Metaphor: ReFantazio, l’ansia dell’essere (post)umano

Un racconto fantastico che rispecchia paure e interrogativi reali.

In media differenti, con focus sempre più accentuato su e attraverso il videogioco, la narrativa fantasy e fantascientifica si (pre)occupa di immaginare realtà post-urbane e post-umane in quanto spazi in cui il futuro (utopico o distopico) è già accaduto: raccontare le modalità con cui individui di fantasia abitano questi luoghi significa sfidare il concetto stesso di essere umano. Per le decine di ore (potenzialmente centinaia) di esplorazione, incontri e scontri nel Regno di Euchronia, il protagonista di Metaphor: ReFantazio porta con sé un romanzo, scritto da un autore sconosciuto e narrante le vicende di un mondo apparentemente fantastico e utopico, con città piene di grattacieli dove “tutte le persone sono uguali” e in cui “lo scopo della società è proteggere i cittadini, un principio fondamentale di questa utopia”. Sin dai primi minuti di gioco, le parole, lette e ripetute sia dal protagonista/giocatore che dai suoi compagni di viaggio, evidenziano come il romanzo presenti un’immagine perfetta del nostro mondo e, leggendolo, il protagonista inizia a cercare un modo per costruire un mondo simile alla fantasia dell’autore sconosciuto. La ricerca di un mondo migliore deriva dallo status quo controverso in cui giace il Regno di Euchronia: una nazione in rovina, in cui forze naturali e magiche si intrecciano in modo instabile; una realtà oscura e frammentata, dominata dalla tensione tra umanità e mostruosità; una terra abitata da diverse tribù con caratteristiche uniche; il luogo di fantasia in cui si svolgono le vicende di Metaphor: ReFantazio.

La storia inizia con l’assassinio della guida di Euchronia, il Re Hythlodaeus V, ucciso a sangue freddo dal nobile Louis Guiabern. Con la morte del Re e l’aggravarsi delle condizioni del Principe—addormentato e paralizzato a seguito di una maledizione—un segreto organo di Resistenza (politica, bellica e sociale) ordina al protagonista/giocatore ti vendicare il regnante deceduto, abbattere il complotto politico che vuole Louis a capo del Regno e salvare il Principe dalla maledizione. Sul livello narrativo più superficiale, quella di Metaphor: ReFantazio è quindi una storia politica che sfrutta gli elementi narrativi del genere fantasy per raccontare qualcosa di estremamente attuale: le dinamiche di potere di una nazione frammentata e la conseguente sanguinosa guerra di successione al trono (non diversamente da prodotti multimediali come Game of Thrones o Hunger Games). Eppure, come summenzionato, è evidente come questo sia il pretesto per raccontare qualcosa di più profondo e inevitabilmente umano. In tal senso, il videogioco propone a più riprese una specifica domanda al giocatore: che cosa significa essere umani?

Metaphor: ReFantazio (Fonte: screenshot)

Va precisato che nella realtà fantastica di Euchronia, le otto tribù che compongono il Regno vedono la co-abitazione di esseri antropomorfi con peculiari caratteristiche fisiche (orecchie allungate, coda, ali, parti del corpo ricoperte da folta pelliccia, ecc.) o particolari abilità magiche. In quest’ultimo caso, ciò è dovuto alla presenza della Magla, sostanza ed energia magica che in un passato remoto ha portato alla nascita di tali esseri alla loro evoluzione e suddivisione in gruppi (etnie) con caratteristiche simili. Il protagonista appartiene alla tribù degli Elda, una minoranza emarginata fisicamente più simile agli esseri umani ma non per questo umana. Il termine ha infatti un significato ben preciso all’interno del gioco: gli “umani” in Metaphor: ReFantazio appaiono come creature pericolose e mostruose, di natura aliena e minacciosa, ben lontane dall’immagine familiare dell’uomo e che affliggono gli abitanti del Regno. Metaphor: ReFantazio usa il mondo fantastico per riflettere le contraddizioni, i desideri e i timori del nostro mondo: le creature mostruose, le città straordinarie e gli eventi soprannaturali rappresentano tensioni e aspirazioni universali. Pertanto, è inevitabile notare come in un mondo fantastico, introdotto con la narrazione politica ma sottesa a un secondo racconto di realtà utopica familiare, il termine umano descriva ciò che più lontano c’è dall’“umano”: non a caso l’ispirazione visiva e concettuale dietro queste creature rimanda all’arte di Hieronymus Bosch, noto per le sue rappresentazioni surreali e grottesche dell’uomo e delle sue debolezze, che spesso si trasformano in figure mostruose e inquietanti. La metafora è presto rivelata: non è solo un dispositivo narrativo, ma un principio costitutivo del mondo videoludico; la metafora diventa quindi un ponte tra elementi reali e fantastici.

