Le origini di Spelunky, tra Game Maker e Indiana Jones

Un gioco che si inserisce in una lunga tradizione di storie di esplorazione e avventura.

La prima versione di Spelunky che ancora conservo è datata 29 giugno 2008 ed è salvata con il nome incredibilmente poco descrittivo di “EXPLORER.GMK”. Aprendo ora il file con Game Maker, noto che il protagonista, Spelunky Guy, ha un aspetto un po’ diverso da quello attuale—la tesa del suo caratteristico “borsalino con una lampada da minatore attaccata sopra” è più corta di un pixel su entrambi i lati, rendendolo più simile al classico casco da speleologo, e mancano i due pixel di capelli scuri che disegnano l’orecchio sulla sua testa, e un pixel di ombreggiatura su una delle sue mani. In un piccolo sprite che misura solo 16×16 pixel queste piccole modifiche sono disturbanti. Trovo anche le tracce di vecchi prototipi di altri platform che restano nel progetto come rovine di antiche civiltà. Ci sono slime, goblin, briganti e gargoyle da un prototipo, e lo sprite di un missile, un ragno robotico e una stanza vuota (chiamata “rWestTower2”) da un altro. Per il resto, questa versione di Spelunky, anche se presenta un solo livello con pipistrelli, spuntoni e trappole con le frecce, assomiglia in tutto e per tutto alla versione definitiva [quella di Spelunky Classic, n.d.t.], dimostrando quanto velocemente fosse stato completato il design di base.

Spelunky
Un estratto dal libro
Spelunky
Autore
Derek Yu
Traduzione di
Gilles Nicoli
Editore
Boss Fight Books
Anno
2016
Praticamente tutti gli elementi chiave di Spelunky sono presenti in EXPLORER.GMK. Innanzitutto i livelli generati casualmente, la principale caratteristica del gioco. In secondo luogo, anche se l’attacco con la frusta non è disponibile, si possono piazzare bombe e distruggere pareti, creando cunicoli che permettono a Spelunky Guy di scendere verso le parti inferiori del livello e negli infiniti spazi sottostanti.

Distruggere gli scenari è una possibilità abbastanza recente nei videogiochi. Nella maggior parte dei giochi, a parte alcuni elementi specifici che sono pensati per essere distrutti (ad esempio, un muro con delle crepe evidenti), gli sfondi, anche le finestre o le recinzioni in legno, sono assolutamente impenetrabili. Il motivo non è solamente che uno scenario indistruttibile è un facile mezzo per costringere il giocatore all’interno di un percorso, ma anche che rendere tutto distruttibile è impegnativo e richiede tempo. Per distruggere un pezzo di mondo è necessario che questo si rompa in modo convincente, e anche che ci sia qualcosa dietro con cui il giocatore possa interagire. È uno dei motivi per cui è più facile trovare un terreno distruttibile nei vecchi giochi piuttosto che nelle grandi produzioni odierne—crescendo la complessità e il realismo dei mondi di gioco, è cresciuta anche la difficoltà di mandarli in pezzi.

Chi di voi vivesse in Giappone nel 1983 e fosse in possesso di un computer Sharp X1, avrebbe potuto provare Kagirinaki Tatakai, un oscuro gioco di azione a scorrimento laterale in cui il giocatore controlla un uomo equipaggiato con jetpack, laser, razzi e granate. L’aspetto più interessante del gioco è che quasi tutti i suoi livelli erano interamente distruttibili. E anche se non ho mai giocato Kagirinaki Tatakai di persona, un articolo sul gioco mi ha comunque ispirato, portandomi a inserire terreni distruttibili in Spelunky. Nell’articolo, scritto per il sito Hardcore Gaming 101, John Szczepaniak afferma:

Ad aggiungere realismo c’è il fatto che si possono distruggere gli scenari in tempo reale. Qualsiasi parte di essi. Tutti quanti. Davvero. Vedi quel pavimento? Se non ti va di farti largo in un labirinto di nemici, distruggilo usando una bomba e aggirali. Questo dà un’enorme profondità strategica al gioco, perché puoi creare buchi nel pavimento e far venire fuori i nemici uno alla volta per eliminarli, o evitarli in blocco. Ma dal momento che le tue granate sono limitate, e sono essenziali per superare i livelli successivi, devi usarle con attenzione.

