La reazione immediata sarà comprensibilmente quella di voler andare a verificare—pensando che si tratti di un’informazione erronea trovata facendo una frettolosa ricerca su Wikipedia—ma è vero: Kerbal Space Program ha dieci anni. L’opera di Felipe Falanghe è stata pubblicata il 24 giugno 2011 con la versione 0.7.3: un piccolo passo per un simulatore di costruzione di razzi basato sulla fisica (con un bel po’ di carattere); un grande passo in avanti nella quantità di tempo che milioni di persone avrebbero trascorso davanti a computer e console provando ad assemblare un razzo in grado di non esplodere in maniera rovinosa. Tanto più impressionante se si considera che Squad, il team di progettazione del gioco, con sede in Messico, non era nemmeno nel settore quando Falanghe ha lanciato l’idea.
È impossibile riassumere in breve il fascino di un gioco simile: nel 2011—è giusto dirlo—nessuno avrebbe mai previsto che sarebbe arrivato a vendere milioni di copie, a essere ceduto a un grande publisher (o quantomeno alla sua divisione indie) e a ricevere, in vista di un sequel intorno al quale c’è un incredibile hype, un sostanzioso budget da quello stesso editore. Perché, anche se Kerbal Space Program potrebbe attirare un vasto pubblico con i suoi adorabili Kerbal in copertina, il gioco di Squad è sempre stato, fondamentalmente, una simulazione hardcore. Ciò che è possibile fare si è ampliato enormemente nel corso degli anni, ma l’idea principale è sempre rimasta la stessa: c’è un razzo da costruire e, nel farlo, si possono usare a piacere gli strumenti e le attrezzature fornite, ma occorre comunque obbedire alle rigide leggi della fisica. Non parliamo esattamente dello stesso livello di accessibilità di Minecraft.
Tuttavia, non bisogna mai sottovalutare l’attrattiva dei viaggi nello spazio: l’uscita iniziale del prototipo di Kerbal Space Program è stato subito ben accolto da giocatori desiderosi di portare i loro razzi il più in alto possibile nel cielo senza vederli trasformarsi in una palla di fuoco, e allo stesso modo in tanti si sono proposti, entusiasti dalla prospettiva di essere coinvolti come potevano nel progetto. A partire dalla sua quarta assunzione, Squad ha iniziato ad attrarre talenti al di fuori del nativo Messico, diventando rapidamente uno studio di sviluppo collaborativo e basato sul lavoro a distanza, che accoglie da ogni parte del mondo chiunque abbia il talento per contribuire.
«Uno dei motivi per cui Squad è un team mondiale», spiega Nestor Gomez, head of production di Squad, «è perché sin dall’inizio c’erano persone davvero entusiaste del progetto che volevano unirsi al team per svilupparlo ulteriormente, da tutto il mondo. Quindi, sin dal principio, è stata una squadra mondiale». Squad, naturalmente, non cercava solamente nuovi collaboratori: c’era un gioco da gestire, e il successo di Kerbal Space Program è aumentato di pari passo con lo sviluppo. Le versioni più recenti hanno introdotto funzionalità più impressionanti, che hanno portato a un passaparola più entusiasta, che ha portato a più giocatori: con la versione v1.0 del gioco nel 2015, il clamore era al suo apice.
In Squad nessuno se lo aspettava: il gioco è diventato un fenomeno sproporzionato rispetto al team indipendente che lo aveva creato. «Il gioco è iniziato come un piccolo progetto, cercando solamente di costruire un prototipo», afferma Gomez. «Quando è stato pubblicato c’è stata questa grande reazione da parte del pubblico. Da quel momento in poi abbiamo solamente corso, cercando di recuperare il ritardo accumulato, destreggiandoci con il lavoro da fare e cercando di far funzionare tutto. Gestire il successo. Poi quella curva ha iniziato lentamente ad appiattirsi e siamo stati in grado di provare a pensare a quello che stavamo facendo, pianificando di più».