Sin dal prologo è suggerito che gli “umani” siano il frutto di un’evoluzione o mutazione determinata da un’esposizione prolungata alla Magla, che ha innescato processi biologici anomali con una crescente aggressività, processo noto come “melancholizzazione”. Pertanto, anche i giocatori meno attenti possono notare il collegamento evidente tra la fantasia umana raccontata nelle pagine del romanzo che accompagna il protagonista e la realtà degli “umani”, antagonisti del gioco tanto quanto Louis Guiabern1, che è tra i pochi individui a saper manipolare la Magla trasformando gli abitanti di Euchronia in “umani”. Egli sovverte l’ordine biologico e psicologico di questi esseri, che diventano simbolo di una trasformazione che ha perso ogni connotato di umanità in senso stretto. Gli “umani”, quindi, sono il risultato di una “de-evoluzione” in cui le potenzialità umane sono ridotte a una pericolosa deviazione, incarnando un simbolo di perdita e degenerazione. Discutere l’identità degli “umani” di Metaphor: ReFantazio significa inevitabilmente coinvolgere i concetti di transumanesimo e postumanesimo: il primo implica un’evoluzione che cerca di migliorare la condizione umana attraverso la tecnologia, con un orientamento spesso ottimistico e volto all’espansione delle capacità umane; il secondo mette in discussione l’umanità stessa, prospettando un superamento o una trasformazione dell’essere umano in forme di vita che vanno oltre i confini della sua identità originaria2.

Metaphor: ReFantazio (Fonte: screenshot)

In Metaphor: ReFantazio, gli “umani” incarnano una visione postumana, in cui la mutazione non è un miglioramento né una scelta consapevole, ma piuttosto una conseguenza negativa e ineluttabile dell’esposizione alla Magla. Questi esseri non sono più umani ma rappresentano piuttosto l’ombra di ciò che l’umanità era un tempo. Il passaggio da umano a postumano, in questo senso, non è solo un’evoluzione fisiologica, ma una totale trasformazione identitaria: il post-umano non è un avanzamento bensì una regressione, una perdita di valori e di caratteristiche essenziali, che lascia il posto a un’entità diversa, in preda alla violenza e alla distruzione. Non vi è alcuna intenzione di miglioramento: l’umano postumo di Metaphor: ReFantazio è una creatura che ha perso il controllo della propria evoluzione e si trova ora in uno stato di sofferenza, incapace di riconnettersi alla propria origine. La Magla è la prima vera metafora narrativa del gioco, che stabilisce un ponte tra realtà e fantasia nella comprensione di ciò che è umano e ciò che non lo è. Assume una funzione simbolica, è una rappresentazione della tecnologia o del potere incontrollabile che, se non moderato, può trasformare radicalmente l’essere umano, allontanandolo dalla propria essenza. Il videogioco suggerisce che questa energia non è né buona né malvagia, ma diventa tale in base all’uso e agli effetti che ha sugli individui3: può essere vista come un’allegoria per la scienza e la tecnologia nella nostra realtà, dove l’espansione dei poteri umani spesso comporta rischi morali e conseguenze imprevedibili. Gli “umani” non sono consapevoli della propria condizione e diventano una metafora per l’alienazione e lo straniamento dall’essenza originale dell’essere umano. In questo processo, si perde ogni traccia della dignità e della complessità tipica dell’identità umana: gli “umani” diventano simbolo del pericolo insito nel voler trascendere i propri limiti senza considerare le conseguenze.

