Charles Cecil è un narratore nato. Se questo non risultasse abbastanza chiaro dai suoi giochi—avventure grafiche come Broken Sword, Lure of the Temptress e Beneath a Steel Sky—lo diventa certamente sentendolo raccontare i suoi 30 e passa anni trascorsi nell’industria videoludica. Nel corso di due interviste escono fuori storie di incontri con avvocati poco raccomandabili, di un furto che avrebbe potuto cambiare la storia dei videogiochi, e di come il suo amato studio Revolution è stato salvato sull’orlo del precipizio dall’eroe che non ti aspetti: il colosso della tecnologia americano Apple. Come tutte le buone storie, però, anche questa inizia da umili origini. Il primo incontro di Cecil con l’informatica avvenne a scuola, quando un’orgogliosa insegnante di matematica mostrò ai suoi studenti questa nuova tecnologia. Da qui Cecil segue un percorso inusuale, studiando ingegneria all’università e assicurandosi un posto in un’azienda automobilistica come Ford. Qui impara il linguaggio BASIC, ma soprattutto incontra Richard Turner, giusto sul punto di fondare la sua azienda informatica Arctic Computing.
Turner convince Cecil a iniziare lo sviluppo di videogiochi per la sua azienda, e da questa collaborazione nascono giochi con titoli strani come Adventure B: Inca Curse—che, ammette ora Cecil, si ispirava un po’ troppo liberamente a successi come il primo Indy, I predatori dell’arca perduta—e Adventure C: Ship of Doom. Cecil continua a lavorare con Arctic per alcuni anni, ma alla fine l’azienda si trova in una situazione pericolosa. Non solo vede publisher come US Gold e Ocean iniziare a immettere sul mercato produzioni concorrenti, ma si ritrova con diversi personaggi sospetti all’interno del proprio organico. «Eravamo piuttosto ingenui», spiega Cecil. «Eravamo in 19 o 20. Il nostro avvocato finì in carcere, ed era il più onesto del lotto. Il nostro commercialista, ricordo, si prendeva molte libertà. Arrivava e diceva “Quante tasse volete pagare? Nessuna? OK”, poi tornava e avevamo pagato zero tasse. Avevamo intorno un pessimo gruppo di persone».
Dopo la fine di Arctic, Cecil andò avanti fondando una nuova azienda, Paragon Programming, e lavorando a giochi per la US Gold, finché non giunse l’opportunità di mollare tutto e di unirsi al publisher, diventando capo dello sviluppo. «Non vedevo l’ora di diventare capo dello sviluppo», racconta Cecil. «Poi mi presentai ed eravamo in tre. Il punto è che all’epoca si aveva quasi disprezzo per il pubblico. Si pensava che l’importante fossero il marketing e le licenze. La gente che contava lavorava in quei settori». Fa un esempio: prima della chiusura di Arctic, Geoff Brown di US Gold si rivolse all’azienda per acquisire la licenza del gioco Word Cup Football, perché il publisher si era appena assicurato i diritti per il mondiale messicano del 1986. Il piano era pubblicare World Cup Football con un altro nome, sfruttando la licenza e promuovendolo come un gioco nuovo, senza mostrarlo a nessuno fino all’uscita. «Non ero a mio agio con questa operazione», spiega Cecil, «ma avevamo difficoltà finanziarie. Perciò mi rincresce dire che abbiamo preso i soldi. Era lavoro, ma non era la cosa giusta da fare. Poi il gioco uscì, la gente si rese conto che era lo stesso titolo di Arctic, e ci furono reazioni negative. Il packaging però era bellissimo, e quello fu l’unico contributo di US Gold».
