Horror, low poly 3D, una valutazione molto positiva su Steam. Blood West di Hyperstrange è tutto questo. E anche di più. Per farvi capire di cosa stiamo parlando, vi lascio qui sotto una descrizione delle premesse narrative, dal sito degli sviluppatori:
Dopo la morte l’anima si sposta dove dovrebbe – in paradiso o all’inferno. Ma se al corpo viene negato il riposo sotto terra, l’anima è condannata a restare in giro ancora per un po’. Il mondo è impazzito, distrutto e maledetto, e l’ultima cosa degna di fede e riverenza è il fucile a doppia canna al vostro fianco. Dicono che i morti non raccontano storie? Beh, io ho una storia incredibile da raccontarvi…
Come si intuisce, a parlare è il protagonista, un cowboy risvegliato dagli spiriti della terra. La sua storia è condita da peregrinazioni in luoghi di frontiera svuotati dalla presenza dell’uomo e infestati dai “diavoli dell’inferno”. Per tornare a questioni che riguardano i toni, l’aspetto e il gameplay di Blood West, cito la descrizione della pagina Steam:
“Le leggende Weird West incontrano eldritch horror in BLOOD WEST, un FPS stealth immersivo”.
Più in basso ci sono le etichette. Tra quelle che sono state associate al prodotto: GDR, stile souls, dark, demoni, ispirati da Lovecraft e altre.
Mi fa sempre riflettere il fatto che possiamo prendere un’opera multimediale interattiva e smontarla nelle sue parti fondamentali. Mi affascina l’idea che abbiamo un nome per ciascuno degli ingredienti e che a volte una sigla di tre lettere racchiude una storia e una gamma più o meno ampia di variazioni sul tema. La sostanza della maggior parte dei videogiochi viene quindi spiegata con l’aiuto di tag, rimandi, citazioni, riferimenti a generi e tecnologie del passato. Allora il player sa di trovarsi non davanti alla ricerca di qualcosa di davvero nuovo ma a un punto di equilibrio ideale tra formule dal successo sperimentato.
Tutto questo ha dei vantaggi. Un po’ come diciamo thriller, commedia o neorealismo italiano nel caso del cinema, così, nel caso dei videogiochi, chi legge “stealth” sa, grosso modo, cosa aspettarsi. In questa maniera può orientarsi nella scelta e aiutarsi con il suo bagaglio di conoscenze quando affronta la curva di apprendimento.
Sul sito ufficiale, gli sviluppatori di Hyperstrange hanno descritto così il contenuto di Blood West:
- combattimento FPS sfidante
- meccaniche stealth che premiano la cautela
- esplorazione e gestione delle risorse
- progressione del personaggio basata sui tratti
- gameplay immersivo non-lineare
A me sembra proprio la ricetta del gioco. Già che ce l’abbiamo, tanto vale scomporre in pezzi (capitoli) anche questo articolo, esaminando le componenti una ad una per capire cosa è Blood West.
Combattimento FPS sfidante
È vero, Blood West è difficile (ricordate l’etichetta “stile souls”? Non mentiva). Una parte dei nemici ritorna in vita a ogni nuovo giro di giostra, ma non ho trovato invalidanti i malus che affliggono il protagonista ogni volta che muore e che si accumulano, sommandosi e aggravandosi. Per liberarvene, dovrete portare a termine alcuni tipi di missioni, come la raccolta di alcuni oggetti o una serie di uccisioni.
Ma il cosiddetto combattimento FPS sfidante è davvero la parte migliore di Blood West, perché il ciclo di rilascio della tensione e gratificazione dura pochissimo, giusto il tempo di sparare un colpo e sperare che vada a segno.
Provo a essere più chiaro: i demoni di Blood West sono molto pericolosi ed è preferibile farli fuori di nascosto e con un colpo alla testa. La mira è imprecisa e la portata delle armi è ridotta, quindi è importante assicurare il più possibile l’headshot trovando l’angolo giusto e avvicinandosi il più possibile. In questo modo la tensione cresce. Alla gratificazione poi contribuisce un ottimo feeling delle armi. Se venite scoperti, iniziano i guai.
C’è un altro aspetto che accomuna quello di Hyperstrange ai giochi di From Software: manca un’opzione per mettere il gioco in pausa. A un certo punto avrete accesso a questa possibilità sotto forma di bonus, ma si è trattato di una scelta di gameplay che non ho voluto modificare, perché mi impone di decidere a priori la strategia da adottare. Gli slot dell’equipaggiamento sono limitati, quindi posso equipaggiare un’arma grande o piccola nel primo slot e un’arma piccola nel secondo slot.
Una combinazione possibile è ascia e pistola, buona per lo stealth e l’headshot alle spalle, ma inefficace contro i nemici che ti scoprono e ti saltano addosso. Allora potrei equipaggiare un’ascia e un fucile piccolo, per essere preparato al corpo a corpo anche nel caso in cui venissi scoperto. La pausa consentirebbe di organizzare l’inventario per affrontare una situazione imprevista, ma per come la vedo io i veri guerrieri scommettono su se stessi. E se le cose vanno male, spazio all’improvvisazione.