La comprensione dell’umano attraverso strategie narrative che coinvolgono il post-umano è una pratica narrativa sempre più diffusa nel videoludico e rappresenta una delle più interessanti evoluzioni del medium, che offre nuovi modi per esplorare concetti filosofici, etici e sociali. La narrativa postumana sfida l’idea tradizionale di umanità mettendo in discussione i confini del corpo, dell’identità e della coscienza: nel videoludico, questo tema si sviluppa attraverso narrazioni e ambientazioni che spesso presentano una fusione di umano e macchina, o trasformazioni biologiche estreme che ridefiniscono il concetto stesso di umanità. Uno degli esempi più noti di narrativa postumana videoludica è Deus Ex (2000) e le sue successive iterazioni: in questo universo, gli esseri umani sono potenziati da tecnologie biomeccaniche che migliorano le capacità fisiche e mentali, al costo di profonde implicazioni etiche e sociali. Di fatto, in Deus Ex, la narrativa postumana non è solo uno sfondo tecnologico, ma una critica alle disuguaglianze sociali e al costo morale del progresso scientifico: l’impiego di innesti biomeccanici è riservato solo a coloro che possono permetterselo economicamente, creando una società profondamente divisa tra “potenziati” e “normali”. In modo analogo ma con premesse e contesti differenti, Dead Space (2008), propone un ideale di postumanesimo corroborato dalla religione: i mostruosi “necromorfi” sono creati attraverso il “Marchio”, strumento e mezzo al quale l’essere umano è assoggettato, ed elemento attorno a cui orbita la Chiesa di Unitology, un culto fondato sui concetti di miglioramento e perfezionamento propri del postumanesimo: secondo gli “unitologisti”, il “Marchio” è una manifestazione divina per cui la trasformazione in “necromorfi” si afferma in quanto passo verso una forma superiore di esistenza, un “unificarsi” con una coscienza collettiva, di fede. Su un binario parallelo e in senso contrario viaggia NieR: Automata (2017), che combina azione e filosofia invitando i giocatori a esplorare questioni sull’identità e sul significato dell’esistenza: il giocatore controlla androidi in un mondo post-apocalittico dove l’umanità è scomparsa, lasciando solo macchine a combattere tra loro per uno scopo privo di significato. Il postumanesimo in NieR: Automata assume una dimensione filosofica, esplorando la paradossale esistenza di androidi che desiderano essere umani o comprendere la condizione umana: le macchine iniziano a sviluppare emozioni, ideologie e desideri, creando una narrativa che sfida il concetto di umanità come prerogativa degli esseri biologici.

Metaphor: ReFantazio (Fonte: screenshot)

Guardando dunque alla rappresentazione del postumano nel videoludico emergono motivazioni e declinazioni differenti. Metaphor: ReFantazio incarna molte delle possibili osservazioni, riflessioni e studi della condizione postumana. Secondo Tanya Krzywinska e Douglas Brown, uno dei motivi per cui il postumanesimo è così diffuso nei videogiochi è la capacità di simulare un’estensione illimitata delle capacità umane, trasformando il giocatore in un essere dotato di vicari poteri sovrumani​4. In Metaphor: ReFantazio, questa estensione si traduce in una dinamica paradossale: sebbene gli “umani” abbiano acquisito abilità potenziate grazie alla Magla, sono anche privi di autocontrollo e coscienza, vittime di una potenza che li ha trasformati in schiavi della loro stessa mutazione. Questo riflette una delle critiche al postumanesimo evidenziate da Krzywinska e Brown: il rischio che il potere postumano, invece di liberare l’individuo, lo intrappoli in una condizione di deumanizzazione e alienazione. Negli anni Cinquanta, il premio Nobel per la pace Albert Schweitzer, affermava che “l’uomo è divenuto un superuomo ma il superuomo col suo sovrumano potere non è pervenuto al livello di una sovrumana razionalità”: ciò significa che più il potere dell’essere umano cresce, e più egli perde quello stesso potere poiché “più cresciamo e diventiamo superuomini, e più siamo disumani”5. Nel contesto di Metaphor: ReFantazio, la Melancholia porta gli “umani” a non raggiungere mai un livello di “sovrumana razionalità”; anzi, la loro connessione con la Magla li rende dis-umani, violentemente alienati e pericolosi per quella società utopica raccontata nelle pagine del romanzo. Come osserva la ricercatrice Debra Benita Shaw, il postumanesimo permette di sfidare la modernità e le sue convenzioni, portando alla luce ciò che definisce “mostruosità promesse”6.

