Nel mondo dopo internet tante cose sono cambiate rispetto a prima: essere di moda o seguire una tendenza ad esempio non è più tanto importante. Ha smesso di verificarsi quel fenomeno per cui a un certo punto tutti si mettono a suonare grunge o britpop, oppure a girare pellicole seguendo i dettami di Dogma 95, o ancora a sviluppare giochi hack’n’slash simili a Diablo—negli anni Novanta incredibilmente è successo tutto questo. Nell’epoca delle librerie musicali infinite di Spotify o di Bandcamp, dei film disponibili on demand e dei videogiochi in digital delivery c’è spazio per tutti: per quanto una cosa sia di nicchia, sulla rete ci saranno comunque abbastanza appassionati sparsi qua e là per il mondo che riusciranno insieme a fare massa critica e ad animare la scena con dibattiti e discussioni sui social network. Lo scorso anno su Steam sono stati pubblicati 8290 titoli diversi: per reggere il passo sarebbe stato necessario provarne 22 ogni giorno.
Così, se ultimamente vanno di moda i battle-royale e i giochi di carte, resta comunque un’ampia offerta che copre tutti i generi, compresi quelli ormai in declino da lungo tempo come gli strategici in tempo reale o le avventure grafiche. Non solo: esiste anche l’opportunità di scommettere sulla rinascita di formule quasi dimenticate, e alcuni studi di sviluppo hanno costruito proprio così un’identità e un’invidiabile riconoscibilità. Un esempio è sicuramente Larian Studios: questa software house belga ha messo in discussione l’idea che un gioco di ruolo moderno dovesse per forza essere un’esperienza totalizzante come The Elder’s Scrolls o The Witcher o GreedFall, e ha portato avanti negli anni la serie Divinity, conservando il classico approccio con la visuale dall’alto di classici come Baldur’s Gate, e ora, dopo averne acquisito la licenza, sta sviluppando proprio il terzo capitolo della storica saga.
Un altro esempio è invece tedesco: Mimimi Games praticamente con un solo titolo di grande successo, Shadow Tactics: Blades of The Shogun, ha riportato in auge il genere dei tattici in tempo reale. A proposito di mode degli anni Novanta, nel 1998 fu Commandos: Behind Enemy Lines degli sviluppatori spagnoli di Pyro Studios a codificare il genere così com’è passato alla storia, vale a dire con la tradizionale impostazione dei giochi tattici, in cui a differenza degli strategici il giocatore non produce unità né raccoglie risorse ma si trova alla guida di un manipolo di valorosi, ciascuno con specifiche abilità, però con gameplay caratterizzato anche da una forte componente stealth. Proprio grazie a quest’ultima veniva meno la frenesia di altri giochi dalle premesse simili e diventava tutto molto più cervellotico, con mosse da pianificare con estrema cautela; ma dato che l’azione si svolgeva in tempo reale alla fine la formula risultava comunque più immediata rispetto a tattici a turni come X-COM.
Si trattava di un equilibrio davvero ammirabile, e infatti piacque tantissimo a parecchi giocatori, compresi quelli che poi avrebbero creato un loro studio come Dominik Abé e Johannes Roth, i co-fondatori di Mimimi Games. Dopo l’uscita di Shadow Tactics è uscito un lungo pezzo per la rubrica Postmortem di Gamasutra in cui i due spiegano bene quale influenza abbia avuto Commandos sul loro lavoro. Le intenzioni di Mimimi Games erano e restano abbastanza chiare: prendere il meglio da quel genere e proporlo ai giocatori di oggi.
«In pre-produzione abbiamo analizzato l’evoluzione del genere e cercato concetti che fossero unici ancora oggi. Abbiamo spesso confrontato il primo titolo della serie, Commandos: Behind Enemy Lines, con il suo successore Commandos 2: Men of Courage, che è il rappresentante del genere più acclamato dalla critica», scrive Abe. «Entrambi sono giochi tattici in tempo reale orientati alla furtività e ambientati durante la seconda guerra mondiale, in cui controlli un gruppo di soldati altamente specializzati che intraprendono missioni di sabotaggio in territorio nemico. Commandos: Behind Enemy Lines presentava un cast di personaggi giocabili con set di abilità molto diversi che dipendono l’uno dall’altro, costringendo il giocatore a combinare le loro diverse capacità. Sembrava un po’ come gli scacchi, ovvero un gioco che ha un insieme molto limitato di azioni e regole rigide da cui però, durante una partita, emergono innumerevoli possibilità».
«In seguito Commandos 2 ha proposto un approccio più realistico e aperto dando al giocatore un maggior numero di abilità e opzioni. Ha rimosso alcune restrizioni artificiali come ad esempio il fatto che solo un certo personaggio fosse in grado di usare una specifica arma, e ha aggiunto la possibilità di saccheggiare l’equipaggiamento dei nemici. Commandos 2 è anche il gioco oggettivamente migliore in base alle recensioni degli utenti e della stampa, per cui sembrava ovvio prenderlo come principale ispirazione per un successore spirituale; ma non l’abbiamo fatto. Secondo noi Commandos 2 ha annacquato alcuni elementi che rendevano unico il primo gioco della serie. Passando da un gioco simile agli scacchi a una simulazione più realistica, è stata aggiunta più complessità. Ad esempio, mettendo molte più azioni a disposizione del giocatore, alla fine il gioco risultava più difficile da capire. Non era questo il modo in cui volevamo creare più profondità nel gameplay. Di conseguenza, ci diamo dati come regola “creare profondità senza aggiungere complessità”, e ci siamo proposti di rispettarla per tutti gli aspetti del nostro game design».
