Esistono videogiochi che risultano difficili da etichettare, soprattutto se pensiamo alla classica ma alquanto discutibile tassonomia videoludica (quella di Steam o del Nintendo eShop per intenderci). Miniatures dello studio danese/svedese Other Tales viene catalogato principalmente come “avventura”, un termine ombrello—dove possono coesistere esperienze talmente diverse e antitetiche—che lascia il tempo che trova. Facendo un parallelo letterario ho trovato invece la definizione perfetta: flash fiction, che in italiano può essere tradotto con microracconto o micronarrazione. D’altronde nomen omen. Miniatures è un gioco piccolissimo, parcellizzato a sua volta in quattro microracconti.
Quello che ci attende nella schermata iniziale, oltre al titolo scritto in giallo con un corsivo impeccabile, probabilmente da qualche bambino che ancora frequenta le scuole elementari, è un cofanetto istoriato con disegni marini. Di solito in questa specie di portagioie si conservano oggetti preziosi e fragili. Magari un paio di orecchini regalo di una nonna che non c’è più, un anello di fidanzamento, una penna ricordo di laurea. Nel bauletto di Miniatures invece gli oggetti sono un po’ più particolari: un cacciavite, una falena dentro una piccola cornice, una lucertola e una conchiglia. Sembrano oggetti provenienti da un passato lontano che una volta toccati hanno il potere di evocare dei ricordi d’infanzia. Il giocatore può scegliere liberamente l’ordine in cui esperirli.
Io sono partito dalla conchiglia. L’episodio dal titolo The last sand castle è ambientato su una spiaggia o meglio ancora in un castello di sabbia popolato da piccolissimi crostacei che provano a fare musica ma non riescono a prendere i loro strumenti. Questo è forse il capitolo più ludico dei quattro in quanto si procede come in una avventura di Amanita Design risolvendo piccoli puzzle. Niente di complicato in quanto tutto è ambientato in una sola schermata. Non ci sono testi o dialoghi in questo episodio che si dipana solo attraverso meravigliose illustrazioni dai colori pastello, dettagliate animazioni e simpatici effetti sonori.
The house of the Moon è il racconto che si svela cliccando la falena. Al contrario del precedente questo è l’episodio più letterario, nel senso che la storia si svolge come in un meraviglioso libro illustrato dove si sfogliano delle pagine interattive mentre si leggono le parole scritte a schermo. Si narra di una mamma scomparsa e della sua fascinazione verso la luna. Accompagniamo la protagonista alla ricerca della mamma con un gameplay che si riduce nel trovare della polvere luminosa nascosta dietro agli elementi del paesaggio. È anche l’episodio più dark sia per le tematiche affrontate che per l’estetica usata.
Premendo il cacciavite parte Familiar che è la più surreale di tutte le storie. Anche questa è presentata senza l’uso di testi o dialoghi. Come in un silent book assistiamo una famiglia alle prese con il montaggio di un mobile simil-Ikea, un’esperienza che chiunque a livello globale ha ormai avuto almeno una volta nella vita. Anche io mi sono ritrovato proprio poche settimane fa a montare una libreria Billy insieme ai miei figli. In Familiar dobbiamo aiutare un padre, una madre e due figli/e a dover sistemare minuterie metalliche, mettere i tasselli di legno nei rispettivi buchetti, martellare chiodini, avvitare e così via. Di loro non vediamo mai i volti ma a volte i piedi e più spesso le mani. Una con un braccialetto e una con un cerotto (figli/e), una con le unghie lunghe e un anello (madre), una con l’orologio (padre). Il montaggio risulta più complicato del previsto e le dinamiche familiari possono incrinarsi, come quando si avvita troppo forte una vite.
L’ultimo oggetto che ho premuto è stato la lucertola con l’episodio The Paludarium. Ci troviamo in una casa apparentemente abitata solo dal nostro avatar che è una bambina. Nella grande stanza al piano di sotto troviamo un pianoforte, un televisore, un telefono. Questo microracconto è l’unico che si svolge in modo dialogico. Un dialogo con i genitori che avviene però a distanza (telefonica) o solo nel ricordo (mentre devono montare il paludario che dà il titolo all’episodio). Anche qui le cose prendono una piega piuttosto surreale con la natura che invade lo spazio abitativo.
Realismo magico, simbolismo, surrealismo, decadentismo pervadono i quattro microracconti di Miniatures, che dietro alla maschera della favola per bambini, pur senza una morale, nascondono, ma neanche troppo, un sottofondo dalle tinte fosche e cupe. Emergono quindi predominanti i temi della solitudine, dell’abbandono, delle disfunzioni familiari. Nessuna delle quattro micronarrazioni ha un finale alla “e vissero tutti felici e contenti”. Rimangono invece sospese, con un epilogo solo accennato ma dal sapore agrodolce. Le quattro storie sono illustrate ognuna con uno stile diverso e peculiare e anche se sembrano completamente slegate, ci sono piccoli dettagli (che alla prima run quasi sicuramente sfuggono) che le collegano invece l’una all’altra. Nulla viene spiegato fino in fondo, lasciando al fruitore ampio margine di interpretazione, rimanendo in ambito di suggestioni e fascinazioni. D’altronde non siamo di fronte ad un romanzo esaustivo, neanche ad un racconto breve. Ogni episodio si finisce in dieci-quindici minuti.
Qui siamo più, come ho scritto all’inizio, dalle parti della flash fiction che John Dufresne autore del libro Flash! Writing the very short story definisce “una narrazione distillata e raffinata, concentrata, stratificata, coerente, strutturata, stimolante e risonante, e potrebbe rivelarsi la forma ideale di narrativa per il XXI secolo, un’epoca di capacità di attenzione sempre più ridotta e vite frenetiche e distratte, in cui i nostri dispositivi mobili ci connettono al mondo mentre allo stesso tempo ci distolgono da esso. E sugli schermi dei nostri smartphone, iPad e laptop possiamo inserire un’intera opera di flash fiction. È breve ma non superficiale; è una forma ridotta utilizzata per rappresentare una storia più ampia e complessa; è conciso e convincente, breve e mirato”. Siamo insomma dalle parti di Florence, Birth, When the past was around, Stilstand. E oggi anche di Miniatures.