Tra i segni più evidenti di questi giorni di pandemia ci sono le immagini delle città vuote, con i negozi chiusi e le strade, le piazze, le stazioni deserte. Le foto proposte di recente dal New York Times raccontano bene la storia di una vita sospesa, di un’umanità in larga parte ritiratasi dal mondo, ma non è solo il paesaggio geografico a essersi modificato: è profondamente diverso anche il paesaggio psichico, e si tratta di un cambiamento immediato da percepire nonostante sia, al contrario dell’altro, invisibile. Viviamo strani giorni, come cantava Battiato, e se la domanda più urgente riguarda, comprensibilmente, quando ne usciremo, ne resta ineludibile un’altra: come ne usciremo? Facendoci tutti un po’ di tenerezza forse, e riconoscendo negli altri le stesse scorie che l’aver vissuto questa esperienza ha lasciato in noi.
Mutazione in fondo parla proprio di questo. La comunità che abita l’isola in cui si ambienta il gioco è sopravvissuta all’impatto di un meteorite, e anche se quell’evento appartiene ormai al passato, ovunque se ne trovano i segni: le rovine e i rottami sparsi in ogni dove; la trasformazione genetica della stessa popolazione, composta da mutanti tutt’altro che spaventosi però, anzi inoffensivi e gentili; e soprattutto una flora di nuove piante mai viste prima, che offrono l’unico vero elemento di gameplay presente in Mutazione, come vedremo. Il giocatore impara a conoscere questo mondo nei panni di Kai, una ragazzina che giunge sull’isola per far visita al nonno malato, e fa poi la conoscenza di tutti gli altri abitanti del piccolo insediamento. Mutazione è nella sua essenza un’avventura narrativa, che procede sui binari di dialoghi scritti eccezionalmente bene: tutti i personaggi hanno una storia e una personalità loro proprie, e possono custodire un segreto, o soffrire per un lutto o per una perdita; ma sanno anche apprezzare la ritrovata e rinnovata normalità, sanno godere delle piccole cose—una nuotata, il fresco della sera, il rumore della pioggia—e la scrittura, sostenuta da un’ottima direzione artistica, è capace di restituire tutto ciò, rendendo accessibili le temperature, i profumi e tante altre impressioni dei sensi per le quali non è ancora stata inventata alcuna periferica da collegare ai nostri hardware.
Al fianco dell’avventura narrativa hanno poi un ruolo di primo piano, come accennato poc’anzi, le piante. Il primissimo oggetto che viene consegnato a Kai è un’enciclopedia di botanica, un lungo e dettagliato catalogo di tutta la flora presente sull’isola—una tassonomia vegetale inventata di sana pianta che mi ha ricordato quella presente in Terminus Radioso di Antoine Volodine1“Accanto a lui, mormorano al vento gran mugghianti, ciuffi di covoìna, zabaculiacee, settentrine, erbegianne comuniste, vulpiane sterili, aldussine” (traduzione di Anna D’Elia, 66thand2nd, 2016).. Il secondo oggetto è un tamburo che Kai può suonare per incentivare le piante a crescere: le sarà utile a veder velocemente fiorire i giardini in cui avrà piantato i semi raccolti in giro per l’isola. Il giardinaggio è una nicchia solitamente rappresentata in ambito videoludico da giochi zen molto rilassanti2Basti pensare a titoli come A Good Gardener, Mendel, o Viridi. Lo scorso anno The Verge ha dedicato un bell’articolo a questo tema.; ma nel mettere in relazione questa attività con la storia di una comunità che ha vissuto un trauma, Mutazione riesce a fare un passo in più, mostrando come alla cura delle piante corrisponda anche una cura di sé e soprattutto una cura del prossimo. Per quanto concerne invece la cura riservata a questo gioco, ho fatto qualche domanda ai membri dello studio Die Gute Fabrik—software house dal nome tedesco ma con base in Danimarca: hanno risposto alle mie domande Hannah Nicklin (studio lead, narrative designer e writer), Nils Deneken (company founder, creative lead e lead artist) e Douglas Wilson (co-owner, design e audio engine per Mutazione).
Iniziamo con una presentazione dello studio. Quale mission vi siete dati, quale visione estetica contraddistingue Die Gute Fabrik?
