Nel corso del XX secolo è accaduto più volte che ci fosse in un determinato periodo un posto preciso dove dover stare, più interessante di qualsiasi altro: la Roma della Dolce Vita negli anni ’50; la Parigi degli esistenzialisti negli anni ’30, e ancora la capitale francese in quegli anni ’20 portati sul grande schermo da Woody Allen con Midnight In Paris. Ma nel decennio precedente, ancora inconsapevoli del fatto che alle porte ci fossero ben due conflitti mondiali, il maggior fermento culturale lo si poteva trovare a Vienna. The Lion’s Song è un’avventura narrativa divisa in quattro capitoli che ci porta proprio nel cuore di quello che è passato alla storia come Modernismo Viennese—un’epoca che quest’anno la città si appresta a celebrare. Ho scoperto diverse cose sulla genesi di questo gioco facendo due chiacchiere con Stefan Srb dello studio austriaco Mi’pu’mi.
Ciao. Iniziamo presentando Mi’pu’mi Games ai nostri lettori.
Mi’pu’mi Games è una società indipendente di sviluppo di videogiochi con sede a Vienna, in Austria. Avendo lavorato per oltre dieci anni nel settore, i nostri fondatori hanno deciso di creare Mi’pu’mi Games nel 2009. L’obiettivo era quello di creare uno spazio in cui sviluppatori di giochi appassionati ed esperti potessero lavorare e imparare insieme senza soffrire le malsane pratiche commerciali tanto comuni nello sviluppo di giochi su larga scala. Nel corso degli anni abbiamo imparato, siamo cresciuti e abbiamo attirato più talenti, e questo ci ha permesso di progettare e implementare soluzioni per risolvere problemi su una vasta gamma di piattaforme hardware, che si tratti di giochi per PC, console, browser o smartphone. Aggiungiamo continuamente nuovi progetti interessanti ai precedenti e siamo desiderosi di migliorare le nostre conoscenze e le nostre competenze in un settore in continua evoluzione. La nostra visione artistica, la competenza tecnica e il rigore professionale si riflettono nella qualità dei nostri prodotti e nelle buone relazioni che abbiamo con partner e giocatori in tutto il mondo.
The Lion’s Song è un videogioco narrativo diviso in quattro capitoli: come mai avete deciso di dargli questa struttura e di pubblicare un episodio alla volta?
I primi anni del XX secolo in Austria—in particolare a Vienna—vengono chiamati “Wiener Moderne” (Modernismo Viennese). Si tratta di un periodo di grande impegno artistico e scientifico, e di scambi tra le diverse discipline. E tutto questo appena prima l’inizio della prima guerra mondiale. Volevamo mettere in luce differenti forme di creatività e il modo in cui l’interazione tra persone diverse ha saputo arricchire il lavoro di ciascuno. E ancora meglio: come le persone “ordinarie” sono state influenzate da questa produzione culturale e come tutto questo è finito in modo improvviso e violento con l’inizio della guerra. Una struttura a episodi è molto adatta a questo scopo.
I primi tre capitoli hanno una compositrice, un pittore e una matematica come personaggi giocabili: cosa vi ha ispirato nello scrivere le loro storie?
The Lion’s Song è un gioco nato durante la game jam Ludum Dare 30. Era l’agosto del 2014. Il tema della jam era “Connected Worlds”. L’ispirazione per la storia e i personaggi è scaturita dallo stress di quella situazione. Un posto in cui dedichi metà della giornata alla jam, agitando le braccia sulla tastiera per realizzare qualcosa. Il nostro lead designer sapeva che volevamo fare qualcosa che ruotasse intorno a una chiamata telefonica. Ma quando è arrivato il momento di scrivere la storia, si è ritrovato a un punto morto. Blocco dello scrittore. Per schiarirsi le idee ha fatto una camminata nel primo distretto di Vienna. Ha provato a vedere un ambiente familiare con occhi nuovi. “Cosa rappresenta Vienna per gli altri? Per la gente che non vive qui? Che cosa vedono?”. Ha attraversato le strette strade di ciottoli, tra l’incredibile architettura della città: un imponente palazzo alla sua destra; un piccolo negozio di strumenti alla sua sinistra. All’improvviso gli è venuto in mente: “la capitale della musica”. Era una sorta di epifania in cui tutti i pezzi andavano a posto. The Lion’s Song sarebbe stata una storia sul blocco creativo e l’ispirazione. A proposito del modo in cui i creativi—come lui nel suo blocco, cercando di fare un gioco—possono affrontare e superare le loro crisi.
Nonostante la sua struttura narrativa, il gioco non presenta una vera trama: preferisce procedere per frammenti, presentando solo alcuni momenti cruciali nella vita dei diversi personaggi. A cosa è dovuta questa scelta?
Come dicevo prima volevamo concentrarci su momenti cruciali (come li definisci) della vita di personaggi eccezionali o su personaggi “normali” in situazioni straordinarie. Volevamo permettere ai giocatori di condividere, cioè di sperimentare, gli sforzi creativi che precedono un importante passo in avanti. Il nostro obiettivo era quello di permettere ai giocatori di entrare in un mondo ricco di storie affascinanti con finali molto diversi, che li incoraggiassero a rigiocare ogni episodio prendendo strade alternative. Vienna era un importante centro artistico, scientifico e musicale all’inizio del XX secolo, e dunque si inserisce perfettamente nell’arco complessivo della storia.