Sembra una buona idea, no? Il terreno distruttibile non solo dà al giocatore maggiore agibilità, rendendo il gioco più immersivo, ma rende anche più facile la generazione dei livelli, dato che lo sviluppatore può creare aree inaccessibili senza problemi. Il sistema di generazione dei livelli che ho usato in Spelunky si basa sull’impossibilità di accedere all’intero livello senza distruggere alcuna parete.

Un altro elemento chiave presente in questa vecchia versione è il “tema” di Spelunky che, in termini di game design, si riferisce all’ambientazione, alla storia e all’immaginario che colleghiamo alle regole astratte del gioco. Il nome Spelunky è un riferimento alla speleologia. In origine non doveva essere quello il nome finale del gioco—avevo solo bisogno di un nome più interessante di “explorer” per uno screenshot che volevo postare online. È stato un altro sviluppatore indipendente, Phil Fish, che mi ha fatto riconsiderare questo nome quando ha risposto “Spelunky, eh? Mi piace”. Ripensandoci, non è chiaro se volesse dire che gli piaceva il nome o lo screenshot, ma ho preso il primo per buono.

Spelunky
Fonte: Spelunky World

Tematicamente, Spelunky deriva da una lunga tradizione di storie che parlano di uomini rudi che si fanno strada nel folto della giungla, esplorando antiche rovine e finendo col profanare i luoghi in cui riposano civiltà scomparse da tempo, alla ricerca di gloria e tesori. Il più conosciuto di questi avventurieri è Indiana Jones, un personaggio creato da George Lucas e Steven Spielberg per una serie di quattro film. I primi tre, che uscirono negli anni ‘80, mi colpirono molto, in particolare Indiana Jones e il Tempio Maledetto, con le sue trappole spaventose e le sanguinolente scene di sacrifici umani e i cervelli di scimmia semifreddi.

Indiana Jones ha avuto un grande impatto anche sui videogiochi. Così come Alien ha influenzato videogiochi di fantascienza come Contra e Metroid, Indiana Jones ha ispirato cacciatori di tesori digitali come Pitfall Harry, Rick Dangerous, Lara Croft e Nathan Drake. Non c’è da sorprendersi, considerata la popolarità di Indiana Jones, l’influenza del cinema sui videogiochi in generale, e il fatto che esplorare pericolose rovine in cerca di fama e di ricchezza è sempre stato un tema popolare nei videogiochi.

Fonte: Wikipedia

Lo stesso “Indy” era una collezione di omaggi, prendendo ispirazione da James Bond, ma anche da film e romanzi pulp consumati da Lucas e Spielberg quando erano ragazzi. Il suo aspetto—il borsalino, la giacca marrone, i pantaloni color cachi, la borsa a tracolla—si dice sia stato influenzato da Harry Steele, il personaggio interpretato da Charlton Heston nel 1954 nel film d’avventura Il segreto degli Incas, che è una fonte di ispirazione riconosciuta per il primo film di Indiana Jones, I Predatori dell’Arca Perduta. E la sua fidata frusta? Da Zorro, che ne portava una legata alla sua cintura e, nel serial La maschera di Zorro, la usava per strappare di mano la pistola a qualcuno e lanciarla fuori dalla finestra. E parlando de I Predatori dell’Arca Perduta, il film era anche ispirato, tra le altre cose, alle avventure a fumetti di Paperino e Paperon de’ Paperoni, di cui Lucas era un grande fan da piccolo. L’iconica trappola da cui Indy si salva per un pelo all’inizio dell’Arca Perduta è molto simile a quella presente nella storia Zio Paperone e le sette città di Cibola, disegnata da Carl Barks. La somiglianza si spinge fino al modo in cui la trappola viene innescata—sollevando un idolo dal suo piedistallo.

Con questo non voglio dire che Lucas e Spielberg non siano originali, ma solo che sono parte della lunga tradizione di racconti d’avventura in cui anche Spelunky si colloca. E quello che hanno dato con Indiana Jones è molto più di quanto abbiano preso in prestito. È questo che lo rende Indiana Jones e non un clone di Harry Steele o una derivazione di Zorro. Anche il prendere in prestito, se viene fatto onestamente e con vero amore e rispetto, è una buona cosa—un modo per far conoscere a un nuovo pubblico vecchie serie e fumetti di cui altrimenti non avrebbe probabilmente mai sentito parlare. In un certo senso produrre, sperimentare e interagire con l’arte è come partecipare a una lunga conversazione che gli artisti hanno fatto e continueranno a fare in futuro.