Questa pianificazione ha permesso al gioco di passare dal suo stato iniziale—un aereo 2D, progetti di razzi, niente da “scoprire” al di fuori di un piano piatto—a quello che abbiamo oggi: un intero sistema solare da esplorare, razzi che possono essere progettati in qualsiasi modo preferisca il giocatore (ma non è detto che funzionino), la possibilità di viaggiare e fare scoperte al di fuori dell’atmosfera del pianeta Kerbin. Ma il nocciolo rimane quello: «Se pensi alla serie principale di azioni, è sempre la stessa», afferma David Tregoning, co-lead engineer di Squad. «Costruisci un razzo, lo provi, fallisci—in un certo senso è intenzionale, in molti casi fallisci in modo divertente—poi torni indietro e riprovi, e così via. Quella serie chiave di azioni è uguale da quando Felipe l’ha implementata per la prima volta”.
Sfide e traguardi importanti sono il cuore di Kerbal Space Program. A causa della scarsità di tutorial in-game, Kerbal Space Program in rete è diventato una specie di Demon’s Souls, con la maggior parte delle conversazioni che parte dalla domanda “come faccio x?” e la maggior parte delle risposte a consigliare qualche incredibile risorsa creata dai fan. Il gioco è progettato per essere difficile, ma ogni fallimento dà una nuova carica piuttosto che portare alla frustrazione: si ritorna al tavolo da disegno e si riprova ancora una volta.
«Penso che il livello di difficoltà renda molto più soddisfacente raggiungere gli obiettivi», afferma Tregoning. «Non puoi semplicemente arrivarci a forza di tentare—devi fare qualche ricerca, devi fare un po’ di lavoro. Detto questo, sono sicuro che ci sono persone che vengono respinte ed è un equilibrio veramente difficile da trovare». Gomez è d’accordo e ipotizza che avrebbe potuto essere preferibile, beh, dire ai giocatori come fare le cose direttamente all’interno del gioco: «Se ci fosse data una seconda possibilità di rifare tutto da capo, cercheremmo di fare alcune cose prima, per rendere la vita un po’ più facile ai giocatori», dice. «Ma allo stesso tempo una parte del divertimento sta nella sfida. È un equilibrio complicato».
Sicuramente ad attirare l’attenzione dei giocatori sono stati soprattutto i Kerbal: nel corso di una partita passano dall’essere degli utili idioti con gli occhi spalancati da usare come carne da cannone (o da razzo) al rivelarsi fidati e stimati membri di un equipaggio che viaggia nello spazio. «Sono davvero un elemento fondamentale», afferma Jamie Leighton, co-lead engineer di Squad. «Il giocatore viene coinvolto e si affeziona a loro, ma non in modo tale da arrabbiarsi quando saltano in aria. È quasi divertente vederli andarsene con un sorriso stampato sul volto… o uno sguardo terrorizzato. Ma penso sia un elemento chiave di Kerbal Space Program, capace di differenziarlo da un semplice gioco di simulazione di volo».
Una volta effettuato con successo un atterraggio su Mun, il giocatore ha una squadra di Kerbal su cui può contare ma, in genere, quella prima missione non prevede un piano per riportare a casa i propri pionieri. Perciò questa prima missione verso un nuovo corpo celeste produce subito la successiva: riportare indietro l’equipaggio. Un gruppo di astronavi senza volto, con poca o nessuna personalità, non avrebbe avuto lo stesso impatto sui giocatori; a nessuno sarebbe importato molto di salvare un oggetto inanimato da un’eternità di solitudine su un altro pianeta. La caratterizzazione dei piccoli eroi verdi è sempre stata importante per il fascino del gioco, producendo una narrativa emergente e spingendo i giocatori verso obiettivi che altrimenti non avrebbero perseguito. Il gioco racconta come tutti vogliano celebrare e lodare quei piccoli esseri coraggiosi.
