Non è solo la moda a seguire le tendenze—la stessa cosa accade anche nei videogiochi. Gli sparatutto ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale hanno vissuto un periodo di estrema popolarità che ormai è finito. L’interesse nei confronti di platform coloratissimi e simili ai cartoni animati è cresciuto nel tempo ma successivamente è svanito. Al momento sono i ninja a farsi silenziosamente largo in produzioni grandi e piccole, seguiti a breve distanza da una manciata di guerrieri samurai. Ci sono titoli tripla A come Sekiro: Shadows Die Twice di From Software, Nioh di Team Ninja e Ghost of Tsushima di Sucker Punch Productions, in uscita quest’anno. Ci sono anche molti giochi indipendenti che accostano al personaggio del ninja un’estetica nostalgica che riporta ai titoli arcade degli anni Ottanta e Novanta. Perché proprio i ninja? Perché proprio ora? Abbiamo parlato con gli autori di The Messenger, Cyber Shadow e Katana ZERO per saperne di più.
Cosa rende un ninja il protagonista ideale per un videogioco? Di certo il suo aspetto esotico, con i vestiti neri, i dardi a forma di stella, e poi una certa predilezione per l’arrampicata sui muri e i salti mortali. Come spiega Aarne Hunziker, creatore dell’imminente Cyber Shadow, molte di queste caratteristiche si collocano con naturalezza in un videogioco. «Innanzitutto i ninja sono cool. Si presentano bene come personaggi di un videogioco. Puoi prendere il loro aspetto e le loro abilità e ottenere automaticamente materiale che sarà interessante in un gioco. Credo sia questa la ragione per cui molti giochi con i ninja hanno successo—offrono soluzioni a diversi problemi, a prescindere dal fatto che le soluzioni siano storicamente accurate o inventate. Questo rende più semplice il game design». Inoltre il ninja risponde alla richiesta, in un gioco d’azione, di una buona reattività e di una grande concentrazione.
Thierry Boulanger, direttore creativo di The Messenger, si spinge oltre. «Penso che a livello di design il ninja sia un eroe perfetto perché non ha una forte personalità che il giocatore potrebbe rifiutare—è solamente un’ombra, una funzione per l’assassinio», dice. «Non ci sono emozioni in ballo. Non c’è tempo per spiegare—inizia la missione! Non c’è nulla di complicato: prendi la pergamena, combatti alcuni demoni, fai salti mortali». Boulanger sintetizza ulteriormente: «Salto, dunque sono».
Per Katana ZERO lo sviluppatore Justin Stander ha creato un personaggio ibrido, a metà strada tra il samurai e il ninja, per adattarlo sia al gameplay che alle tinte scure della storia. «Il tema centrale di Katana ZERO», racconta Stander, «è la dipendenza». Il protagonista del gioco, Zero, è legato alla droga e alla violenza, che reputa mali necessari. «L’ossessione di Zero per la cultura samurai è un modo che usa per giustificare la sua violenza», dice Stander. «Lui idealizza i samurai così come li ha visti al cinema—personaggi che trovano una moralità, persino una nobiltà, in una vita incentrata sulla violenza». C’è un’altra importante ragione per la quale i ninja sono i protagonisti dei giochi di cui stiamo parlando: si tratta della nostalgia.
«Quando avevo otto anni Ninja Gaiden 2 è entrato a far parte del mio mondo», ricorda Boulanger. «Ho iniziato a disegnare ninja e a immaginare storie nella mia mente per qualcosa come 25 anni». I ninja sono strettamente legati alla cultura degli anni Ottanta e Novanta: i film di arti marziali girati a Hong Kong nei Settanta hanno portato alla realizzazione di innumerevoli altre pellicole nel decennio successivo, che a loro volta sono diventate una fonte di ispirazione per i videogiochi. Alla fine degli anni Ottanta sono usciti il primo Ninja Gaiden di Tecmo, Shinobi di Sega, Blue Shadow di Natsume, e il primo di una lunga serie di giochi dedicati alle onnipresenti Tartarughe Ninja.
