Sviluppato da Ovid Works, uno studio indipendente polacco, Metamorphosis è un videogioco liberamente ispirato a La metamorfosi di Franz Kafka; nella produzione confluiscono tuttavia anche suggestioni e tematiche specifiche di altre opere dello scrittore di Praga, come Il processo. Meno prolifico rispetto a quello con il cinema, il dialogo tra videogiochi e letteratura ha tuttavia prodotto, negli ultimi anni, titoli di richiamo come la trilogia di The Witcher e la serie di Metro. Le produzioni di Andrzej Sapkowski e Dmitrij Gluchovskij, le quali hanno innegabilmente beneficiato del successo delle loro trasposizioni videoludiche, sono soltanto due delle molte opere letterarie adattate.
I libri trasposti, durante l’intera storia dei videogiochi, vanno dal romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, divenuto un’avventura testuale e adattato anche per il grande schermo da Truffaut, al meno celebre Hard to Be a God dei fratelli Strugatsky, dal quale sono stati tratti due film e un videogioco di ruolo. Tanto vasta quanto pervasiva, l’influenza di Lovecraft sul medium videoludico è poi difficilmente calcolabile. Metamorphosis, peraltro, non è il primo videogioco sviluppato sul tema: soltanto qualche anno fa, The Franz Kafka Videogame di Denis Galanin si proponeva di catturare l’immaginario surreale dell’autore boemo, ricorrendo però a una struttura ludica da punta e clicca.
Gli autori di Metamorphosis approcciano il classico della letteratura usandolo, però, soltanto come mero trampolino, realizzando un’avventura 3D meno ambiziosa di quanto fosse inizialmente lecito sperare. Muovendo da una struttura grezza da platform tridimensionale, Metamorphosis stende una narrazione decisamente convenzionale. Gli strumenti del racconto, alquanto tradizionali e forse anche obsoleti, tendono a contenere l’elemento autenticamente surreale, enfatizzando quello fantastico. Viene allora meno la carica disturbante dell’opera originale, condensata com’era dalla presenza discreta ma ineluttabile dell’assurdo.
Pur conservando, tra gli altri, il tema della burocrazia come astrazione disumana, la produzione di Ovid Works vira fortemente verso un approccio più avventuroso, diluendo il suo potenziale allegorico con uno svolgimento narrativo da avventura di genere. Gregor Samsa, il celebre commesso viaggiatore protagonista del racconto kafkiano, visita e attraversa concretamente la civiltà degli insetti: proprio questo piccolo mondo, nel quale non mancano strutture e servizi, stride maggiormente con l’indeterminatezza conturbante dell’opera originale, essendo rappresentato mediante un’estetica decisamente concreta. Nel mondo di gioco, gli insetti abitano letteralmente una sorta di mondo parallelo ricavato negli interstizi della realtà umana.
Per certe scelte visive, legate perlopiù alla raffigurazione delle creature insettoidi, il titolo di Ovid Works ricorda vagamente l’adattamento cinematografico, diretto da David Cronenberg, de Il pasto nudo. Possibile che, tra le tante citazioni letterarie, sia possibile zampettare anche sopra un volume di William Burroughs? Gli scenari del gioco sono cosparsi di libri, da Stendhal a Dostoevskij, e non stupirebbe affatto trovare sopra uno di essi il nome del visionario autore statunitense. Metamorphosis pone deliberatamente sullo sfondo il fondamento filosofico de La metamorfosi, e lo stesso fa per il dramma interiore, spostando il fuoco sull’insolito viaggio del protagonista.
Questa scelta, di per se stessa legittima, diventa tuttavia problematica a causa della sua realizzazione: Metamorphosis si rivela, per l’appunto, un’avventura decisamente modesta. Sacrificare quasi interamente il connotato esistenzialista del racconto originale poteva premiare soltanto se, al suo posto, fossero state collocate meccaniche di gioco quantomeno interessanti, sopra alle quali imbastire una narrazione più leggera e movimentata. Purtroppo, il gioco di Ovid Works si riduce a un platforming piuttosto generico, senza restituire, se non in minima parte, la sensazione di controllare un insetto.