Per alcuni anni Cecil continuò a lavorare per publisher come US Gold e Activision, poi Sean Brennan di Mirrorsoft riuscì a farlo tornare a sviluppare videogiochi, offrendogli la possibilità di vedere pubblicate le sue idee. Insieme a Tony Warriner, David Sykes, e in seguito Noirin Carmody, Cecil fondò Revolution Software e iniziò a lavorare su qualche progetto da presentare. In questa fase avviene un fatto che avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Arriva il giorno della presentazione a Mirrorsoft, e la macchina usata per trasportare il nuovo computer 386 dell’azienda viene aperta. Fortuna vuole che il ladro scelga di non rubare quell’ingombrante pezzo di hardware, optando invece per l’autoradio. Avesse deciso diversamente, Revolution secondo Cecil avrebbe subito chiuso.
Il gioco presentato in quell’occasione fu Lure of the Temptress, un’avventura punta e clicca che venne alla fine pubblicata per DOS nel 1992. Era stata concepita come una risposta alle produzioni adulte e seriose del loro principale competitor americano, Sierra-On-Line, che all’epoca pubblicava titoli come Gabriel Knight e King’s Quest V. «Le loro storie erano solenni e piacevano al pubblico americano più maturo, che aveva queste fantasie sulla Gran Brategna», afferma Cecil. «Credo che il pubblico giovane fosse più interessato alla comicità e al divertimento. Sia noi che LucasArts ci rivolgevamo a un pubblico giovane». A Lure of the Temptress seguì pochi anni dopo l’avventura distopica Beneath a Steel Sky, che uscì sempre per DOS nel 1994. Nonostante il successo di entrambi i titoli, sarebbe stato il gioco successivo a consegnare Revolution alla storia.
Pubblicato nel 1996, Broken Sword: The Shadow of the Templars era un’avventura che univa enigmi impegnativi, una trama in cui si girava il mondo, e una misteriosa cospirazione. Da notare il fatto che, a differenza dei giochi precedenti, uscì anche per PlayStation, pubblicato da Sony Computer Entertainment, perché Virgin, il publisher originale di Broken Sword, non credeva che un gioco 2D potesse vendere su console. Quest’operazione permise a Broken Sword di raggiungere un pubblico del tutto nuovo per i giochi di Revolution, e il risultato furono vendite incredibili su quella piattaforma. Dato il sorprendente successo e il consenso della critica, un seguito arrivò pochissimo tempo dopo, nel 1997. Broken Sword: The Smoking Mirror proponeva la stessa formula del gioco precedente, anche se la trama riguardava le culture Maya e Azteca anziché la cristianità. Venne fuori un altro successo per lo studio, con un’accoglienza ancora una volta favorevole da parte della stampa.
Tuttavia i fan avrebbero dovuto aspettare un bel po’ per il terzo capitolo. Cecil elenca diverse motivazioni per questo fatto, la principale delle quali è la pressione che c’era perché fosse un gioco 3D. I rivenditori in quegli anni chiedevano ai publisher di pubblicare più titoli 3D, ma Cecil pensava che la tecnologia non avesse ancora fatto i passi avanti necessari a rendere concepibile un Broken Sword in 3D. L’uscita di Gabriel Knight 3: Blood of the Sacred, Blood of the Damned non fece altro che rafforzare le sue convinzioni. «Usava un 3D davvero primitivo e aveva una grafica orribile», dice Cecil. «Non sto facendo critiche, ma aveva un aspetto orribile e non offriva una grande esperienza di gioco. Non avevamo altra scelta che aspettare, perché la gente non voleva il 2D, e io non volevo lavorare con il 3D in quel periodo».
Nel frattempo, Revolution iniziò a lavorare a tre altri progetti: Gold and Glory: Road to El Dorado (2000), un tie-in dell’omonimo film della DreamWorks; In Cold Blood (2000), un’avventura che sostituiva antiche civiltà e cospirazioni religiose con agenti segreti e spionaggio; e Good Cop, Bad Cop, un gioco di azione in cui le scelte del giocatore avrebbero avuto effetti sull’andamento della trama. Mentre In Cold Blood ebbe un discreto successo, e rimane ancora oggi un titolo di culto per i giocatori di una certa età, Gold and Glory: Road to El Dorado ricevette pessime recensioni, e Good Cop, Bad Cop faticò a ottenere finanziamenti, venne cancellato e svanì nel dimenticatoio. Riprendevano invece i discorsi relativi a un nuovo Broken Sword. Utilizzando RenderWare, Cecil ebbe finalmente la possibilità di fare un sequel in 3D. Il risultato, Broken Sword: The Sleeping Dragon, venne pubblicato nel 2003 per Xbox, PlayStation 2 e Microsoft Windows.