Tutti questi titoli—al pari di tanti altri ancora—hanno avuto una certa influenza sugli autori degli attuali giochi sui ninja. «L’idea era di provare a restituire cosa abbia significato essere cresciuti negli anni Novanta», dice Boulanger a proposito di The Messenger. «Indossare la tua gigantesca t-shirt fin sopra le ginocchia e giocare uno di quei giochi». È per questo motivo che The Messenger è un omaggio alla serie di Ninja Gaiden, molto amata da Boulanger—anche se un’altra ispirazione dai Novanta è stata per lui Chrono Trigger, soprattutto per quanto riguarda il ritmo della storia e l’utilizzo dei viaggi nel tempo. Hunziker cita influenze simili, e aggiunge Super Mario e la serie Contra di Konami. «Quei vecchi giochi ti danno un feedback immediato per qualsiasi cosa», dice Hunziker. «I controlli sono semplici: premi avanti e vai avanti a una certa velocità. Spari, e il gioco riproduce un effetto sonoro. Ogni cosa viene comunicata molto chiaramente».
The Messenger e Cyber Shadow inseriscono i ninja in contesti molto differenti. Laddove il primo presenta l’aspetto più tradizionale dei ninja—abito nero, spada lampeggiante e così via—Cyber Shadow dipinge un futuro fantascientifico e post-apocalittico che amplifica i riferimenti agli anni Ottanta. È un tipo di estetica che segue le orme di diversi titoli sui ninja come Blue Shadow, The Cyber Shinobi e Strider, ma Hunziker afferma che la presenza di robot come nemici—piuttosto che avversari umani—è legata soprattutto alle serie televisive d’animazione degli anni Ottanta. «Nella storia c’è un colpo di scena su cosa sono queste macchine, ma nel gioco non si uccidono persone o animali», racconta. «Suppongo sia perché nei vecchi cartoni animati non vediamo quel tipo di violenza».
Le influenze di Stander sono invece perlopiù cinematografiche. Per Katana ZERO, ha scelto un’estetica neo-noir anni Ottanta ispirata a Blade Runner e ad altri film simili pieni di luci al neon. «Mi ispiro principalmente al cinema, in particolare ai thriller di vendetta coreani come Oldboy o The Man from Nowhere, ma anche a film americani come Drive e Sin City», dice. «La musica sintetica degli anni Ottanta e le luci al neon aiutano a rendere più glamour un’ambientazione costruita intorno agli omicidi e alle droghe. È gradevole agli occhi all’inizio, ma puoi presto andare oltre alle apparenze e capire che sotto ci sono sangue e sporcizia».
Per fare un gioco sui ninja in 2D nel XXI secolo tuttavia non è sufficiente riproporre l’aspetto e le meccaniche dei vecchi classici tanto amati; bisogna combinare «un’estetica nostalgica con un design moderno», come puntualizza Boulanger. «Quando giochi i vecchi classici non senti la mancanza dei controlli legnosi, della musica ripetitiva e di cose del genere. Ciò che apprezzi è la semplicità». Fare un moderno gioco di ninja, dunque, richiede nuove soluzioni e nuove idee di design. Hunziker per Cyber Shadow ha preso ispirazione soprattutto dai più recenti Ninja Gaiden in 3D di Team Ninja—in particolare le veloci e soddisfacenti mosse del suo eroe Ryu Hayabusa in combattimento. «Ha questo attacco in cui salti, squarci il nemico e appari dall’altra parte», esclama. «È fantastico da fare, perciò c’è una meccanica simile nel mio gioco. Inizia in modo semplice ma nel corso del gioco viene fuori un approccio moderno al gameplay tipico dei ninja, con abilità che permettono di coprire all’istante lunghe distanze, o fare combo, saltare sui nemici e continuare a sviluppare la combo per tutto il livello».
Non solo la velocità e la fluidità di queste mosse sarebbero state impossibili da proporre sull’hardware delle console degli anni Ottanta, ma rendono Cyber Shadow un gioco perfetto per lo speedrunnning—un altro aspetto preso in considerazione da Hunziker. Secondo lui giocare Super Mario World sul Super Nintendo con ritmi rilassati—prendendosi il proprio tempo, collezionando ogni oggetto—è un tipo di esperienza; cimentarsi nella sfida di completare un livello nel più breve tempo possibile lo trasforma invece «in un gioco completamente nuovo». Anche Boulanger aveva in mente lo speedrunning mentre realizzava The Messenger. «Lo speedrunning ci entusiasma», afferma. «Anche se nessuno di noi sarebbe in grado di fare una run, ci piace guardare quegli eventi. Perciò volevamo proporre un gioco che gli speedrunner avrebbero potuto provare e trovare interessante».