In Metaphor: ReFantazio, gli “umani” incarnano questa “promessa” postumana, mostrando cosa accade quando il progresso sfugge al controllo: la trasformazione postumana diventa quindi non una scelta consapevole, ma un inevitabile processo di disintegrazione dell’umano, una critica radicale alla visione modernista di controllo e dominio sulla natura. Myra J. Seaman sostiene che la direzione postumana non sia esente da forme di oppressione e paura implicite7: queste si manifestano nel personaggio di Louis, che mette in luce un altro aspetto fondamentale della rappresentazione dell’umano mostruoso. L’antagonista manipola la paura degli abitanti di Euchronia per rafforzare il proprio potere politico: egli sfrutta gli “umani” per giustificare misure autoritarie, militarizzando il Regno e alimentando la tensione sociale. Da questo punto di vista, gli “umani” sono impiegati come strumenti di propaganda e terrore, come simboli di un male che deve essere costantemente combattuto, un nemico che legittima la perdita delle libertà personali. Questa strategia di controllo tramite la paura non è nuova, ma si rifà a una tradizione narrativa in cui il “diverso”, l’“altro” diventa un simbolo di minaccia, un capro espiatorio attraverso cui il potere mantiene il controllo sociale. La rappresentazione dell’umano come mostro in Metaphor: ReFantazio diventa quindi un’allegoria di come la società spesso manipoli il concetto di diversità e alterità per giustificare politiche oppressive, creando divisioni e alimentando paure infondate. Gli “umani”, in tal senso, non sono solo creature biologicamente mutate ma rappresentano anche le paure e le fobie più profonde della società.

Metaphor: ReFantazio (Fonte: screenshot)

In questo contesto, lo “stato di Ansia” che affligge molti personaggi del gioco diventa una manifestazione concreta di questa paura sociale: l’Ansia, nel mondo di Metaphor: ReFantazio, rappresenta una condizione mentale e fisica provocata dall’esposizione alla Magla. Questa condizione non solo influenza il comportamento individuale, ma riflette una disumanizzazione progressiva che contribuisce a generare sospetto e divisione tra la popolazione. Lo stesso direttore artistico del gioco Katsura Hashino evidenzia questo legame tra paura, ansia e postumano: “nell’attuale società umana, l’ansia ha assunto proporzioni inusuali”; secondo l’autore, il vero mostro è l’ansia, che può impedire alle persone di progredire o andare avanti nella vita; è questa apprensione generale o panico individuale che “ha influenzato l’idea degli umani come mostri del gioco”8. Di tutti i temi osservati sinora, quello dell’Ansia ha maggiore impatto sul gameplay: si tratta di uno status che può inibire gravemente i personaggi in fase di combattimento; si verifica quando i protagonisti subiscono un’imboscata o un colpo critico in battaglia. In questo status, non è possibile utilizzare a pieno le abilità dei personaggi, che eseguiranno azioni casuali, manifestando la confusione e incertezza derivati dall’Ansia, perdendo il controllo dei sensi comportandosi in modo irregolare, a seconda della situazione. Lo stato di Ansia virtuale del videogioco si trasmette in modo diretto al giocatore, nell’ansia reale che potrebbe manifestarsi quando questo è costretto a ripetere alcune fasi del gioco.

Metaphor: ReFantazio riesce a fondere elementi di fantasia e riflessioni esistenziali in un racconto che, pur essendo ambientato in un universo fantastico, rispecchia paure e interrogativi reali. La condizione dell’umano mostruoso ci mette di fronte alla questione dei confini dell’umanità, alla paura di perdere noi stessi in un processo evolutivo che, piuttosto che arricchire, rischia di spogliare l’individuo di ciò che lo rende unico. In un contesto videoludico in cui all’Ansia si contrappone la costruzione di rapporti sociali atti ad aumentare specifiche abilità e capacità relazionali, l’Ansia di Metaphor: ReFantazio non è dunque solo un sintomo individuale, ma un riflesso delle dinamiche sociali che spingono gli individui verso una condizione disumanizzante. Il videogioco sfrutta lo stato di Ansia e la rappresentazione degli “umani” per esplorare le conseguenze del superamento incontrollato dei limiti umani e il modo in cui la società strumentalizza la paura per esercitare il controllo. Attraverso la lente della fantasia, il gioco riflette le modalità con cui il superamento incontrollato dei limiti umani può portare a una disumanizzazione collettiva, sottolineando alcune delle tensioni più attuali del mondo reale. Se nella finzione di Metaphor: ReFantazio la Magla è la fonte che induce la trasformazione degli individui in creature irrazionali e pericolose, nella realtà moderna le tecnologie avanzate, i media e le ideologie estremiste diventano strumenti che alimentano ansie sociali e divisioni. Questa narrazione invita il giocatore a riflettere sulle dinamiche di potere che si nascondono dietro il concetto di diversità, mostrando come il desiderio di potere e la paura dell’alterità possano condurre alla frammentazione e alla perdita dei valori umani fondamentali. Come accade con gli “umani” nel gioco, anche nella realtà il concetto di diversità è spesso usato per creare divisioni e per giustificare politiche repressive.