Anche gli sviluppatori non hanno ricevuto altro che elogi per un caposaldo del gioco originale: la community di modding. I modder hanno creato componenti e funzionalità che in seguito sono diventate parti ufficiali del gioco—gli stessi Tregoning e Leighton sono arrivati in Squad a partire da esperienze come modder. «È un percorso molto comune per alcuni membri del nostro staff», racconta Tregoning, «La maggior parte delle persone che lavorano su Kerbal Space Program ci hanno giocato. La maggior parte di loro sono appassionati dello spazio o veri e propri nerd del genere, a seconda di quanto tempo dedicano a quel mondo». Su questa parte della community ora grava il peso delle aspettative: mantenere vivo il Kerbal originale mentre gli sviluppatori passano al progetto successivo.
«C’è una sfumatura di tristezza», dice Leighton riguardo al perfezionamento dell’ultimo importante aggiornamento di Kerbal Space Program, «ma allo stesso tempo, siamo tutti entusiasti di voltare pagina per portare avanti il franchise. Sono certo che le persone lo giocheranno e lo modificheranno per gli anni a venire».
Kerbal Space Program è stato venduto a Take-Two Interactive nel 2017, determinando la particolare situazione per cui uno studio, pur non possedendo più il gioco che stava sviluppando, continuava a lavorarci su. Squad non solo ha continuato a occuparsi del primo gioco fino al suo ultimo importante aggiornamento, ma ha dato un contributo sempre maggiore allo sviluppo di Kerbal Space Program 2, che è attualmente in lavorazione presso Intercept Games e sarà pubblicato da Private Division, l’etichetta indipendente di Take-Two, nel 2022.
C’era da aspettarselo: tutti coloro che giocano a Kerbal Space Program ne diventano fan, e dunque prima o poi un sequel sarebbe dovuto arrivare. Più sorprendente è stata invece la polemica successiva all’annuncio, poiché Take-Two prima ha cancellato l’accordo che aveva con Star Theory, lo sviluppatore originale del sequel, poi ha iniziato ad assumere molti membri di quello stesso team in un nuovo studio creato proprio per lavorare a Kerbal Space Program 2. Se a questo uniamo la diffidenza che le persone hanno quando un progetto indie molto amato finisce nelle mani di un colosso del settore, si capisce come il sequel sia stato finora oggetto di tante discussioni.
C’è nell’aria un bisogno di “dimostrare” che Kerbal Space Program 2 non è un ripensamento, né un giocattolo aziendale, quando si parla con Nate Simpson, direttore creativo del progetto presso Intercept Games—ma ogni dubbio si dissolve rapidamente, poiché il suo entusiasmo e il suo amore per il gioco si possono quasi toccare con mano. «Molti dei miei ricordi più belli con il gioco sono legati alle sue prime versioni», racconta. «Ricordo di aver fatto missioni di salvataggio sulla superficie di Mun prima che esistesse l’EVA, costruivo un lander speciale che utilizzava una sorta di artiglio per raccogliere le capsule di atterraggio e provare a riportarle indietro su Kerbin».
«Credo che per me il momento spartiacque, quando sono diventato veramente ossessionato dal gioco, sia stato quando sono arrivate le porte di attracco. Pensavo di aver padroneggiato l’arte di andare in orbita, e avevo iniziato a chiedermi “cosa può ancora offrirmi questo gioco?”. E a quel punto è arrivata la possibilità di costruire in orbita, ed è stato allora che ho iniziato a disegnare astronavi ai margini dei miei appunti durante le riunioni e cose di questo tipo, il gioco aveva preso il controllo della mia vita. È stata una storia d’amore quasi decennale per me».
C’è ancora un dubbio da superare: questo è il sequel di un gioco che si è fatto un nome grazie alla trasparenza, agli aggiornamenti regolari nel corso degli anni, cambiando in modo significativo rispetto al primo giorno. Kerbal Space Program 2 non poteva essere semplicemente un’espansione, aggiungendo ulteriori elementi al gioco originale? Non è così semplice, spiega Simpson: «Ci siamo trovati di fronte a due sfide senza precedenti per questo prodotto. Una delle due era simulare un universo che esistesse su scala interstellare, non interplanetaria. La necessità di ottenere posizioni precise per gli oggetti era estremamente più difficile da un punto di vista computazionale».