Inoltre The Messenger ha una particolarità sorprendente per un gioco sui ninja: la presenza di spunti comici. Oltre a omaggiare i classici giochi di ninja, fa anche una satira dei luoghi comuni del genere. «Sappiamo che nell’epica missione di salvare il mondo dai demoni e dalle maledizioni, nell’essere il prescelto, ci sono tanti stereotipi e ingenuità», dice. «È comunque divertente, ma è una sorta di piacere proibito». Il mercante di The Messenger—un personaggio avvolto in una tunica che vende potenziamenti al giocatore—ha dato alla squadra la possibilità di affiancare al tono stoico del gioco riferimenti comici e dialogi ironici. Dice Boulanger: «Credo che il mercante rappresenti un contratto tra noi e i giocatori: guardate, sappiamo che a volte questi giochi sono sciocchi, ma sono ugualmente divertenti. Perciò, ora che lo abbiamo chiarito, possiamo concederci un’avventura epica».
Una parte fondamentale del sentimento nostalgico di questi giochi è la musica, che si nutre della tensione tra passato e presente. Occorre bilanciare le limitazioni delle composizioni di vecchia data con un orecchio abituato agli standard qualitativi odierni. Per The Messenger, Sabotage ha assunto il musicista chiptune Rainbowdragoneyes, che ha scritto la musica usando il FamiTracker—un software dedicato alle produzioni musicali per il NES. «L’idea era trovare un equilibrio tra ciò che ricordiamo e ciò a cui quei giochi potrebbero somigliare oggi», dice Boulanger. «Per quanto riguarda il sonoro, questo vuol dire rispettare in pieno le limitazioni di una volta, perché con la musica non puoi barare».
Hunziker ha un orientamento simile, dunque Cyber Shadow replica l’aspetto dei giochi NES in alcuni momenti, e se ne allontana in altri. «È ispirato dalle produzioni a 8 bit, ma è leggermente più avanzato», dice. «La grafica è in widescreen, ci sono sprite grandi, il numero di colori nella tavolozza è di poco superiore rispetto a un vero NES. Lo stesso vale per la musica—non rispetta il limite di canali, ma ci sono strumenti ispirati ai vecchi giochi. A volte prova a usare la stessa limitazione nel numero di canali, ma non sempre». La colonna sonora di Katana ZERO è particolarmente fedele alla sua ambientazione negli anni Ottanta, ma con un livello di pulizia sonora che semplicemente non sarebbe stato possibile trent’anni fa.
È stata composta in parte da Stander, ma principalmente dai musicisti LudoWic e Bill Kiley, le cui opposte metodologie uniscono vecchio e nuovo. Ad esempio, LudoWic usa sintetizzatori analogici, mentre Kiley lavora interamente in digitale. Spiega meglio Stander: «LudoWic realizza pezzi semplici e ipnotici basati su motivi che vanno in loop, perché ogni gambo delle note deve essere creato e registrato dal vivo con il suono analogico, mentre Bill può realizzare canzoni melodiche e molto complesse, un’operazione decisamente più facile quando si lavora su computer». In Katana ZERO è anche molto moderno l’uso della musica diegetica, che rende la colonna sonora non solo un sottofondo per il gameplay, ma una componente chiave della sua atmosfera cinematografica.
I ninja hanno accompagnato buona parte della storia dei videogiochi, ma adesso siamo giunti alla chiusura del cerchio—e non si tratta certo di una coincidenza. I giochi sono ancora un medium giovane, però siamo arrivati al punto in cui gli sviluppatori sono direttamente influenzati dai titoli che hanno giocato crescendo, e sono propensi a condividere quelle esperienze con una nuova generazione di giocatori. I ninja potranno pure essere un prodotto della storia e di antiche leggende, e i vecchi giochi di cui sono stati protagonisti ora hanno decenni sulle spalle—ma al tempo stesso, il loro aspetto e le loro abilità rimangono senza tempo. Ammettiamolo—la velocità, l’agilità, la capacità di sparire nell’ombra non smetteranno mai di essere cool.