Neppure la presenza di diversi puzzle riesce a dare consistenza al gameplay. Più che con il ragionamento, gli enigmi vengono infatti risolti semplicemente esplorando l’ambiente circostante, alla ricerca dell’oggetto giusto con il quale interagire. Va detto, tuttavia, che Metamorphosis non propone un’esperienza di gioco intrinsecamente spiacevole, piuttosto scarsamente penetrante e, tendenzialmente, approssimativa. La produzione polacca non eccelle neanche dal punto di vista della potenza immaginifica, ricorrendo a un immaginario tutto sommato prevedibile. Bisogna attendere le ultime battute di gioco per apprezzare alcune scelte visive più caratterizzanti, come il passaggio verso La torre, un luogo chiave dell’avventura, attraverso una proiezione cinematografica.
Sebbene non sia direttamente ispirato all’opera di Franz Kafka, il videogioco North risulta più intimamente kafkiano di Metamorphosis. Questa breve avventura sci-fi, pur non brillando per particolari meriti di gameplay, combina efficacemente la sua peculiare atmosfera fantascientifica con una tematica sociopolitica. Sviluppato da Outlands, North racconta infatti la complessa e talvolta paradossale condizione di una creatura bipede, interpretata dal giocatore, che cerca asilo politico fra le stranianti architetture di una metropoli aliena. Il protagonista deve quindi ottenere una serie di certificati, sottostando a diverse pratiche burocratiche, alcune delle quali piuttosto alienanti.
Il protagonista di North, alieno tra gli alieni, è allora una sorta di Gregor Samsa dallo spazio profondo alle prese con un tessuto sociale respingente. Visivamente intrigante, neanche questa avventura fantascientifica si distingue per meccaniche di gioco particolarmente interessanti. Il videogioco di Outlands ha tuttavia il merito di aver provato a tradurre, pur con risultati talvolta discutibili, la mortificazione vissuta dal protagonista attraverso una lingua specificamente videoludica, quella dell’interazione. Diverse azioni compiute durante il gioco, infatti, appaiono poche chiare tanto al personaggio quanto al giocatore, che condivide così con il protagonista un diffuso senso di smarrimento.
Il protagonista de La metamorfosi di Franz Kafka, il Sisifo di Albert Camus come anche l’Antoine Roquentin della nausea sartriana, rappresentavano conflitti tipicamente moderni. L’esistenza umana come fenomeno paradossale, intrinsecamente privo di senso, divenne nella modernità un tarlo gigantesco, un mare di blatte landolfiano, capace di oscurare le onde chete del pensiero lineare. Certa filosofia moderna, di lì a breve, avrebbe davvero tentato di gettare a mare qualunque episteme, approcciando, di contro, una realtà mai così indeterminata. La filosofia esistenzialista avrebbe infine problematizzato il rapporto tra essere umano ed esistenza, a partire dal concetto di libertà. Il potenziale introspettivo di questo scenario, assieme ai temi specificamente kafkiani, offre possibilità espressive decisamente più interessanti rispetto a quelle raccolte dal team polacco.
La società come congegno disumano e la burocratizzazione dei rapporti umani sono riflessioni presenti tanto nell’opera dell’autore boemo quanto, di riflesso, nella produzione di Ovid Works: questi concetti, tuttavia, si manifestano nel gioco proprio soltanto attraverso la luce riflessa dall’opera originale. Come opera autonoma, Metamorphosis fa molto poco per impossessarsi di queste tematiche, mancando di sfruttare il potenziale del soggetto. Un’opera derivata, ancora prima che derivativa, la quale, occorre ribadirlo, non è di per se stessa sgradevole: la proposta di Ovid Works è perlopiù poco significativa, sconsigliata a tutti coloro che fossero alla ricerca di qualcosa di più sostanzioso rispetto a un ammiccamento un po’ semplicistico alla letteratura. Il tipo di citazionismo presente nel gioco, in tal senso, appare emblematico: Metamorphosis si preoccupa di ribadire la sua natura di videogioco ispirato alla letteratura ma non di sviluppare un discorso autonomo sulle tematiche affrontate.
A chiunque si sentisse attratto dall’idea proposta dal gioco, consiglierei comunque di aspettare qualche sconto. Un’ispirazione letteraria non dovrebbe vincolare gli autori a un percorso predeterminato nello sviluppo di un videogioco. Dante’s Inferno e Walden, a game, ispirato alla quasi omonima opera di Henry David Thoreau, sono entrambe operazioni creative legittime: la strada scelta, però, deve essere attraversata nella sua interezza. Personalmente, vorrei vedere il team polacco all’opera su un altro videogioco a tema letterario, a prescindere dall’approccio scelto ma con maggiore convinzione.