Ciò che avviene per necessità, ciò che è atteso, che si ripete ogni giorno, tutto ciò è muto. Soltanto il caso ci parla. Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione.
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere
Quante volte ho immaginato: questo mondo è ormai alla frutta, non lo cambi più e allora una bella esplosione nucleare, la civiltà corrotta dal capitalismo va a farsi benedire e se, con un po’ di fortuna, un pugno di uomini sopravvive avrà la possibilità di ricominciare da zero senza commettere gli stessi errori. Elex mi ha regalato questo scenario, insieme alla consapevolezza che no, non basta ricominciare da zero per avere un mondo migliore e uomini di buona volontà. Però questa è la fine della storia, partiamo dall’inizio. Tecnicamente il gioco pubblicato da Piranha Bytes nel 2017 risente di qualche anno di troppo, ma non che al suo day one spiccasse per un reparto grafico, texture e risposte audio all’avanguardia, anzi.
A riguardo ha ricevuto molte critiche, moltissime critiche, ma a me frega niente perché in un GDR in prima persona cerco altro: storia, personaggi, decisioni, capacità di influenzare il mondo e su questo aspetto Elex non delude neanche un po’. Si viene catapultati in un mondo alla fine del mondo, dilaniato dall’arrivo di un misterioso meteorite carico carico di Elex, appunto, e suddiviso in fazioni: i sopravvissuti, infatti, alternando periodi di guerra e pace, chissà Tolstoj quanto si sarebbe divertito, hanno scelto di ricostruire l’umanità in modi bizzarri e poco compatibili. Fosse solo questo il problema, sarebbe cosa da niente.
In realtà le terre del cosiddetto mondo libero, assediate da Berserker, Chierici e Fuorilegge, vedono incombere la minaccia delle Albe, ultrauomini privi di sentimenti e pronti a tutto per assecondare l’ibrido e la direttiva. Sembra un gran casino e infatti lo è, anche perché, ancor prima di capire bene come sia suddiviso questo mondo, quali forze siano in ballo, ci si ritrova a vestire i panni di un comandante delle Albe che è stato appena disarcionato dalla sua navicella ultrasonica ed è scampato per miracolo alla fucilazione da parte del fratellino. Sì, pronti partenza via e ci ritroviamo subito in una faida familiare, con una sottotrama da Delitto e castigo alla ricerca di chi ci ha colpiti, di chi ha manomesso il nostro veivolo, ma soprattutto a dover fare i conti con le emozioni.
Non ve l’avevo detto che siamo dei tossici in astinenza da Elex? Non ve l’avevo detto, ma adesso lo sapete. Come ex Alba abbiamo completamente dimenticato il valore delle emozioni e dei ricordi, venendo così, di tanto in tanto, bersagliati da flashback che dovrebbero darci delle risposte, ma non fanno altro che aumentare la confusione. Ricordiamo poco e niente, non abbiamo attrezzatura, siamo diventati dei ricercati, reietti senza arte né parte e sentiamo la mancanza dell’Elex. L’Elex, l’Elex, l’Elex, parliamo del vero e segretissimo protagonista di tutta questa faccenda. Il misterioso meteorite ha distrutto il vecchio mondo, ma ha sparpagliato tonnellate di questo strano materiale e ogni fazione, ogni essere vivente, in qualche modo ne è dipendente.
I Chierici, devoti all’ennesima mistica divinità e capaci di influenzare le menti e sfruttare l’Elex per riportare in vita, migliorandola, la tecnologia del vecchio mondo; i Berserker—fazione con la quale ho deciso di completare la storia perché fornita di un’estetica di prim’ordine, oltre a spade fiammeggianti, archi velenosi e altre armi deliziose—hanno scoperto come raffinare l’Elex per trasformarlo in mana e di conseguenza in magia, una magia per attaccare i nemici e per seminare cuori del mondo portando la natura primordiale a ripopolare il pianeta; i Fuorilegge hanno visto nelle droghe la possibilità di divertirsi e diventare più forti, dediti soltanto al profitto personale e al denaro; le Albe assumono Elex puro sacrificando emozioni e individualità per una memoria che si fa collettiva, più acuta, più forte, più intelligente; infine i Separatisti delle Albe hanno deciso di continuare a farsi di Elex, per carità, ma non sacrificare la propria vita per l’ibrido, questa specie di super essere che pretende per sé la totalità dell’Elex del pianeta per poter raggiungere un nuovo stadio evolutivo.