Hannah: Die Gute Fabrik (‘la buona fabbrica’ in tedesco) è uno studio indie nato dieci anni fa a Copenhagen, dedicato ai giochi narrativi. Abbiamo da poco pubblicato Mutazione—una soap opera mutante—che ha ricevuto consensi unanimi da parte della critica. Tra i nostri titoli precedenti ci sono Sportsfriends, J.S. Joust e Where Is My Heart? Crediamo che i videogiochi possano essere significativi e culturalmente rilevanti tanto quanto il cinema o la letteratura, e che si tratti di una forma d’arte con un grande potenziale ancora inespresso. Pensiamo che si potrebbero realizzare giochi più accessibili e invitanti per persone che si trovano al di fuori della cerchia dei tradizionali gamer. In Die Gute Fabrik contiamo molto su persone che abbiano un background diverso dal settore videoludico. Amiamo il lavoro di game design, ma ci piace collaborare con persone che provengono da altre discipline perché questo rende le nostre opere più ricche, più fresche, più capaci di sfidare le ortodossie e le regole che stabiliscono come dovrebbe essere un gioco. Con ogni gioco proviamo a espandere i confini di ciò che ci si aspetta dai videogiochi.
Com’è nata l’idea di Mutazione?
Hannah: Anche se abbiamo iniziato la produzione quattro anni prima del lancio, il mondo del gioco era nella mente del direttore creativo Nils Deneken da più di un decennio. Ci sono quaderni con bozzetti di Nils che risalgono ai suoi anni universitari. Quando Nils racconta da dove viene l’idea per questo strano e incredibile mondo, e per i suoi abitanti, spesso usa un vecchio disegno, la foto di gruppo di una comunità. Molti di quei personaggi sono identici a quelli che si trovano nel gioco oggi. E la cosa più importante di quel disegno è il fatto che si tratta di una foto di gruppo—il gioco riguarda una comunità. Questo è stato molto interessante per me quando è giunto il momento di scrivere e di creare il gioco. La ricchezza di quel mondo è un dono, e la dimensione collettiva è centrale nella narrazione. Al cuore della lavorazione sin dall’inizio ci sono stati anche un progetto sonoro e un preciso ethos—Doug e Nils volevano fare una cosa che rispettasse il tempo del giocatore—con l’intenzione di gratificare uno stile di gioco basato sul girovagare. È stato a partire da questi obiettivi che Doug, Nils e Alessandro Coronas, il compositore con cui abbiamo collaborato, sono giunti all’idea del giardinaggio musicale.
Hannah, tu eri una sceneggiatrice e hai conseguito un dottorato di ricerca studiando gli spazi tra gioco e teatro. Mi piacerebbe sapere di più su quanto questa tua esperienza lavorativa e accademica abbia influenzato il game design di Mutazione.
Hannah: Ho l’impressione che la scrittura e la creatività nel teatro abbiano una buona dose di analogia con la scrittura e la creatività nei videogiochi—a prescindere dal fatto che ci siano di mezzo dei dialoghi. La pratica della drammaturgia, in cui si guarda alla struttura, si cerca di avere una visione d’insieme, è qualcosa che porto con me nel design narrativo, e quest’ultimo altro non è che la stessa drammaturgia con, in aggiunta, la dimensione della libertà di scelta da parte del giocatore. Si dice che il ruolo del drammaturgo sia quello di essere un amico del pubblico all’interno della sala prove. Nel processo di game design hai bisogno di essere il promotore della storia, e un amico del giocatore all’interno della storia. Occorre pensare a tutti i meccanismi e a come farli risultare appaganti, incoraggiando e stimolando. Inoltre penso che coloro che hanno una formazione nell’ambito della scrittura di testi per la recitazione, e una preparazione sulle tecniche narrative (show don’t tell; si dovrebbe poter identificare chi sta parlando dal tono, dalla cadenza, dalla scelta delle parole, senza conoscerne il nome), possano approcciarsi alla scrittura per i videogiochi con un prezioso bagaglio di conoscenze, utile a pensare al modo in cui i personaggi dovrebbero essere caratterizzati, e quali scelte stilistiche andrebbero fatte per dar loro voce: naturalistiche, impressionistiche, espressionistiche, e così via. Non si tratta solo di conoscenze, perché nell’ideazione di pratiche drammaturgiche (nel teatro contemporaneo europeo in particolare), il game e il play sono spesso utilizzati attivamente nel corso del processo creativo di una rappresentazione, e lo stesso vale per un approccio iterativo al work in progress durante lo sviluppo dell’opera. Buona parte del mio lavoro in teatro ha sconfinato nel ludico quando ho iniziato a occuparmi di pratiche drammaturgiche interattive e pervasive, ed è stato molto naturale.
Ho trovato interessante la dimensione corale del racconto. Come avete dato forma alla comunità che abita l’isola di Mutazione?
