L’esplosione dei videogiochi indipendenti nell’ultimo decennio ha mostrato come il futuro del settore videoludico potesse passare da una rivisitazione delle sue origini. Reso storicamente inevitabile non solo da una fase di stanca delle produzioni mainstream, ma anche dall’avanzamento tecnologico necessario a sviluppare idee in grado di aggiornare le vecchie meccaniche di gioco—si pensi al platforming di FEZ o di Braid—quel fenomeno potrebbe ripetersi, prendendo la rincorsa e guadagnando slancio da un punto di partenza ancora più remoto: non più la pixel art dell’era degli 8 e dei 16 bit, ma addirittura le spartane interfacce delle prime avventure testuali. La nuova tecnologia coinvolta? L’intelligenza artificiale. È questo l’eccitante scenario che si profila mettendo alla prova AI Dungeon 2, creato da Nick Walton e dai suoi collaboratori David Wingate, Max Robinson e Alan Walton. Grazie all’interazione con l’intelligenza artificiale i possibili sviluppi delle avventure generate diventano infiniti: si può immaginare letteralmente qualsiasi cosa, comunicarla all’IA e ricevere un feedback coerente che porti avanti la storia1O che la concluda brutalmente: attenzione ai bitcoin, o alla pizza per gli stregoni..
Ho raggiunto Nick Walton per saperne di più sulle origini, il funzionamento e i possibili sviluppi di questo affascinante progetto open source, nato quasi per caso. «Stavo partecipando a un hackathon, ho sentito parlare di GPT-2 e ho deciso di provare a lavorarci su», mi racconta. «Mi sono reso conto che poteva essere utilizzato per generare storie interessanti, e alla fine è venuto fuori AI Dungeon». La prima versione rappresentava un discreto traguardo, ma aveva ancora limiti abbastanza stringenti. «Usava un modello decisamente più piccolo (di circa 15 volte) ed era anche costretto a far scegliere al giocatore una tra due possibili azioni. AI Dungeon 2 invece usa un modello più grande e permette al giocatore di fare qualsiasi cosa. È stato anche addestrato con le avventure testuali, perciò ha una maggiore qualità in termini di narrazione in seconda persona».
Vediamo di capire meglio come funziona tutto ciò, a partire dal GPT-2, acronimo per Generative Pretrained Transformer 2. «In parole povere, è una versione estremamente avanzata del predittore della prossima parola che si trova su qualsiasi telefono. Data una sequenza di parole, prova a prevedere quale sia la parola successiva più probabile. La versione base è stata addestrata su 40 GB di contenuti presi da internet, perciò ha una profonda conoscenza del mondo e della lingua inglese», mi dice Walton. «Per creare AI Dungeon ho usato la versione base e l’ho affinata con le avventure testuali». A tale scopo è risultato utile poter attingere a un vasto archivio come quello di ChooseYourStory. «Questo ha aiutato l’intelligenza artificiale a restare fedele al formato in seconda persona delle avventure testuali, pur conservando la conoscenza del mondo e della lingua inglese del GPT-2 di base».
Da quando AI Dungeon 2 è stato lanciato a dicembre innumerevoli storie sono state generate e condivise online. Per farsi un’idea delle infinite possibilità a disposizione del giocatore, un buon punto di partenza è il subreddit dedicato. Quando gli chiedo di indicarmi una storia generata dall’intelligenza artificiale di cui sia particolarmente sorpreso o soddisfatto, Nick Walton mi segnala questa rapida distruzione dell’intero universo e di ogni cosa esistente; ma la libertà è tale che desta meraviglia persino l’esplorazione di possibilità molto più ordinarie, ad esempio incentrando tutta un’avventura sull’installazione di OpenCV sul proprio sistema operativo. Nonostante questa mole produttiva, l’intelligenza artificiale al momento non sfrutta l’interazione coi giocatori per migliorare se stessa.
Aiutare l’AI ad apprendere dalle storie generate rientra però tra le intenzioni degli sviluppatori, che intanto hanno raccolto diversi sponsor, e un cospicuo numero di finanziatori su Patreon, allo scopo di portare avanti il progetto. «Nel breve termine lavoreremo sul multiplayer e sulla condivisione delle storie, ma vogliamo anche aggiungere nuove caratteristiche e nuove modalità di gioco», mi racconta Walton. «Nel lungo termine possiamo immaginare un mondo rappresentato graficamente in cui la storia e i contenuti siano generati dall’intelligenza artificiale, e non vediamo l’ora di trasformare in realtà queste potenzialità». Già, perché lo step successivo è inevitabilmente il passaggio dall’avventura testuale all’avventura grafica. Si fa presto a immaginare poi quali sarebbero gli sconvolgenti esiti di un’implementazione dell’intelligenza artificiale nei grandi mondi open world di giochi come Grand Theft Auto o The Witcher. Ogni azione del giocatore si tradurrebbe in nuove side quest e aree da esplorare generate all’occorrenza, con nuovi nemici, NPC e oggetti; si ridefinirebbe il concetto stesso di libertà all’interno di un videogioco, e si renderebbero all’istante obsoleti tutti i titoli usciti in questi anni.
Ci sono sicuramente molti aspetti su cui lavorare: per prima cosa, un utilizzo di questo tipo dell’IA sarebbe spaventosamente avido di risorse; bisognerebbe poi realizzare un motore di gioco capace di generare in modo soddisfacente pressoché qualsiasi asset grafico, e di farlo velocemente. Inoltre, pur concedendo al giocatore un ambito di libertà senza precedenti, si dovrebbe trovare un modo per circoscriverlo e dotarlo di senso, pena la perdita di componenti ludiche fondamentali quali un contesto, degli obiettivi, una narrazione—che non mancano, seppur ridotte ai minimi termini, nemmeno nei titoli più sperimentali. Sarà una bella sfida per qualsiasi game designer, perché il futuro dei videogiochi passa probabilmente da qui. «Lo credo anch’io», mi dice Walton. «C’è una grande voglia di avere mondi dinamici dettagliatissimi e un’ampia libertà per i giocatori, e ci si può spingere solo fino a un certo punto se le regole e i contenuti sono fatti a mano. Ci sono alcuni limiti che riguardano la computazione, tuttavia l’efficienza del modello migliora con estrema rapidità, perciò non credo sarà un grosso problema nel lungo periodo».