Poi ci sono anche una serie infinita di mutanti, mostri, bestie, tutti vittime del potere dell’Elex che se non contrastato trasforma ogni essere senziente in una specie di Alien spietato. Insomma, in un modo o in un altro, ogni essere presente nel mondo ha una dipendenza, che sia la tecnologia, che sia il mana, che sia lo stesso Elex, e il protagonista non è da meno: la sete di vendetta, la voglia di recuperare armi, navicella, drone d’ordinanza e magari scoprire cosa sia veramente successo, diventano un’ossessione martellante guidandoci nella scelta della nuova vita da intraprendere. Fin da subito dovremmo prendere decisioni irrevocabili, proprio come nella vita vera: is this the real life? Is this just fantasy? Cantavano i Queen e il dubbio, nonostante l’atmosfera apocalittica, i mutanti che sputano veleno e fucili laser, mi è venuto più di una volta.
Siamo messi costantemente alle strette da una domanda: cosa è giusto fare? E la bellezza di Elex è che non esiste una sola risposta giusta. Ogni giocatore potrà creare la sua versione quasi unica della storia. Viaggetto in solitaria? Ve lo sconsiglio, meglio scegliere una fazione e trovare un compagno di viaggio tra i tanti disponibili: un open world molto open e molto pericoloso. Prima di trovare delle buone armi e di comprendere il meccanismo dei combattimenti si muore che è un piacere, si sperimentano modi sempre nuovi per andare all’altro mondo. Il vantaggio della prima e snervante fase? La possibilità di prendere dimestichezza con le bestie più o meno aggressive, accumulare moneta sonante, imparare ricette per gustose bistecche di mutante e morire. Si muore spesso, spessissimo, provando la stessa insofferenza di un neonato quando lo staccano dal seno materno. È un mondo crudele. È una natura primordiale. È la natura matrigna, pare di sentire Leopardi cantare.
Fare un resoconto della trama è impossibile perché si tratta di cento storie in una, tutto dipende dalle scelte intraprese fin dall’inizio: le fazioni si ricorderanno di voi, i vari PNG anche, potrete sbloccare infinite abilità, potrete uccidere qualunque cosa si muova—persino i personaggi principali influenzando in modo notevole lo scorrere degli eventi. Tutti muoiono, compreso il protagonista che però torna puntualmente in vita ancora più nervoso di prima e pronto a morire di nuovo. In linea di massima vi ritroverete a esplorare, morire, cacciare, morire, sparare, morire, rincorrere, morire, accumulare denaro, morire, risolvere missioni secondarie, morire, fare amicizia, morire, trovarvi una compagna di letto, morire, affiliarvi o meno a una fazione, morire in solitaria o in compagnia.
Ecco, a proposito delle compagnie, portarsi a spasso un compagno è utilissimo, così come è utile far rivoltare bestie diverse contro i vostri bersagli assistendo in sicurezza a una carneficina, ma non aspettatevi dei miracoli: l’intelligenza artificiale dei vostri compagni di viaggio è pari a quella di un Boldi in un qualsiasi cinepanettone. Cercate di non essere De Sica perché non è che i nemici, una volta trovate delle armi decenti, diventino inoffensivi. L’aspetto meglio riuscito è sicuramente la storia, il dispiegarsi della trama che diventa più oscura e più chiara—sì, è possibile questa dicotomia—man mano che si procede con la missione principale. Tutti nel mondo Elex sono dei fanatici accecati dalla propria incompatibile fede, vi spetta solo scegliere da che parte stare e, fidatevi, dovrete farlo prima o poi.
