“Rilassati e divertiti”. “Fai scorrere via lo stress”. “È tempo di un po’ di relax”. Tutti i giorni, più volte al giorno, ricevo consigli di questo tipo. Non da mia madre, o dal mio analista, o dal mio maestro di yoga: da Candy Crush Saga.
Nella remota ipotesi che qualcuno di voi non lo conosca, Candy Crush Saga è un gioco per browser e dispositivi mobili. Tecnicamente è quello che si definisce un match 3, un rompicapo a turni nel quale il giocatore deve spostare degli oggetti—nel dettaglio, caramelle—su una griglia in modo da formare file di tre elementi identici. Digitando “match 3” sull’iTunes App Store si trovano circa 2.200 titoli, ma Candy Crush è di gran lunga il più longevo e fortunato: lanciato nel 2012, oggi può contare su circa 200 milioni di giocatori mensili.
Da qualche mese quei milioni di giocatori vengono accolti da frasi come “Scorri, abbina e rilassati”, “Fuggi dallo stress di oggi”, “Rilassati e gioca con le caramelle”, che hanno cominciato ad apparire nella schermata d’apertura di Candy Crush. Messaggi che possono suonare un po’ incongrui per un prodotto da sempre pubblicizzato come eccitante, chiassoso, variopinto o comunque stimolante; che non è proprio l’opposto del relax, ma quasi. Si direbbe che la King—la società che ha creato il gioco, fondata dall’italiano Riccardo Zacconi e venduta nel 2015 alla Activision Blizzard per quasi sei miliardi di dollari—abbia improvvisamente deciso di puntare su Candy Crush in funzione ansiolitica.
Non è un caso isolato. Ho perso il conto degli annunci sponsorizzati che negli ultimi tempi hanno cercato di farmi comprare “the most relaxing game ever”. Di solito si tratta di coloring book per adulti in versione touch screen, o gestionali che simulano ristrutturazioni di ville in campagna, o altri match 3; sono giochi dai ritmi soft e dal grado di sfida molto basso o nullo, evidentemente pensati più per distendere i nervi che per mettere alla prova il giocatore. È un fenomeno nuovo: a quanto ricordo, dal Vic 20 in poi si è sempre cercato di vendere i videogiochi come divertenti, nelle molteplici accezioni possibili del termine. Prima di un annetto fa, non ho memoria di giochi presentati come rilassanti.
D’altronde un altro fenomeno recente è il boom delle app dedicate alla cosiddetta mindfulness. Come Calm, che ti insegna a scacciare i pensieri negativi e regolarizzare il respiro. O WeCroak, che ti invia reminder sulla tua mortalità per invitarti a vivere nel qui e ora.
Insomma, in un’epoca nella quale un maggiorenne su cinque soffre di stress da superlavoro, l’ausilio alla sanità mentale è diventato una categoria merceologica sexy anche per gli imprenditori digitali. E la corazzata Candy Crush—che continua a navigare in buone acque, ma negli ultimi tre anni ha visto calare il numero dei suoi utenti affezionati quasi della metà—ha deciso di adeguarsi, modificando quello che nel gergo del marketing è il suo posizionamento strategico.
Per ironia della sorte il cambio di rotta, dettato con ogni evidenza da calcoli commerciali, rischia di far scoprire a Candy Crush la sua vera anima: quella dello strumento di meditazione. Sull’argomento molti hanno le idee confuse, c’è chi crede che meditare significhi sedersi in posizioni scomode a riflettere sui misteri dell’universo. La meditazione è l’esatto opposto: è la ricerca del vuoto mentale, del non pensiero. Dopotutto chi non pensa non soffre.
Per meditare non è indispensabile stare seduti nella posizione del Loto e ripetere ad libitum mantra di una sillaba. Si dice che il rabbino Abraham Chaim—esponente del chassidismo, corrente della spiritualità ebraica dalle non poche somiglianze col buddhismo zen—raggiungesse la pace interiore lavando i piatti. Qualunque attività abbastanza complessa da richiedere la tua concentrazione e contemporaneamente abbastanza semplice da poter essere compiuta senza sforzo a tempo indeterminato può diventare una sessione di meditazione.
Candy Crush ha tutti i requisiti. È un gioco strategico, quindi richiede di riflettere su ogni mossa, ma a differenza di altri giochi implica un impegno molto limitato: come nelle tecniche di meditazione classica si ripete sempre la stessa parola, così in Candy Crush si ripetono sempre gli stessi movimenti, destra – sinistra, su – giù. Inoltre non ti mette in competizione né con altri giocatori né contro il tempo: non è un caso che i livelli temporizzati, in origine una costante, siano scomparsi dagli ultimi aggiornamenti. Siete soltanto tu e un’infinita, ipnotica distesa di caramelle colorate, curiosamente simile ai mandala di sabbia creati e poi distrutti dai monaci tibetani.
Non è da escludere e, anzi, è plausibile che il successo di Candy Crush sia dovuto proprio alla facilità con la quale consente a chiunque di raggiungere e mantenere quello che gli psicologi chiamano stato di flusso; un’identificazione totale nel presente, una condizione nella quale gli spettri del passato e del futuro che generano le nevrosi non hanno diritto di cittadinanza. E se ti sembra che si stia attribuendo troppo potere a un semplice casual game, sappi che in Rete ci sono già testimonianze di persone che hanno notato come giocare a Candy Crush le renda più equilibrate e produttive, o addirittura le aiuti a gestire le dipendenze.
Certo, è eccessivo chiedere ai giochini da smartphone di salvare il mondo. Ma in un contesto nel quale si spendono 900 miliardi di dollari l’anno in psicofarmaci ogni aiuto, anche il più improbabile, è ben accetto. In fondo le caramelle sono comunque meglio delle pillole.