A riprova del fatto che un open world non deve essere enorme per essere bello, l’ambientazione mediterranea di Alba: A Wildlife Adventure è un’isola da attraversare correndo, zompettando e saltando in pochi minuti, ricca di fascino e di personalità. Il gioco è una delicata favola ecologista su una piccola bambina—Alba Singh—che, insieme alla sua migliore amica Inés, riesce a salvare la riserva naturale dei nonni sull’isola dalle mire di un avido costruttore di catene alberghiere. È un’avventura che prevede il completamento di strani incarichi per convincere la popolazione locale a firmare la sua petizione, la riparazione delle casette per gli uccelli in modo da riportare la fauna sull’isola, e lo scatto di fotografie agli animali, poi salvate sullo smartphone di Alba. È un gioco aperto, capace di fornire un delizioso contrappunto al cupo, distopico e tentacolare Cyberpunk 2077, uscito esattamente lo stesso giorno del dicembre 2020.
La compattezza del mondo di Alba è anche la testimonianza di un game design che rispetta il tempo di chi gioca. «La densità è stata una questione molto più importante per noi rispetto alle dimensioni dell’isola, che perciò appare ricca di vita senza essere eccessivamente affollata o troppo scarna», spiega il creative director David Fernández Huerta. «Amo i giochi open world, ma avendo dei bambini a casa e tutti gli impegni di una vita adulta, ci metto più di sei mesi a finirne uno. E li finisco. Adoro trovare ogni anfratto e collezionare tutti i collezionabili, e penso che questa ossessione sia abbastanza universale».
La lavorazione di Alba è iniziata nel 2018, a partire dai ricordi di Huerta e della sviluppatrice e sound artist Kirsty Keatch relativi alla loro infanzia in Spagna. Era un’estate insolitamente torrida in Gran Bretagna, e il caldo appiccicoso li ha riportati alla vita rurale della loro gioventù. «Abbiamo vissuto entrambi molto lontano da casa per anni», racconta Huerta, «e quando ci siamo resi conto di avere questi ricordi in comune, queste esperienze condivise di un genere molto preciso di mondo rurale, tutto si è sviluppato in modo naturale verso questa direzione. Avendo tale memoria in comune è stato entusiasmante e naturale per noi trovare situazioni, luoghi e personaggi autentici e credibili, ovvero esattamente ciò che cerchi quando vuoi creare un mondo aperto virtuale».
Alba ha preso vita a partire da questa idea, che poi si è evoluta ancora mentre Huerta e la sua squadra si documentavano andando a fare birdwatching nelle riserve naturali londinesi o studiando l’architettura spagnola su Google Street View. Anche se il gioco in parte attinge da esperienze personali, tutto viene romanzato al punto da diventare «come un sogno», secondo Huerta. «La casa di Alba e i suoi nonni hanno come riferimento i miei, ma questo è stato fatto per dargli autenticità più che per ricostruire una storia personale», spiega.
Stando a quanto racconta Huerta, la sceneggiatura ha preso davvero forma con l’arrivo di Georg Backer, che si è unito agli sviluppatori nella ricerca di una scrittura capace di dare profondità ai personaggi. «Nei primi due anni ho scritto tutto da solo, ed esitavo all’idea di aggiungere un altro scrittore, temendo che la prospettiva ne potesse soffrire», dice Huerta. «Non avrei potuto sbagliarmi di più. Abbiamo iniziato a lavorare con Georg, che ha un’incredibile quantità di esperienza, e lui ha preso il mondo e i personaggi e ha dato loro quelle sfumature. I personaggi avevano già le loro personalità e le loro caratteristiche, ma somigliavano molto di più a degli archetipi. Quando si è unito a noi questa cosa lo ha colpito, era in contrasto con l’autenticità del gioco, così ha iniziato a lavorare sui pensieri dei vari personaggi in merito all’hotel, rendendo il sindaco un personaggio più sfaccettato, come fosse l’eroe di una propria storia. In seguito il nostro senior designer John Bye ha scritto i dialoghi per la maggior parte dei personaggi marginali, e il gioco è cambiato del tutto—improvvisamente l’intero mondo era pieno di personalità».
Huerta sottolinea come Alba sia stato un lavoro collettivo—compresa l’adorabile animazione della corsa della protagonista. «È opera del nostro principal animator Simone Tranchina e del nostro senior programmer Gianluca Vatinno», dice. «Nel prototipo originale avevo realizzato un modello e un set di animazioni piuttosto grezzi ed espressivi per Alba, con l’intenzione di passare a un tipo di personaggio più tradizionale una volta entrati in fase di pre-produzione. Poi però abbiamo provato parecchie versioni del modello senza che nessuna sembrasse espressiva e divertente come la prima. Quando è arrivato Simone e ha realizzato la sua prima rivisitazione del personaggio, abbiamo deciso di provare a mantenere il vecchio aspetto, ma con maggiore pulizia, ed è sembrata la scelta giusta… Simone ha avuto idee ben precise per rendere Alba una protagonista viva, divertente e libera, ed è stata sua la proposta di unire casualmente le animazioni, compresa quella del saltello, tra le altre cose. Lui e Gianluca hanno fatto una prova e tutti sono rimasti sbalorditi, il primo tentativo era già perfetto.
Andando in profondità più che in ampiezza, un team di sviluppo relativamente piccolo come quello di Alba è riuscito a concentrarsi sul perfezionamento di quei piccoli dettagli capaci di fare la differenza nell’atmosfera di un paesaggio: il designer Joan Borguñó si è occupato in particolare degli animali che sgambettano e svolazzano in giro l’isola, dagli uccelli rapaci agli scoiattoli a una schiva famiglia di gatti randagi. All’inizio dello sviluppo le creature del gioco erano «un po’ robotiche» secondo Huerta, ma grazie al lavoro di Borguñó, e a una «squadra d’assalto» di programmatori, è stato possibile infondere vita alla fauna di Alba.
Il risultato è un gioco che ricrea uno sguardo infantile sulla natura, rafforzando lo speranzoso messaggio ecologista dell’opera: unendoci possiamo tutti fare qualcosa per aiutare l’ambiente. Perciò Huerta crede che il gioco possa contribuire a risvegliare nei giocatori la stessa meraviglia nei confronti del mondo naturale? «Mi piacerebbe», risponde. «Quando ero più giovane mi piacevano molto i documentari e i libri sulla natura, alcuni dei quali sono rimasti nella mia memoria e hanno formato il mio modo di pensare. Credo che i videogiochi possano fare la stessa cosa. Mi sono sempre sentito legato a Sonic The Hedgelog: quei giochi parlavano sempre di salvare gli animali dall’industrializzazione e dall’inquinamento, e la facevano sembrare la cosa più forte del mondo. Se questo gioco avesse un simile effetto sui giocatori di oggi ne sarei incredibilmente orgoglioso».