Il gioco ottenne molte recensioni positive e le vendite andarono alla grande, ma per sfortuna gli accordi tra Revolution e il publisher THQ fecero sì che quest’ultimo guadagnasse diversi milioni di dollari grazie al successo del gioco, mentre lo studio inglese registrava consistenti perdite in bilancio. «Abbiamo chiuso lo studio», racconta Cecil. «THQ è venuta a dirci: “Broken Sword 3 è stato un successo, vogliamo fare Broken Sword 4”, e io gli ho risposto “Non abbiamo più uno studio, e dobbiamo rivedere gli accordi”». Pur non avendo più un team di sviluppo, i membri rimanenti di Revolution si misero al lavoro su un nuovo Broken Sword. Coinvolsero Sumo Digital affidando loro la maggior parte della produzione del gioco, mentre Revolution si occupava principalmente del design. Broken Sword: The Angel of Death uscì nel 2006 e non venne accolto male, ma non riuscì a vendere abbastanza da rimettere in sesto la situazione finanziaria di Revolution.
«Eravamo insolventi», ammette Cecil. «Ricordo di aver detto a mia moglie “Dobbiamo dichiarare il fallimento dell’azienda”. Non lo abbiamo mai fatto, però. Siamo arrivati al punto di parlare apertamente di questa intenzione con le persone, perché volevamo essere il più possibile responsabili. Ci siamo andati davvero vicino. Poi è arrivata una chiamata». In quel periodo Paul Burford di Apple si mise in contatto con Cecil per chiedergli se fosse interessato a portare il catalogo di Revolution su iPhone. Cecil colse al volo tale opportunità. Quella collaborazione avrebbe aiutato a salvare Revolution, e avrebbe anche fatto conoscere i suoi giochi a una nuova generazione di giocatori.
Revolution approfittò inoltre del rinnovato interesse nei confronti delle proprie produzioni per lanciare una raccolta fondi su Kickstarter, nel 2012, per un quinto capitolo di Broken Sword. Con la campagna vennero raccolti 850.000 dollari grazie a 150.000 sostenitori, e Broken Sword 5: The Serpent’s Curse venne pubblicato in due episodi separati nel 2013 e nel 2014. Per Cecil questa è stata l’occasione per entrare in contatto con la community da lui stesso generata attraverso i giochi di Revolution, abbattendo alcune delle frustranti barriere che dividono sviluppatori e giocatori. «La passione dei giocatori di avventure grafiche è straordinaria», afferma Cecil. «Perché ci sono persone che arrivano e dicono “Ricordo che giocavo questo con mia nonna. Ci giocavamo per settimane intere e ora che lei non c’è più conservo le sensazioni provate giocando insieme, risolvendo gli enigmi e seguendo la storia”. È qualcosa di cui credo dovremmo andare molto fieri, di tutti i giochi e di tutti i generi questo è quello che la gente ricorda meglio».
Broken Sword 5: The Serpent’s Curse da allora è uscito per diverse console, compresa Nintendo Switch non più tardi di un anno fa. Ora Cecil sta lavorando sul lungamente atteso sequel di Beneath a Steel Sky, intitolato Beyond a Steel Sky e annunciato in un recente evento Apple come parte di Apple Arcade. Cecil avrà pure passato diversi momenti difficili e turbolenti nel corso degli anni in cui ha lavorato nell’industria videoludica, ma alla fine, grazie al suo insaziabile appetito per le avventure grafiche—e le loro avvincenti storie—non abbiamo ancora finito di goderci le sue creazioni.