Da quando PlayerUnknown’s Battlegrounds si è rivelato il successo a sorpresa del 2017, vendendo più di dieci milioni di copie ancor prima di uscire dall’Early Access, la popolarità del genere battle royale non ha fatto altro che aumentare. Con più di 250 milioni di utenti registrati su molteplici piattaforme, al momento Fortnite è il principale videogioco al mondo, capace nel solo 2018 di garantire ad Epic entrate stimate per 2,4 miliardi di dollari. Si tratta di numeri vertiginosi per un genere che prende il nome da un film di culto giapponese del 2000, e che nel corso del decennio è pian piano emerso dalla scena delle modding community a partire dai server Survival Games di Minecraft, attivi fin dal 2012. Da qui si arriva al lancio di PUBG nel 2017, inizialmente una mod sviluppata da Brendan Greene per il gioco survival DayZ—a sua volta nato come mod dello shooter militare ARMA 2. Considerata l’attuale onnipresenza del genere, è stata un’evoluzione sorprendentemente lineare e organica. Alla luce del suo successo apparentemente inarrestabile, non sorprende invece che tutti abbiano voluto presto o tardi cimentarsi nel genere battle royale.
In Call of Duty: Black Ops 4 è stata introdotta la modalità Blackout, mentre Electronic Arts ha sia aggiunto il battle toyale a Battlefield V, sia lanciato un intero nuovo titolo dedicato, Apex Legends. Questi titoli però hanno essenzialmente solo aggiunto una patina da gioco ad alto budget ad un genere conosciuto (e apprezzato) per la sua sgangheratezza, e inoltre rimangono inequivocabilmente degli shooter. Apex Legends probabilmente rappresenta al momento la più curata interpretazione del battle royale—oltre a implementare un ping system ispiratissimo che migliora di molto la comunicazione all’interno della squadra per i giocatori sprovvisti di cuffie e microfono—ma per il resto segue la stessa formula dei suoi predecessori. C’è una moltitudine di giocatori (in Apex Legends sono 60 invece dei “tradizionali” 100) che atterra su una mappa per lottare all’ultimo sangue, finché non ne resta vivo solo uno e viene proclamato vincitore; è totalmente casuale sia la posizione che la rarità e la potenza di tutti gli oggetti da raccogliere; e poi c’è un’isola con uno spazio liberamente esplorabile che gradualmente si restringe obbligando i giocatori a un confronto diretto in spazi sempre più limitati.
È significativo che la PUBG Corporation—lo studio dietro il gioco omonimo—abbia ritenuto di dover adire a vie legali contro Epic Games nel gennaio del 2018, sostenendo che Fortnite costituisse una violazione di copyright del loro titolo. Anche se la causa è stata ritirata, mostra chiaramente quanto il battle royale fosse considerato una novità, e quale importanza avesse per chi si trovava nella posizione di farlo fruttare un sacco di soldi. È abbastanza ovvio, quindi, che studi di sviluppo mainstream come Treyarch e Respawn siano ben contenti di limitarsi a riprodurre e a rifinire la formula del battle royale, inserendo poi l’eccellente stile di combattimento per cui sono famosi. Il battle royale, fondamentalmente, è il genere più popolare del momento, esattamente come in passato lo sono stati i MOBA o i survival. Tuttavia molti sviluppatori stanno provando a trovare nuovi modi per interpretarlo. Dopotutto per un game designer è fondamentale riuscire a far emergere il proprio gioco quando un genere comincia a essere troppo affollato.
Nell’aprile del 2018 lo studio finlandese Housemarque—che in precedenza aveva realizzato acclamati titoli in stile arcade come Resogun e Nex Machina—annunciò il suo nuovo progetto: Stormdivers, uno shooter multigiocatore in terza persona. Il gioco aveva diversi elementi in comune con i battle royale, anche se il genere non veniva mai menzionato esplicitamente dagli sviluppatori. Stando a quanto dice il producer Tuomas Hakkarainen, l’inizio dello sviluppo di Stormdivers risale al 2015, con il nome provvisorio di Killing Games—era una proposta presentata da uno degli artisti dello studio, che lo descriveva come uno Smash Bros in terza persona. «Il tempo di ottenerne una versione giocabile e DayZ era già uscito, influenzandone lo sviluppo», racconta Hakkarainen. «In principio Stormdivers aveva un ritmo molto più veloce e ispirato ai giochi arcade». Con il suo successo PUBG diventò una fonte di ispirazione anche per Housemarque. A quel punto Stormdivers veniva già descritto online come un gioco battle royale—questo avveniva, peraltro, senza che ne fosse stato ancora diffuso alcun contenuto—perciò gli sviluppatori decisero semplicemente di assecondare il corso degli eventi.
