L’anima polacca di The Thaumaturge

Un videogioco rabbiosamente e orgogliosamente politico.

Esiste un concetto, nelle neuroscienze, che si chiama ricordo fotografico (flashbulb memory). La versione ridotta si può esprimere in questo modo: il cervello umano crea una sintesi ridotta delle memorie, tranne per eventi speciali—eventi in cui resta impressa nella mente un’immagine, una particolare impressione visiva che ci trascineremo appresso tutta la vita e che, nonostante gli anni, non sbiadirà mai del tutto. Può essere legata a un trauma, può essere legata a eventi felici, ma può essere anche solo lo sprazzo di un momento—si accende una lampadina e qualcosa ci colpisce al punto tale da imprimersi a fondo nei neuroni e accompagnarci nella vita come un’amica fedele. 

Io ho stampato nel cervello il momento in cui ho incontrato per la prima volta la parola “taumaturgo”—quando ero bambino, sfogliando una storia di Milo Manara dalla collezione di fumetti di mio nonno. Ricordo in dettaglio l’aspetto esoterico del personaggio, la palette di colori calda tendente all’ocra e altri dettagli fisici che un ragazzino a malapena alle medie probabilmente non avrebbe dovuto leggere. Non ricordo minimamente di cosa parlasse la storia—conoscendo Manara, ci saranno state un sacco di donne nude con la bocca semiaperta e lo sguardo vacuo—ma ricordo il taumaturgo. E ricordo quanto mi era rimasto impresso questo nome tra il medievale e il fantascientifico, qualcosa che da solo evoca misticismo e conoscenza, fede e discipline scientifiche di mondi completamente estranei al nostro. 

Ritrovare questo nome vent’anni dopo in The Thaumaturge fa una sensazione strana. E sì, so che non è esattamente qualcosa di esoterico—i giocatori di Final Fantasy XIV e Pathfinder mi staranno guardando dall’alto delle loro classi omonime—ma la vita tende a intrecciarsi in modi inaspettati, il termine mi è capitato raramente sotto gli occhi da quel momento, e ogni volta che lancio questo gioco mi si accende in testa una lampadina con una precisa vignetta di una precisa storia. 

The Thaumaturge (Fonte: screenshot)

Un taumaturgo è una persona che compie miracoli. Un santone, insomma—il termine si sovrappone alle beatificazioni della chiesa cattolica, con la differenza che un taumaturgo è qualcuno in grado di fare miracoli a comando e che li comanda con notevole regolarità. Ergon, la seconda radice della parola di origine greca, vuol dire proprio lavoro—un taumaturgo è una persona che ha fatto del fare miracoli una scelta di carriera, o almeno è questo che sottintende il nome quando viene usato al posto di santo, uno per cui i miracoli tendono a essere più simili a una prestazione occasionale in ritenuta d’acconto. Per questo motivo il primo viene usato per creare classi di RPG e il secondo per popolare i calendari. 

Thaumata, l’altra parte della parola, vuol dire “miracoli”—ma i videogiochi l’hanno interpretata spesso come “magie”. Lo stesso Thaumaturge si apre con questa spiegazione—una sistematizzazione di un concetto di fede che, per quanto non tanto esoterico quanto la sua origine, può essere sistematizzato per un gioco molto più facilmente.

Con Wiktor, il protagonista del nostro gioco, la taumaturgia viene sistematizzata in maniera molto formale, quasi tassonomica. Basta fare una lista di concetti-statistiche introdotti prima del primo combattimento: laTraccia (Trace) lega gli oggetti del mondo di gioco alle nostre Dimensioni di taumaturgia (Heart, Mind, Deed, Word), ma i dialoghi e gli eventi sono spesso legati a quale Difetto (Flaw) abbiamo preso su di noi (l’Orgoglio è una grave pecca di Wiktor, ma non sarà l’unica), con ognuno di questi elementi che offrono opzioni statistiche diverse. E Wiktor ha il problema di aver perso il contatto con il suo Upyr, uno dei salutor evocabili dai taumaturghi, a cui si lega il sistema di upgrade per i combattimenti che tocca sia le Dimensioni che i possibili tipi di attacchi. I salutor sono attratti dalle persone con Difetti, ma sono protetti da Ombre, e la Traccia sarà d’aiuto a Wiktor nelle sue ricerche per risolvere vecchi problemi di famiglia.

Facciamo un passo indietro. 

The Thaumaturge (Fonte: screenshot)

The Thaumaturge è un gioco meccanicamente molto denso. C’è un mondo di misticismo e spiritualità che viene ricondotto a meccaniche non solo al livello di astrazione ludica, ma anche nella diegesi del gioco—la Traccia non è solo l’elemento dell’interfaccia che appare quando premi il tasto destro, che ti indica dove andare e con cosa puoi interagire in qualità di giocatore; è anche direttamente citata (e vista) dai personaggi. I Difetti non sono un elemento relegato al calcolo degli skill check, ma qualcosa di quantificabile dagli stessi personaggi, direttamente notati nella trama. Il mondo è interfaccia.

È un effetto strano. Una logicizzazione di cose che forse era meglio lasciare più vaghe lato mondo di gioco? È un modo di fare storie che ricorda più lo scrivere una pagina di una wiki che testi mistici o di folklore, o quel modo di scrivere manga che punta a sistematizzare ogni potere e abilità con numeri e classificazioni (HunterxHunter docet). È una delle due caratteristiche che spiccano di più per la sua identità, e che rende difficile sbrogliare la matassa e spiegare perchè sia un gioco di cui valga la pena parlare. 

