha deciso che il personaggio principale debba scatenare l’inferno in modi specifici che il giocatore non può effettivamente perseguire in-game, mostrerà il personaggio che scatena l’inferno in una cutscene. Se lo scrittore vuole che il giocatore faccia qualcosa di moralmente ambiguo o di terribile per mandare avanti la trama, ma è preoccupato che il giocatore non possa o non voglia farlo, il game designer scavalcherà la libertà del giocatore e lo forzerà ad agire in corrispondenza con la sceneggiatura5. Il rifiuto di Snake di uccidere Gray Fox non rientra in nessuna di queste due categorie. Tu vuoi uccidere Gray Fox—beh, forse devi farlo, a seconda di quanta vita ti è rimasta in questo momento dello scontro col Metal Gear—e Snake invece saldamente rifiuta di fare quell’unica cosa che sarebbe la più intelligente, la più drammaticamente appropriata, e anche la più cazzuta.
Negando il desiderio del giocatore e non uccidendo Gray Fox, Snake si mostra come un personaggio molto più sfumato, empatico, e sensibile dell’idea iniziale di eroe senza macchia e senza paura che il gioco ci aveva fatto credere. Il monologo sull’ “amore in battaglia” aveva già provato a convincerci di queste sfumature senza riuscirci troppo, ma il rifiuto di uccidere Gray Fox da parte di Snake ce le mostra nella maniera più da rottura-della-quarta-parete possibile.
Mentre in molti videogiochi i protagonisti diventano più brutali e “eroici” con il passare del tempo6, Snake con gli anni acquisisce più sfumature che mettono in dubbio la sua attitudine da eroe brizzolato.
Nella sezione di Metal Gear Solid 2 in cui lo si comanda, Snake è al massimo del suo burberismo apatico. Ma, non appena la trama inizia a srotolare i suoi intricati fili tematici e la sua struttura, le cose si fanno più interessanti. Alla fine di MGS2 Raiden tira lontano le piastrine di identificazione su cui era scritto il suo nome (dato dal giocatore)7. Questo finale rende chiaro come il punto focale di MGS2 fosse proprio il pericolo dell’idolatria degli eroi. Raiden e il giocatore sono stati infatti precedentemente risucchiati in quella che si rivelerà l’opera dei cattivi, il tutto anche grazie al desiderio di essere fichi e forti come Solid Snake. La decisione di Kojima di far credere ai giocatori che avrebbero interpretato Solid Snake durante tutto il gioco solo per ingannarli e scambiare il personaggio principale con un pivello dall’aria androgina è simbolo di questo punto focale8. Lo so che vuoi essere Snake, ci dice Kojima, ma non è così che devi vivere la tua vita.
Metal Gear Solid 4 decostruisce ulteriormente l’immagine di Snake-eroe. Tutto il gioco sembra creato per far compiangere al giocatore il destino del decrepito Old Snake. Se resti accovacciato per troppo tempo Old Snake si lamenterà del mal di schiena. Quando incontra Meryl lei gli dice che è un fatiscente pezzo di merda e che non riesce a credere di aver provato qualcosa per lui in passato. Praticamente ogni singolo evento nella trama serve a rendere Old Snake triste, confuso, o a togliergli speranza. Solo un momento sembra ridare vita al povero Snake: quando, parlando con la formosa Naomi, finge che gli cada una sigaretta solo per raccoglierla e guardarle sotto la gonna9.
Se MGS1 fosse l’unico Metal Gear Solid esistente sarebbe facile pensare a Snake come un altro eroe militare generico. Invece le decostruzioni di Metal Gear Solid 2 e 4 ci vogliono mostrare che sotto la scorza c’è altro. Metal Gear Solid 3 semplicemente elimina dall’equazione Solid Snake e ci fa giocare nei panni della sua arcinemesi, Big Boss. Prova e riesce ad umanizzare Big Boss, rendendolo alla fine della fiera pure più piacevole di Solid Snake. Quando è uscito Metal Gear Solid 4 in pratica il ruolo di Snake come eroe del franchise è completamente sminuito.
Vista questa evoluzione del personaggio di Snake durante la saga, possiamo credere che Kojima abbia realizzato solo dopo l’uscita di MGS1 che tirar su una generazione di ragazzetti impressionabili con come idolo uno che nel 75% dei casi era uno stronzo misogino non fosse la mossa migliore.
O forse si è accorto che un protagonista più sfumato può essere più interessante rispetto ad un altro macho-man nel roster degli eroi dei videogiochi. Oppure ha creato Snake per essere un analogo della sua audience, con il personaggio che è cresciuto insieme all’audience, mostrandoci come in realtà rispetti l’intelligenza della sua fanbase.
Poi certo, a una certa probabilmente ha pensato “guarda zi’ puoi far ballare le tette della tipa agitando il controller lol.”
Quindi immagino che siamo pari.
In fin dei conti.
Note
- Ash: “Vaffanculo alle tue scelte!” Kojima inforca gli occhiali, vola con un jetpack verso il tramonto. ↩︎
- Anthony: Ad esempio, i pedoni di Grand Theft Auto IV non muoiono mai. Sparargli molte volte o passargli sopra con la macchina li trasformerà in feriti che sembrano davvero molto morti finché un’ambulanza non arriverà e li curerà. Presumibilmente questo sistema è stato implementato per ridurre la dissonanza tra la storia di redenzione di Niko Bellic e l’amore per il massacro del giocatore. ↩︎
- Ash: Kojima! ↩︎
- Anthony: Il che, se schiacci il quadrato così tante volte come facevo io, si traduceva in un loop rapidissimo di quelle quattro parole. ↩︎
- Anthony: Se questo genere di design narrativo è ben eseguito, ottieni lo scontro climax con Andrew Ryan di Bioshock. Se fatto male, ottieni la missione “No Russian” di Modern Warfare 2. ↩︎
- Anthony: In Splinter Cell: Blacklist, Sam Fisher aveva terminato la sua trasformazione da sarcastica spalla del governo a torturatore a-la Jack Bauer. ↩︎
- Anthony: Nella mia storia le piastrine di Raiden avevano il nome “Buttfart McMahon” inciso. ↩︎
- Anthony: Ultimamente è diventato fico far finta che MGS2 sia un capolavoro incompreso per via della sua complessità tematica, le sue stranezze narrative e anche per il rifiuto di dare al videogiocatore ciò che vuole. NO. Per quanto meta possa essere, il gioco fa schifo tuttora. ↩︎
- Anthony: Kojima! ↩︎