I temi funzionano anche come una specie di lubrificante per comprendere le regole di un gioco, perché danno vita ai concetti astratti collegandoli a scenari concreti che chiunque può capire. Il miglior esempio di questo forse non è un videogioco ma un gioco da tavolo: gli scacchi. Senza dubbio, il regolamento degli scacchi è bello di per sé, e sono le sue regole ad averlo reso un gioco così influente e duraturo nel tempo. Ma facciamo finta che i pedoni non siano pedoni, i cavalli non siano cavalli, il re e la regina non siano un re e una regina, e così via, ma che siano invece figure astratte di diverse dimensioni. Se il tema militare del gioco venisse rimosso completamente, gli scacchi resterebbero un gioco elegante, ma non altrettanto coinvolgente. È molto più avvincente avere un cavallo che supera una fila di pedoni per attentare alla vita del re che muovere una forma da una parte della scacchiera a un’altra. La personificazione dei pezzi degli scacchi rende anche le regole più facili da imparare—pensare al cavallo mi aiuta ad associarlo al suo movimento a saltare i pezzi avversari.

Spelunky
Fonte: Spelunky World

In Spelunky, il tema delle caverne sembra adatto per una serie di ragioni. Ad esempio, avevo già deciso che il giocatore avrebbe dovuto muoversi verso il basso per raggiungere le uscite, dato che è più facile permettere al giocatore di cadere piuttosto che generare un percorso che possa essere scalato. Caverne, grotte e altri scenari naturali o in rovina inoltre si prestano bene ai videogiochi perché sono facili da inserire in livelli di qualsiasi forma senza che sembrino fuori posto. Questo è ancora più utile quando è un algoritmo a generare i livelli e non è possibile prevedere quale aspetto avranno. Anche se è certamente possibile ambientare un gioco in, mettiamo, un immacolato palazzo di uffici, la rigidità e la ripetitività degli schemi diventano presto noiosi e restringono le possibilità di movimento del personaggio. Infine, volevo dare al giocatore l’equipaggiamento necessario a creare da solo i propri percorsi, e la strumentazione di un minatore con corde, bombe e picconi era la soluzione naturale per farlo.

Finché il tema è coerente con le regole, non importa se abbia del tutto senso nella vita vera. In apparenza, una storia su un idraulico italo-americano che salva un Regno dei Funghi dalle tartarughe sembra surreale e disconnesso dalla realtà. Ma dopo aver giocato solo per qualche minuto a Super Mario Bros., iniziamo ad accettare che mangiare funghi ci rende più grandi, che i fiori ci permettono di lanciare palle di fuoco, e che saltando sulle koopa potremo calciare i loro gusci vuoti lungo il pavimento. Considerato quanto velocemente gli esseri umani si adattano alle nuove situazioni, avrei potuto ambientare senza problemi Spelunky in un mondo dove si possono distruggere pavimenti di cheesecake con dei pinguini esplosivi, ma dato che c’era già così tanto da imparare per il giocatore, e da progettare per me, aveva senso partire da un’ambientazione già conosciuta sia dal pubblico che dal sottoscritto. Questo è stato lo stesso ragionamento che ho fatto quando ho iniziato a realizzare platform con Game Maker: usare ciò che è familiare come una solida base per imparare qualcosa di nuovo.

Spelunky è stato il mio progetto più facile da sviluppare e anche quello di maggiore successo finora, e credo che questo sia dovuto al fatto che gli elementi chiave—il tema, la generazione casuale dei livelli, il terreno distruttibile—funzionano tra loro senza frizioni. Nulla è stato sacrificato per inserire qualcos’altro e ogni parte amplifica il segnale delle altre parti.

Mi viene in mente la definizione di buona idea che ha dato Shigeru Miyamoto: “Una buona idea è qualcosa che non risolve solo un singolo problema, ma che può risolvere molti problemi in una volta sola”. Una volta implementate queste buone idee, sembrava fosse solo questione di sistemare i buchi più evidenti e di aggiungere più contenuti. Le nuove idee o avevano senso, inserendosi negli schemi esistenti senza troppe forzature, o venivano subito scartate. In altre parole, Spelunky ha iniziato a progettarsi da solo sin dalle prime fasi.