Puntavano comunque a differenziare il gioco rispetto alla concorrenza, principalmente sostituendo il cerchio che riduce l’area di combattimento con una tempesta più dinamica. «In Stormdivers le tempeste sono piuttosto realistiche e imprevedibili», dice Hakkarainen. «La loro forma non è mai un semplice cerchio. Si formano in zone differenti e si muovono con diverse velocità, a seconda della loro intensità». In altre parole, anziché essere avvertiti da un timer quando l’area di gioco è in procinto di restringersi, i giocatori devono tenere d’occhio la tempesta e l’ambiente circostante, che pure li costringe a tenersi in movimento. C’è anche una maggiore enfasi sugli spostamenti, e questo è il motivo per cui ogni giocatore ha un aliante—che garantisce battaglie in aria e una maggiore verticalità—mentre un sistema di classi fa in modo che ogni personaggio abbia certe abilità, come diventare temporaneamente invisibile o teletrasportarsi. L’imprevedibilità degli eventi ambientali, come una eclisse che riduce la visibilità o un tornado che scaraventa gli equipaggiamenti in aria, ma dà pure una maggiore carica agli alianti, è progettata per mantenere i giocatori sempre attivi e in allerta. Oppure, come dice più sinteticamente Hakkarainen: «Il DNA delle produzioni Housemarque—rapidità nei movimenti e stile di gioco reattivo—si trova anche in Stormdivers».
Il problema per Housemarque è che, mentre Stormdivers non ha ancora una data di uscita, i suoi rivali si sono portati avanti. Alcune delle sue caratteristiche più innovative, come il sistema di classi e la manovrabilità aerea, sono già state implementate in Apex Legends, mentre il costante rilascio di nuove stagioni in Fortnite (con il recente lancio del capitolo 2) sta creando così tanti eventi e cambiamenti che i giocatori faticano a stare al passo. Stormdivers inoltre resta fondamentalmente uno shooter, il che significa che verrà sempre confrontato con i suoi competitor di maggior successo. È sotto questo profilo che Spellbreak prova a mischiare le carte, sostituendo un’ambientazione militare moderna o fantascientifica con un’estetica fantasy. Gli sviluppatori dello studio Proletariat tuttavia non hanno semplicemente rimpiazzato le pistole con i fulmini, perché nel restituire il senso di potenza connesso all’impersonare un mago sul campo di battaglia il gioco può liberarsi di molte costrizioni tipiche degli shooter tradizionali, che si tratti di colpire aree molto vaste o di lanciare enormi macigni contro gli avversari. Spellbreak inoltre adotta alcuni elementi dei giochi di ruolo, perciò non solo ci sono diverse classi con differenti abilità attive e passive, ma è possibile combinarle tra loro: un incantesimo di fuoco e una nuvola velenosa ad esempio possono dar vita a una grossa palla di fuoco velenosa.
Il modo in cui i giocatori possono diventare più forti nel corso di una partita ricorda la progressione nei MOBA, anche se Spellbreak segue comunque le convenzioni dei battle royale—l’area giocabile che si restringe, l’equipaggiamento casuale e la vittoria per l’ultimo giocatore rimasto in vita sono tutte caratteristiche presenti. Spellbreak però sembra attrarre un pubblico di giocatori nuovo per il genere. «Abbiamo scoperto che l’ambientazione fantasy, gli elementi RPG e lo stile artistico piacciono a un vasto gruppo di giocatori che non avrebbe altrimenti provato un gioco battle royale», afferma Seth Sivak, il CEO dello studio. «È stato fondamentale radunare una comunità di giocatori così ampia sin dalle fasi iniziali dello sviluppo». In ogni caso, come in Stormdivers, il massimo numero di giocatori in ogni partita è fissato a un modesto 40—ammesso che si riescano a trovare abbastanza giocatori. È ancora presto per Proletariat, che vende il gioco esclusivamente su Epic Store al considerevole prezzo di 49,99 euro—una bella richiesta per quello che è essenzialmente un gioco ancora in versione alpha, mentre molti altri battle royale vengono proposti come free-to-play.
Ironicamente, nello stesso mese in cui Apex Legends è uscito, dimostrando quale potesse essere lo stato dell’arte di un battle royale tripla A, la stessa nozione di cosa potesse essere un battle royale venne completamente ridefinita. Tetris rimane uno dei titoli più famosi di sempre, giocato da persone di ogni età e retroterra solitamente come un passatempo in solitaria. Di conseguenza l’idea di farne un battle royale per 99 giocatori allo scopo di promuovere il servizio Nintendo Switch Online suonava quasi come un pesce d’aprile anticipato. Il multiplayer competitivo per Tetris però è sempre esistito, sin da quando occorreva collegare due Game Boy con un cavo. Tetris 99 si limita a prendere questa modalità multigiocatore di nicchia e a presentarla a un pubblico più ampio. Nonostante la differenza delle meccaniche di gioco, è stupefacente il modo in cui Tetris 99 segue lo stesso ritmo e abbia la stessa tensione dei giochi battle royale, dal modo in cui assemblare i blocchi in attesa dei devastanti effetti dei tetramini a forma di I e T ricorda la raccolta dei materiali in vista dei combattimenti, alla maniera in cui l’accelerazione del tempo man mano che si riducono i giocatori imita la restrizione dell’area della mappa in cui ci si scontra.