È infatti anche un mondo molto politico—un aspetto che mi ha piacevolmente sorpreso. Un dialogo tra Viktor e un altro (famoso) personaggio a inizio gioco mette subito nero su bianco che gli sviluppatori prendono una posizione molto netta sulle questioni sollevate dall’ambientazione:

“Da dove vieni?” 

“Da Varsavia.”

“Ah, la Russia.”

“Polonia.”

“Quale Polonia? Quella russa, quella tedesca, o quella che appartiene all’Austria?

“Da Varsavia.”

È la prima pallottola che gli sviluppatori sparano, il primo segnale che questa storia va vista attraverso un’ottica precisa invece del centrismo molto più comune nel genere. È un gioco polacco, ancora più del fantasy di The Witcher, che sceglie di usare come flavor per i suoi flavor text la cultura del paese—dai menù dei ristoranti alle credenze popolari alla tomba di Maria Wisnowska, siamo davanti a un’ucronia molto più attaccata al lato storico che al lato fantasy. Questa è la storia della Polonia moderna, in senso metaforico, vista, vissuta e allegoricamente scritta tramite un avatar da noi controllato e a cui toccherà rispondere delle scelte che faremo una volta messi di fronte a questa dichiarazione d’intenti. Un avatar il cui rapporto con la sua nazionalità è complesso e sfaccettato.

The Thaumaturge (Fonte: screenshot)

Una corrente di nazionalismo pervade il gioco—non nel senso dell’estrema destra di oggi, ma nel contesto di orgoglio per la propria terra e per le sue tradizioni in un periodo storico, l’Europa slava di inizio ‘900, in cui queste tradizioni stavano venendo cancellate dalla Russia degli zar. Un periodo storico in cui si inizia a stagliare una, anzi, la Grande Guerra all’orizzonte, dando un sapore da fantasy realistico estremamente unico. È un mondo politico, un mondo in fermento, spaccato tra gli spasmi di imperi sull’orlo dell’abisso e la presa di coscienza del proletariato, immerso nella nascita dell’idea di stato-nazione—di un pezzo di terra che non è proprietà di una dinastia, ma casa di un popolo. E di tutti i rigurgiti reazionari che vi si opponevano.

Ed è una boccata d’aria fresca vedere personaggi discutere apertamente di identità e socialismo nel mondo reale, storico, in un medium, quello dei videogiochi per un pubblico ampio, che sembra scappare ogni volta che si apre un discorso dai contorni vagamente politici. No, The Thaumaturge non è un capolavoro, e se si dovessero sommare tutte le proprie parti, la presentazione, il lavoro tecnico, il doppiaggio, anche solo la consistenza della narrativa e dei dialoghi, sarebbe difficile tesserne le lodi senza molti asterischi. Ma i videogiochi sono arte, e l’arte non si fa su una scala da uno a dieci.

Quanto conta il fatto che il gioco sia molto limitato, che i dialoghi siano legnosi, che sia grezzo dal punto di vista tecnico quando posso dire che non riesco a smettere di pensarci? Che per ogni dialogo che sembra un riassunto di un walkthrough ci sono sprazzi di sottigliezza—sprazzi di genio sussurrato, come il cartello della stazione di Varsavia, con un nome in cirillico cancellato con violenza, che il protagonista commenta solo con un “Quando le persone si uniscono, cadono gli imperi” senza nessun altro contesto o traduzione. Chi ha orecchie per intendere intenda, chi non le ha ne resterà con la sensazione di essere abbandonato, ed è giusto che sia così: non tutto dev’essere per tutti.

The Thaumaturge (Fonte: screenshot)

Dio benedica i giochi doppia A—chi fa il passo più lungo della gamba magari scivola e cade in una pozzanghera, ma riesce a arrivare a destinazioni che i tripla A non raggiungeranno mai coi loro passi cauti in punta di piedi. C’è un’energia grezza in The Thaumaturge che farà storcere il naso a tantissima gente, c’è chi dirà che un RPG dalla durata di 15 ore è un insulto al genere, c’è chi non riuscirà mai ad abituarsi ai limiti del budget, ad animazioni poco curate, a doppiaggi altalenanti e a tutte le altre cose che non puoi ripulire senza milioni e milioni di euro in saccoccia. 

Queste persone non sanno cosa si perdono. C’è un’anima forte e molto arrabbiata all’interno di questo gioco, con una gran conoscenza della storia dei moti d’indipendenza polacchi (Wanda Krahelska-Filipowicz, o qualcuno di molto simile di nome Wanda, fa la sua comparsa in un ruolo semi-principale), e c’è anche la possibilità di unirsi a questi moti o causarne la disfatta. 

Quello che Thaumaturge fatica a realizzare sul lato tecnico o pratico, ai miei occhi, è completamente eclissato dalla sua ferrea voglia di farci interpretare una storia estremamente politica che tocca socialismo, antisemitismo (tanto, tantissimo antisemitismo, in un mondo pre-seconda guerra mondiale), resistenza violenta e fine degli imperi in una maniera diretta e senza peli sulla lingua. Disco Elysium lo guarderà dall’alto in basso in ogni suo aspetto, ma su almeno una cosa The Thaumaturge può difendersi con onore: la storia vera, politicizzata, difficile e molto, molto arrabbiata. E, nella mia testa, l’aver rimpiazzato l’immagine che appare quando sento la parola taumaturgo.