Ecco, a proposito dei finali diversi e delle strade alternative: l’approccio minimale alla narrazione non impedisce una certa complessità nelle decisioni che possono essere prese e nelle loro conseguenze sulle storie, che inoltre si intrecciano fra loro, e la possibilità di confrontare le proprie scelte con quelle degli altri giocatori è un bel tocco finale. Come avete progettato l’impianto complessivo del gioco?
Abbiamo deciso fin dall’inizio di sviluppare quattro episodi. Tutti gli episodi sono stati definiti, progettati e scritti all’inizio della produzione. Abbiamo collaborato con lo scrittore americano di fama internazionale Lee Sheldon per creare l’intero arco narrativo, il passato dei personaggi, i dialoghi e le interconnessioni di ogni storia individuale con le altre. La struttura episodica ci ha anche permesso di far tesoro dei feedback dei giocatori strada facendo, il che ci ha aiutato ad aumentare la qualità generale del gioco nel corso dello sviluppo. Abbiamo progettato i primi tre episodi in un continuum temporale parallelo, nel senso che questi tre capitoli posso essere giocati in qualsiasi ordine. L’ultimo episodio è in ogni caso pensato per essere quello conclusivo, mostrando come gli elementi narrativi presenti nelle storie dei tre protagonisti vadano a intrecciarsi tra loro. Un nuovo punto di vista su quelle storie consentirà ai giocatori una comprensione ancora più profonda degli sconvolgimenti culturali, artistici e scientifici di quell’epoca.
Al fianco dei vari personaggi troviamo anche alcune grandi personalità di quegli anni come Freud, Wittgenstein e Klimt. Ho apprezzato il tono leggero ma puntuale delle loro apparizioni, e mi chiedo quanto vi siate sentiti liberi nello scrivere i loro dialoghi e quanta ricerca abbiate fatto sulle loro vite.
L’autenticità era molto importante per il nostro team di sviluppo. Quindi abbiamo passato molto tempo a studiare i personaggi celebri e la vita quotidiana di quello specifico periodo. Era ben chiaro comunque che le personalità che citi sarebbero state solo personaggi non giocabili. Questo ci ha consentito una maggiore libertà nello sviluppo dei personaggi e nella scrittura delle storie di ogni episodio. Aggiungere quelle personalità tuttavia ha dato una maggiore immersività al gioco in generale. Inoltre, abbiamo avuto l’enorme vantaggio di poter uscire dall’ufficio ed esplorare la bellezza di Vienna, che in tanti modi ha conservato il fascino storico di quell’epoca. Abbiamo già detto che Vienna è un posto meraviglioso in cui vivere?
Infatti un episodio dopo l’altro, un personaggio dopo l’altro, Vienna emerge come vera protagonista della storia. Immagino che sia stato necessario un bel lavoro di documentazione su quell’epoca, anche sull’abbigliamento o sull’arredamento ad esempio.
Come accennato prima, l’autenticità era fondamentale per il nostro team. Abbiamo letto molto, abbiamo passeggiato per Vienna respirando il fascino storico della nostra città e ci siamo focalizzati sui dipinti storici di quell’epoca per dare risalto allo stile visivo. A questo proposito, vorremmo menzionare Alfons Maria Mucha, un artista decorativo e art nouveau ceco dell’inizio del XX secolo. Anche se la pixel art di The Lion’s Song ha uno stile e un tono diverso, la pittura di Mucha è stata una grande fonte d’ispirazione per il nostro team artistico e di design. Il suo lavoro ha ispirato il materiale promozionale che abbiamo creato per ogni episodio. Adattandoci all’era analogica, abbiamo stampato dei segnalibri per ciascuno dei protagonisti.
L’ultima domanda riguarda proprio la pixel art: io non sono mai stato a Vienna, ma leggendo l’autobiografia di Elias Canetti, peraltro gli anni sono proprio quelli di The Lion’s Song, l’ho sempre immaginata con gli stessi colori di questo gioco. Come avete scelto la palette di colori?
Elias Canetti è un ottimo esempio. Parlando della letteratura che riguarda quel periodo, aggiungeremmo Die Strudlhofstiege oder Melzer und die Tiefe der Jahre (in italiano La scalinata, ndr), romanzo del 1951 di Heimito von Doderer. Le immagini stilizzate sono al 100% il risultato del poco tempo a disposizione durante una game jam. Quando il nostro lead game designer ha realizzato la prima versione di The Lion’s Song aveva bisogno di qualcosa che i giocatori associassero a “vecchio” e “vintage”, così ha scelto una palette con tonalità seppia. Inoltre, gli piaceva mettersi alla prova usando il minor numero di mezzi possibile per comunicare qualcosa. La tavolozza principale aveva giusto cinque colori—questo ci ha aiutato molto a completare il gioco in tempo per la game jam! E come tutti sappiamo, le limitazioni sono sempre utili a stimolare la creatività.