Anche il sistema delle medaglie, che moltiplica la quantità di blocchi spazzatura che si possono mandare ai propri avversari, somiglia alla raccolta di preziosi equipaggiamenti dai nemici sconfitti, anche se Tetris 99 beneficia pure di un meccanismo di contrattacco che permette a un giocatore di mandare la spazzatura ad altri giocatori mentre questi a loro volta lo prendono di mira. In tal modo Tetris diventa un gioco di abilità che incoraggia una condotta aggressiva—in effetti non ci sono cespugli o bagni in cui nascondersi, e soprattutto gli schermi di tutti gli altri giocatori sono visibili. Tetris 99 dunque non ribalta solo le aspettative solitamente riposte in un battle royale, ma anche quello che ci si aspetta da un puzzle game, solitamente considerato un passatempo molto più spensierato. Tetris 99 ha in fondo i due grandi meriti sia di restare un gioco avvincente per chiunque nonostante queste nuove regole, sia di dimostrare quale appeal possa avere il genere battle royale al di là delle meccaniche shooter che altri sviluppatori sono impazienti di adottare.
Per Jeff Tanton, direttore creativo di Mediatonic, il battle royale era un genere da evitare—al punto che aveva chiaramente indicato al suo team di non proporgli titoli di quel tipo. In realtà Fall Guys non è precisamente un battle royale, dal momento che è ispirato a giochi televisivi che esistevano già molti anni prima, come Takeshi’s Castle (presentato da Takeshi Kitano, peraltro già nel cast del film Battle Royale), It’s a Knockout e Total Wipeout. Come questi programmi, Fall Guys prevede una moltitudine di giocatori che affronta una serie di round con minigiochi connessi tra loro e facili da capire; il numero dei giocatori diminuisce con un sistema di eliminazioni, finché i fortunati rimanenti competono in un ultimo round al termine del quale viene proclamato un solo vincitore. Ci sono più punti in comune con Mario Party o WarioWare che con i battle royale, ma comunque alcune somiglianze rendono l’accostamento percorribile.
«I battle royale sono inevitabilmente violenti, ma ci sono innumerevoli altre possibilità per i giocatori che vogliono sparare a qualcosa», afferma Tanton. «Così, per noi, due cose hanno importanza: una partecipazione di massa e un breve tempo di gioco. I battle royale hanno reso queste caratteristiche comuni e accettabili, perciò hanno avuto un’enorme influenza per noi, nel progettare Fall Guys, e per la gente, nel capire quale attrattiva potesse avere il gioco». Proprio come in Tetris 99, la semplicità dei controlli e degli obiettivi rendono Fall Guys immediatamente accessibile per un vasto pubblico che potrebbe non essere interessato invece al tradizionale mix tra battle royale e shooter. Le premesse di Fall Guys sono piaciute subito a Mediatonic; i suoi sviluppatori scherzando lo definiscono un battle royale in cui non farebbero schifo. Il design dei “fall guys” del titolo aiuta a giocare alla pari, perché il loro fisico da paffute mascotte li rende ugualmente inadatti a correre, a saltare, ad arrampicarsi; un riferimento agli show televisivi menzionati prima, in cui i concorrenti indossano spesso costumi ridicoli che gli sono di impedimento durante le sfide. «Questi giochi sono più divertenti quando tutti cadono e falliscono», dice Tanton. «Perciò non stiamo provando a fare delle macchine inarrestabili, ma qualcosa che è adorabile e davvero incapace, ma ha comunque una gran voglia di vincere a tutti i costi».
Certo, se paragonato a Fortnite e agli altri battle royale con centinaia di milioni di giocatori, Full Guys appare come una variazione trascurabile. Lo stesso Tetris 99, che ha radunato 2,8 milioni di giocatori—un dato ragguardevole, considerato che gli utenti di Nintendo Switch Online sono 10 milioni—pur con numeri così importanti impallidisce di fronte ai 250 milioni di account registrati su Fortnite. Suggerisce, se non altro, che verosimilmente ci sarà un pubblico anche per Tetris Royale, un nuovo titolo in arrivo che non è legato in alcun modo a Tetris 99. Insomma, mentre continua la corsa all’oro scatenata dal successo di questo genere tuttora relativamente nuovo, ci sono piccoli segnali che mostrano come non sia necessario seguire la formula di PUBG per realizzare un battle royale.