Metaphor: ReFantazio (Fonte: screenshot)

La paura dell’alterità—che si tratti di differenze etniche, culturali, religiose o sessuali—è sfruttata per controllare l’opinione pubblica e consolidare il potere di determinati gruppi o governi. L’Ansia generata da queste paure, alimentata dai media e da retoriche politiche, culturali e sociali divisive, diventa un’arma per spingere la società verso una condizione di sospetto e alienazione, in cui l’altro è percepito come una minaccia. Nel regno fantastico di Euchronia, Louis manipola il terrore suscitato dagli “umani” per giustificare un regime autoritario, un riflesso delle strategie di controllo che nella realtà sono impiegate per mantenere il potere e sopprimere il dissenso. Dinamica evidente in molti contesti attuali, dove la paura è usata come giustificazione per restringere libertà civili, aumentare la sorveglianza e promuovere politiche di esclusione. Esattamente come in Metaphor: ReFantazio , dove la Magla si impone come un’energia pericolosa e destabilizzante, la paura dell’umano nella realtà diventa una forza che disgrega la coesione sociale, privando gli individui della loro capacità di empatia. Sia nella fantasia di Metaphor: ReFantazio che nella realtà al di fuori dello schermo, il risultato è una società in cui le persone dimenticano la connessione e comprensione reciproca, frammentandosi in gruppi isolati e diffidenti. Attraversando il territorio di Euchronia, esplorandone il passato attraverso le vite dei suoi abitanti, il giocatore è portati a riflettere su come il desiderio di potere e la paura dell’alterità possano condurre alla perdita di valori umani essenziali, invitandolo a considerare l’importanza di preservare l’umanità e la solidarietà in un mondo in continua trasformazione.

Per rispondere alla domanda di partenza—“che cosa significa essere umani?”—al giocatore, all’umano reale, spetta comprendere, scegliere e muoversi verso una determinata direzione. In termini videoludici ciò si traduce nelle scelte fatte dal protagonista nei vari snodi narrativi di Metaphor: ReFantazio che portano a conclusioni differenti, finali alternativi in cui è possibile accettare la fantasia e rifiutare la realtà, mantenendo inalterato lo status quo di Euchronia, o affrontare la realtà e abbandonare per sempre il mondo fantastico.

Note

  1. Dal punto di vista del gameplay, gli “umani” rappresentano sia i mostri comuni da affrontare nelle fasi di esplorazione urbana e all’interno dei vari dungeon, sia i protagonisti delle boss fight più importanti. ↩︎
  2. Cfr. Sorgner, S.L., 2010. Beyond humanism: Reflections on trans-and posthumanism. Journal of Evolution and Technology, 21(2), pp.1-19. ↩︎
  3. Nella sua versione malvagia prende il nome di Melancholia: se esposto a quantità sufficienti di Melancholia, chiunque appartenga a una delle otto tribù può diventare un “umano”; la trasformazione in un “umano” causa inevitabilmente la pazzia, anche negli esseri con una forza di volontà estremamente forte. ↩︎
  4. Cfr. Krzywinska, T. and Brown, D., 2015. Games, gamers and posthumanism. In The Palgrave handbook of posthumanism in film and television (pp. 192-201). London: Palgrave Macmillan UK. ↩︎
  5. Cfr. Schweitzer, A., 1979. Reverence for life. Ardent Media. ↩︎
  6. Cfr. Shaw, D.B., 2013. Strange zones: Science fiction, fantasy and the posthuman city. City, 17(6), pp.778-791. ↩︎
  7. Seaman, M.J., 2007. Becoming more (than) human: Affective posthumanisms, past and future. Journal of Narrative Theory, 37(2), pp.246-275. ↩︎
  8. Khan, I., 2024. Anxiety Is the Ultimate Monster, Says Metaphor: ReFantazio Director. CNET ↩︎