È stata un’operazione rischiosa, ed è andata bene per un soffio. Mimimi Games aveva finito i soldi ed era in sostanza pronta a dichiarare il fallimento quando Shadow Tactics uscì nel dicembre del 2016 e vedette 60.000 copie in un solo mese, doppiando così le migliori aspettative dello studio. Fece senz’altro la sua parte e si rivelò indovinata, perché seguire le tendenze non è più tanto importante ma ancora aiuta, la scelta di ambientare il gioco nel Giappone feudale, perché proprio in quel periodo i ninja iniziavano a essere di moda. La storia che stiamo raccontando ebbe in questo modo non tanto un lieto fine, quanto il migliore degli inizi. Mimimi Games, fino ad allora conosciuta principalmente per un gioco senza infamia e senza lode come The Last Tinker: City of Colors, aveva trovato una sua identità ed era pronta a stuzzicare nuovamente l’appetito degli amanti dei tattici in tempo reale riprendendo un’altra serie storica come Desperados.
Dopo il successo di Commandos, infatti, Pyro Studios ne produsse altri quattro capitoli, mentre molti studi iniziarono a creare giochi simili o dei veri e propri cloni. Insomma, si buttarono sul genere un po’ tutti, come resta a testimoniare Fallout Tactics. Spellbound Entertainment conobbe una certa fortuna riprendendo il gameplay di Commandos per filo e per segno ma collocandolo negli scenari western di Desperados: Wanted Dead or Alive, di cui produsse anche due seguiti, Desperados 2: Cooper’s Revenge e Helldorado, mentre Pyro Studios ormai già si dedicava ad altro, e cioè a ibridi tra tattici e strategici sulla falsariga di Total War con titoli come Imperial Glory.
La stagione dei tattici in tempo reale si consumò nel giro di pochissimi anni tra la fine dei Novanta e i primi del nuovo millennio, e Desperados fu l’ultima stella a brillare. Non si trattava di una formula abbastanza appetibile perché potesse durare a lungo: il dono della sintesi lo ha avuto Computer Gaming World, che in sede di recensione del primo Desperados, nel numero 207 dell’ottobre 2001, scriveva “The combination of intensely cerebral planning and split-second reactions isn’t for everyone, but for those who like this sort of things, it’s the sort of things they like” (“La combinazione di una pianificazione intensamente cerebrale e di reazioni in una frazione di secondo non è per tutti, ma è la cosa che piace a chi apprezza questo genere di cose”).
Se oggi il ritorno di Desperados in grande stile ha senso e funziona, è per via di tanti fattori: già detto che ormai ogni nicchia trova il suo pubblico, e dando per scontata la naturalezza con cui si va a inserire in un flusso di nuove uscite legate a glorie del passato (solo quest’anno Age of Empires II: Definitive Edition e lo stesso Commandos 2 HD, Resident Evil 3, l’intera trilogia di Mafia…), resta da rendere conto dell’ottimo lavoro svolto da Mimimi Games per renderne più godibile e moderno possibile il gameplay.
In Desperados III i personaggi sono tutti molto ben differenziati grazie alle loro diverse abilità, tra le quali figura persino la magia voodoo; ci sono sempre strumenti chiari per sapere se un nemico sta osservando o no una certa zona; una modalità chiamata Showdown consente di pianificare in anticipo più mosse per poi vederle eseguite contemporaneamente; è possibile mandare in avanti il tempo quando si osservano i pattern di movimento degli avversari e si attende solo il momento giusto per passare all’azione; e visto che è facilissimo fare qualche scelta troppo avventata e mandare a monte la missione, ci sono quicksave e quickload che sono davvero veloci come promette il loro nome.
Per chi volesse pasticciare un po’ con l’ottimo level design originale, il recente aggiornamento “Bounty Mode Update” permette inoltre di affrontare ogni scenario con qualsiasi personaggio e non più solamente con quelli previsti, e anche di modificare i livelli aggiungendo qua e là oggetti che aprono nuove possibilità per eliminare i nemici o passare inosservati. Sembra proprio che “creare profondità senza aggiungere complessità” sia rimasto un motto dello studio. In sostanza ritroviamo quanto c’era di buono in Shadow Tactics ma con qualche miglioramento o rifinitura in più (un esempio per tutti: la modalità Showdown ora consente anche il concatenamento di alcune azioni, come far fuori un nemico e occultarne il corpo). Gli sviluppatori di Mimimi Games insomma oramai mirano alla perfezione—non a caso Desperados III è finito nella cinquina delle nomination per il miglior gioco di strategia o di simulazione ai Game Awards di quest’anno (ma alla fine il premio l’ha vinto Flight Simulator), e sta iniziando a fare la sua apparizione in diverse classifiche dedicate ai migliori videogiochi del 2020, come quella di Slant. Il loro prossimo progetto, che per ora ha come nome in codice Süßkartoffel, sarà ancora una volta un gioco di tattica in tempo reale.