L’aggiunta del multiplayer—in qualche modo una componente ancora più vasta dello spazio interstellare—ha inoltre comportato una revisione completa di un motore vecchio di dieci anni. «Abbiamo dovuto riprogettare il gioco praticamente da zero, almeno per quanto riguarda l’architettura di base, in modo da ottenere quel tipo di precisione necessario per il multiplayer», dice Simpson. «Inoltre, stiamo lavorando con una versione di Unity molto avanzata rispetto alla versione su cui si basa il primo gioco. Ci sono un sacco di novità interessanti che ci consentono di fare cose che non erano possibili nella versione originale. Facciamo le cose in modo più efficiente, tutto è molto più stabile, stiamo ottenendo risultati incredibili già con cose semplici come i calcoli delle collisioni. Quindi abbiamo qualcosa di più performante, più stabile e più preciso: crediamo di aver costruito una base su cui possiamo continuare ad espanderci per molto tempo».
Un lasso di tempo esteso comporta anche un cambiamento nei gusti del pubblico. Nel 2011 lo spazio non era esattamente un argomento scottante. Negli anni successivi però si è registrata una rinnovata attenzione del pubblico nei confronti dello spazio, con la crescita di SpaceX e il piano della NASA per tornare sulla Luna.
Questo cambiamento avrà senz’altro avuto un impatto positivo sul successo del gioco originale. La speranza di Intercept Games è che l’interesse del pubblico rimanga alto: «Kerbal Space Program ha introdotto molte persone, me compreso, nel mondo del veri voli spaziali», afferma Simpson. «È stato quando ho iniziato a costruire le mie prime navi interplanetarie in Kerbal Space Program che ho iniziato a leggere altri articoli su Nautilus X o altre missioni interplanetarie, perché stavo cercando idee per le cose che stavo facendo nel gioco. La nostra speranza è coinvolgere tante nuove persone, al punto in cui alcune inizieranno a contribuire concretamente alle vere spedizioni su Marte, diventando scienziati, o astronauti, o nel modo in cui sentiranno di potersi rendere utili. Siamo piuttosto entusiasti di questa prospettiva».
Perciò Kerbal Space Program 2 avrà lo stesso impatto del primo gioco? È impossibile dirlo. Ma—al di là delle controversie aziendali—ci possono essere pochi dubbi sulla passione del team di sviluppo. «Nel mio personale percorso creativo, è la cosa più gratificante, consequenziale e bella su cui ho avuto la possibilità di lavorare», dichiara Simpson. «Per me la formula che rende così speciale Kerbal Space Program è ancora un affascinante mistero, ed è ciò che lo rende non solo un gioco unico, ma un’opera d’arte. La sua speciale combinazione di elementi crea qualcosa di più grande della somma delle parti. È quasi un mezzo di comunicazione, un mezzo di espressione creativa – mi sveglio ogni mattina e non riesco a credere a quanto sono fortunato a farne parte”.
Un progetto nato dalla passione di uno sviluppatore solitario in Messico, al lavoro in uno studio che non aveva nemmeno pensato di realizzare videogiochi quando gli è stata presentata l’idea. Un’idea di fondo che non è mai cambiata e ha sempre premiato l’immaginazione, ispirando generazioni a progettare, a modificare, a impegnarsi in una carriera dedicata ai veri viaggi nello spazio. Un videogioco che nell’emulare l’esplorazione spaziale si è comportato esattamente come Cassini–Huygens, Kepler, Curiosity e molti altri ancora: è rimasto rilevante, utile, importante per molto più tempo di quanto ci si potesse aspettare. Il grande passo di Kerbal Space Program non è ancora arrivato, e il futuro della serie è roseo come nella migliore delle previsioni.