Il sogno di un mondo diverso però, nonostante le infinite possibilità di gioco, è destinato a fallire miseramente: l’Elex, per chi ha praticità con le follie di Lem autore di Solaris, è fratello gemello di quel mare intelligente capace di mille miracoli, più vivo di quel che sembra. E, come il mare di quel pianeta disperso nello spazio, pare ricordare all’uomo di essere sempre solo di fronte ai suoi fantasmi. Ha uno scopo segreto, una missione inconoscibile, parla una lingua sconosciuta. Non è un minerale, non è un essere vivente, non è una droga, non è magico, ma possiede la capacità di influenzare la storia e le menti di tutti, di spingere il mondo verso la direzione che soltanto lui sembra conoscere.
Il meteorite non è precipitato per caso, ma questo lo scopriremo quando sarà ormai troppo tardi per cambiare il destino del mondo. Quell’istinto che qualche riga più in alto ho definito memoria collettiva, arrivati in fondo alla storia pare quanto mai azzeccato: Durkheim parlava di rappresentazione collettiva, ma già Halbwachs ampliò il concetto fino a includerci anche i ricordi, e quindi la memoria.
Il passato che non è solo individuale, ma si forma e viene custodito dalla società e dalla stessa viene rievocato, ma in che modo? Non può essere intatto, spesso è una scheggia, un frammento, una prospettiva, si solidifica in forme più o meno attendibili e in tali forme viene riesumato dando significato al presente. La memoria non è più il magazzino di Sant’Agostino, ma si fa plastica alla maniera di Hegel, e tutta la storia non è incisa quanto reinterpretata. Ogni ricordo, in una prima visione del filosofo francese, è definita da due condizioni, una a valle e una a monte, una a priori e l’altra a posteriori: la prima è proprio la memoria collettiva, la seconda invece è definita dalle esigenze del presente e dalla società.
È un gesto individuale andare a pescare il singolo ricordo, ma la sua interpretazione risentirà del contesto. E cosa fanno le fazioni se non contendersi il medesimo ricordo interpretandolo in maniere contrapposte? Il vecchio mondo aleggia, la disgrazia, il meteorite, la distruzione, nulla di tutto questo può essere dimenticato, è parte della cultura dei nuovi popoli. Eppure, sebbene siano eventi condivisi e globali, non riescono a condurre a una comunione di intenti. È come se l’uomo dimenticasse nello stesso atto del ricordo, volendo confermare la filosofia di Halbwachs. La latenza salva l’uomo dal ricordare tutto, condannandolo a ripetere gli stessi errori, ma permettendo di conservare la tendenza della vita a preservare se stessa. Anche dal mostro di una memoria aliena come quella dell’Elex che arriva a scombussolare equilibri già precari.
Meglio così, mi dico, perché nonostante i miei sforzi per un mondo migliore mi sembrava di andare incontro alla fotocopia sbiadita di quello in cui vivo, con tutti i suoi controsensi. Spengo con un certo sollievo, dicendomi che in fondo non è stata colpa mia, che se non ci fosse stato l’Elex forse sarebbe stato diverso, mi sarebbe bastato avere un mondo vergine per ricominciare come si deve. Forse avrei scelto ancora una volta una natura primordiale o forse il caos delle droghe, magari la fede cieca in un essere superiore, insomma avrei scelto una strada e formato il mondo a mia immagine e somiglianza. Lo dico e so che non è vero, è solo una scusa, una delle tante, ma va bene così. In fondo siamo tutti uomini, chierici, berserker o fuorilegge che sia, ed è questo il bello. Da soli si muore, insieme si può fare qualcosa. Non sarà la perfezione, ma a chi importa veramente? Mal che vada, non salvare e riavvia.
L’uomo, contrariamente alle apparenze, non si crea degli scopi. Glieli impone il periodo nel quale nasce, ed egli può servirli o ribellarvisi, ma l’oggetto del suo servizio o della sua rivolta gli è dato dall’esterno. Per cercare i propri scopi in libertà assoluta l’uomo dovrebbe essere solo, e non può riuscire, poiché l’uomo che non è educato tra la gente non può diventare uomo.
Stanislaw Lem, Solaris