Meccaniche stealth che premiano la cautela
Per le questioni che dicevo sopra, e per un paio che vedremo sotto, l’approccio stealth è quasi l’unico possibile in Blood West. L’opzione più silenziosa consiste nell’utilizzo di un’arma bianca, ma, a volte, va bene anche sparare e correre al riparo se il rumore provocato dalla detonazione attira i nemici vicini.
Quando un demone è nei paraggi, vedrete comparire una barra. Più fate rumore o rimanete in vista, più la barra si riempie. Quando si riempie tutta siete stati scoperti. Potrete quindi passare dietro l’apertura di una porta e nel campo visivo di un demone senza destare allarme: l’importante è rimanere nella finestra temporale che impiega la barra a riempirsi. Questo dipende da alcune variabili: più vicino è un demone, più velocemente si riempie la barra.
Il fatto che Blood West abbia l’aspetto di un videogioco vecchio aiuta anche a far tornare l’avvistamento graduale, lì dove nella realtà ci accorgiamo immediatamente di un’ombra che ci passa davanti. La stessa cosa in un videogioco non sempre è possibile, pena un’eccessiva punitività delle fasi da affrontare nascosti. Una consapevolezza graduale della presenza dell’avatar nei nemici mi risulta poco plausibile in Assassin’s Creed o Far Cry, mentre sono più incline a distribuire patenti di credibilità a un gioco low poly. Mi sta bene anche trovare munizioni in posti improbabili, curarsi con la fiaschetta e avere un sigaro che aumenta la mira. Una volta è così che si faceva.
Esplorazione e gestione delle risorse
Blood West vi tiene sul filo: le munizioni sono rare. È una regola suggerita dai survival horror, che fanno dell’austerità un incentivo per il player a evitare gli scontri e un trucco per tenere alta la tensione. Sempre dal genere, gli sviluppatori di Hyperstrange hanno mutuato lo spazio limitato nell’inventario. Bisognerà selezionare gli oggetti da portarsi dietro, fare delle scelte rispetto a cosa lasciare indietro.
Quello che non funziona è il criterio di premialità che dovrebbe spingere all’esplorazione. Si finisce sempre per rinunciare a dare un’occhiata nei dintorni, perché è fin troppo facile lasciarci le penne (e le munizioni). Inoltre i manufatti che conferiscono, se equipaggiati, dei bonus, possono essere trovati anche in altri luoghi e allora tanto vale tirare dritti verso l’obiettivo.
È anche vero che Blood West si limita a una mappa abbozzata ed è in capo al player il compito di trovare la strada avendo a disposizione soltanto una direzione.
Progressione del personaggio basata sui tratti
L’esperienza non viene perduta alla morte come nei Souls, ma non mi sembra che avanzare di livello sia imprescindibile in Blood West. Anche perché, a pochi bonus utili (aumento della gittata dell’arma, il tempo che rallenta durante la mira) se ne affiancano di trascurabili: la barra della stamina si prosciuga più lentamente nel corpo a corpo? Considerando che ingaggiare i nemici con un’accetta non è una buona idea, non ho mai speso dei punti per questo.
Così l’albero delle abilità sembra una di quelle cose che “devono esserci”, magari perché in fase di produzione si è deciso che Blood West doveva avere (anche) elementi RPG. In questa forma però fallisce nel dare al giocatore un senso di progressione.
Gameplay immersivo non-lineare
Hyperstrange ha imparato la lezione di From Software, che ha costruito la mappa dell’open world di Elden Ring per sottrazione. Anche quella di Blood West è una cartina solo abbozzata, ma l’open world non è gigantesco (è anche normale, trattandosi di una piccola produzione). Ho già parlato degli aspetti che scoraggiano l’esplorazione—magari aggiungo il ripetersi dei nemici e ambienti simili all’interno di poche aree tra loro invece diverse: a me è capitato di fare il minimo indispensabile per avanzare nel gioco.
Per quanto riguarda l’approccio non lineare al gameplay, beh, provateci a espugnare una fortezza sparando all’impazzata con il vostro fucile a doppia canna. Io non sono mai sopravvissuto a lungo.
Per concludere
Prima di levare le tende vorrei richiamarmi al discorso che facevo in apertura. Un altro effetto dell’assemblaggio di parti che esistono separatamente in altri videogiochi è intercettare con precisione i gusti di un pubblico di nicchia. Ti piacciono i Souls ma anche Vampires di Carpenter? Sei un videogiocatore di lungo corso ma capisci e apprezzi la svolta che Breath of the Wild ha impresso al gaming? Blood West fa per te. Sapendo quanto sia affollato e competitivo questo settore, gli sviluppatori si sono mossi a rimorchio di un immaginario dalle influenze ben riconoscibili, abbinando a quelle atmosfere sofisticate un gameplay altrettanto rifinito ma aggiornato ai tempi, che ogni tanto fa acqua ma complessivamente va bene.
La sottigliezza più interessante è che il gameplay è stato asciugato di modo da risultare credibile per un videogioco del 1998. Una specie di paradosso temporale ma finto, una contraffazione. Ve lo spiego con un esempio: immaginate un’ucronia in cui le intuizioni dei Souls o degli ultimi The Legend of Zelda sono contenute a livello embrionale in un gioco dimenticato per Nintendo 64. Ecco, quel gioco potrebbe essere Blood West.