Una volta quello dell’eroe era un mestiere a tempo pieno e sicuramente redditizio, essendone alla base l’esplorazione di luoghi tanto pericolosi quanto pieni di tesori e forzieri ricolmi di oro e pietre preziose. Già Super Mario, in effetti, pur nell’impellenza di salvare una principessa, perdeva tempo a collezionare monete. In Moonlighter lo scenario è diverso, forse più attuale e in qualche modo meno fantasioso: nei panni di Will ci si avventura nei dungeon che si trovano intorno alla decaduta e spopolata cittadina di Rynoka, e si torna—o almeno ci si prova, per prima cosa occorre sopravvivere, poi dipende da come va, si vive alla giornata—con manufatti di incerto valore, da rivendere ad altri avventurieri.
Di giorno in negozio si cerca quindi di piazzare al miglior prezzo gli oggetti trovati nelle stanze dei dungeon visitati durante la notte. Doppia occupazione dunque, e poco sonno (il titolo stesso lo suggerisce, e il pensiero inevitabilmente va al film di Jerzy Skolimowski); in questo gioco, in realtà, non è nemmeno necessario dormire: ci si può alternare tra superficie e sottosuolo senza mai prendersi alcuna pausa. Fortunatamente, se non altro, vivere la vita massacrante di Will può risultare piuttosto divertente per il giocatore di Moonlighter, grazie all’ottimo lavoro svolto dagli sviluppatori di Digital Sun.
Il loro principale merito sta proprio nell’aver trovato il giusto bilanciamento tra tutte le componenti di cui il gioco si compone. La maggior parte del tempo verrà occupata dalle scorribande nei dungeon, e Moonlighter non sfigura né nel sistema di combattimento, né nella varietà dei nemici, né nella generazione procedurale degli ambienti a ogni nuovo ingresso; il punto di partenza appare quindi un roguelike con elementi tipici dei bullet hell, come in The Binding of Isaac—un richiamo evidente lo troviamo nella ricorrente coincidenza tra stanza e schermata di gioco—Nuclear Throne o Enter the Gungeon.
Il senso di avanzamento è invece calibrato soprattutto sulla progressiva disponibilità di nuove armi e incantesimi da craftare, e questo ci porta dalle parti di Graveyard Keeper: perché Moonlighter è un roguelike in cui i potenziamenti non vanno tanto sbloccati, quanto costruiti. Questo significa che dai dungeon Will riporterà in superficie manufatti utili sia per il crafting presso le botteghe di Rynoka, che ha un costo, sia per la vendita in negozio, fondamentale a finanziare il primo.
Così Moonlighter raggiunge un importante obiettivo: ogni nuova spedizione potrà essere intrapresa puramente allo scopo di raccogliere manufatti, e non necessariamente con l’obiettivo del completamento del dungeon e della sconfitta del boss finale: si può partire in missione insomma con la sola intenzione di tornare a Rynoka con una sacca bella piena, e poter stabilire in questo modo obiettivi intermedi a piacimento rende l’esperienza di gioco decisamente più rilassante rispetto alla media del genere. Arriviamo così alla principale trovata del gioco, che è certamente la conduzione del negozio. Siamo di fronte a uno di quei fortunati ribaltamenti di prospettiva, in stile Dungeon Keeper, in cui al giocatore viene affidato quello che di solito è un ruolo dei personaggi non giocanti.
Si impersona in questo caso uno dei talvolta iconici—come quello facilmente irascibile di Spelunky—negozianti dei videgiochi, senza comunque mai dimenticare che si tratta di un secondo lavoro, e dunque Will vende agli avventurieri manufatti raccolti proprio in veste di avventuriero. Sotto questo aspetto, Moonlighter prende in prestito qualcosa da simulazioni casual come Holy Potatoes! A Weapon Shop?!, con una serie di espansioni e personalizzazioni a disposizione del giocatore per ingrandire la propria attività e renderla fiorente, ma attinge anche a titoli più attenti alla formazione dei prezzi, come il recente Merchant of the Skies.
Se da un lato non si può fare a meno di apprezzare un gameplay così variegato, frutto della felice unione di molteplici intuizioni, rischieremmo dall’altro di sottovalutare il piccolo miracolo compiuto dagli sviluppatori di Digital Sun, non rendendo conto di quanto sia difficile tenere insieme così tanto materiale. Può aiutarci un post, giustamente famoso, di qualche anno fa, in cui la game designer Liz England elencava—per assurdo, ma solo fino a un certo punto—tutte le complicazioni inerenti al semplice inserimento di una porta in un videogioco: sarà sufficiente considerare quanta carne al fuoco ci sia in Moonlighter per capire come sarebbe sbagliato dare per scontato il funzionamento di tale impianto.
Non solo, come già anticipato, i vari elementi arricchiscono il gameplay e funzionano bene considerati autonomamente, ma si creano anche interessanti e coerenti sovrapposizioni. Per esempio abbiamo già detto sia di quanto siano godibili i combattimenti, sia dell’importanza delle vendite in negozio; ma avendo come obiettivo minimo il ritorno alla base con qualcosa da vendere, e sapendo che se si muore si perdono tutti gli oggetti e si ricompare nel villaggio con la sacca vuota, nei dungeon il giocatore sarà chiamato a fare spesso un’analisi costi-benefici prima di scegliere se entrare in una nuova stanza o interrompere la propria esplorazione; in negozio, invece, sarà necessario decidere cosa vendere e cosa conservare per ottenere un equipaggiamento migliore in vista della successiva spedizione. Insomma, in ogni fase è sempre presente sottotraccia l’altra metà della doppia vita lavorativa di Will.
Allo stesso modo, le meccaniche di looting e di crafting risultano totalmente naturali all’interno di questa economia circolare tra dungeon e negozio, e offrono una certa profondità senza risultare esasperanti come in altri titoli—probabilmente non c’è nulla di peggio per un game designer che provocare nel giocatore una sensazione di noia e di perdita di tempo, portandolo ad abbandonare la sospensione della realtà che hanno in comune cinema e videogiochi per domandarsi “cosa diavolo sto facendo?”.
La stessa gestione del negozio implementa dinamiche di incontro tra domanda e offerta di cui occorre tenere conto al momento di decidere i prezzi: non serve calcolare coefficienti di elasticità per padroneggiarle, però, oltre all’importanza dell’oggetto venduto, hanno un’influenza anche l’abbondanza o la scarsità che possono essere artificialmente indotte dal giocatore, come pure la capacità di spesa dei compratori. Si tratta di un altro elemento presentato dal gioco in un modo semplice e intuitivo ma convincente.
Non sorprende dunque che i giocatori stiano apprezzando Moonlighter, disponibile ormai per un’ampia varietà di piattaforme: Windows, Mac, Linux, PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch. A fine luglio Digital Sun ha annunciato il raggiunto traguardo del milione di copie vendute, lanciando anche Between Dimensions, il primo DLC per Moonlighter: bisogna però aver finito il gioco base per poter godere della maggior parte dei nuovi contenuti introdotti.