Hannah: Per Nils gli abitanti del piccolo villaggio di Mutazione sono sempre stati un modo per circoscrivere lo studio di un gruppo di persone che vivono insieme in un contesto di immersione nella natura. Gli stessi componenti della comunità li ha immaginati sin dall’inizio, e già ben delineati nei dettagli. C’è stata qualche rifinitura e qualche modifica, ma è stata sempre una cosa che ha avuto ben chiara in mente. Per me, partire dal disastro naturale che ha immaginato per la storia di quel mondo è diventato un mezzo per esplorare il modo in cui una comunità può restare unita dopo un disastro, risolvendo i conflitti e imparando a convivere con il trauma. Mi sono unita allo sviluppo del gioco più o meno a metà dell’opera—a quel punto il character design e i tratti fondamentali della trama erano stati già definiti, perciò per quanto riguarda la scrittura e lo sviluppo dei personaggi la sfida per me, in termini di design narrativo, era dare una struttura alla storia e rendere trasparente il game design, in modo che la trama fosse appagante da seguire. Inoltre, parlando di scrittura, per accompagnare il vivido character design di Nils ho lavorato molto nel dare a ogni personaggio una voce distintiva. In questo il mio background teatrale e drammaturgico ha influito—avere una formazione di quel tipo è davvero importante. Ho usato la cadenza, le espressioni, il lessico, l’età, l’accento, tutte queste cose per dare una voce unica a ogni personaggio. Penso che nei titoli indipendenti sia più comune trovare personaggi che hanno uno stesso tono, tipico dei videogiochi, una specie di maniera di parlare arguta presa da internet. Volevo che Mutazione fosse distante da questo. La scrittura è naturalistica, e spero che dia verità alla finzione dell’ambientazione a tinte fantasy, e riesca a rendere il viaggio emotivo coinvolgente e reale. Oltre che alle voci dei personaggi e al design narrativo, ho prestato attenzione alla varietà della caratterizzazione; ho reso i tratti del personaggio iniziale un po’ più complessi, e anche se ho provato a conservare il delizioso stile cartoonesco di certi momenti e di alcuni personaggi, li ho messi in situazioni che gli permettessero di crescere, e in ogni circostanza ho lavorato per far sì che nessuno di loro venisse definito dalla sua diversità, ma che fossero completi, e sorprendenti, e pieni di contraddizioni.
Un altro aspetto interessante è il ritmo del gioco. Perché avete scelto di dividere la storia in vari giorni, e poi nei diversi momenti di ogni giornata?
Hannah: Il ritmo è cruciale quando si parla di dare struttura a una narrazione, e in questo gioco abbiamo mantenuto un certo controllo sul modo in cui il giocatore fa esperienza della storia, e attraverso un design trasparente abbiamo proposto dei riferimenti molto chiari, mediante i quali il giocatore può sentirsi a proprio agio e decidere con quali tempi esplorare ogni cosa. Inserendo dei tagli tra i diversi momenti della giornata, ma anche con la struttura episodica di ogni giornata, che ha il suo titolo, volevamo sfruttare alcune delle consuetudini delle serie televisive (consentono un cliffhanger, ad esempio), e anche dare al giocatore un momento perfetto per prendersi una pausa. Spesso uso l’espressione “centri multipli” in opposizione a “finali multipli” per parlare del modo in cui ho lavorato nel dare facoltà di scelta al giocatore in Mutazione—nel gioco la scelta non riguarda il controllo, o il personaggio, bensì l’esplorazione e il ritmo. Questo ha molto a che fare con il tema dell’anticolonialismo, e con il ritorno alla natura. Spezzare il gioco in diversi momenti del giorno e in episodi ha reso anche molto più facile per me mantenere un controllo autoriale sull’esperienza del giocatore, mentre invece ogni momento o episodio lascia libertà di esplorare. Ho provato a rendere lo svolgimento della storia il più chiaro possibile usando strumenti come il diario, e dando ai personaggi abitudini e routine, ma ho costruito trame che progrediscono indipendentemente dal fatto che si abbia avuto quella prima o seconda conversazione—e che talvolta iniziano a partire dalla terza, o dalla quinta. Questo è utile pure in termini di world-building, perché trasmette al giocatore la sensazione di trovarsi in un mondo preesistente, all’interno di una storia della quale non è il solo protagonista. Questo mi ha permesso di intrecciare la storia del mondo (e il percorso un po’ magico che intraprende il giocatore) con la vita quotidiana degli altri personaggi. Ho inserito nella trama principale quanto basta perché il tutto abbia senso, ma ho reso gratificante andare a esplorare nel dettaglio e in profondità, perché a quel punto spero che gli altri personaggi non risultino solamente accattivanti di per sé, ma parte di una narrazione più ampia. La storia di una comunità, raccontata attraverso la sua esplorazione.
Com’è nata invece la parte relativa al giardinaggio? Come avete inventato tutte le specie vegetali che compongono la flora dell’isola?
Doug: I giardini musicali sono stati pensati durante la fase iniziale del progetto, tra me, Nils e Alessandro. Da parte mia la volontà era quella di dare ai giocatori qualcosa di creativo e di espressivo da fare, in aggiunta al semplice avanzamento nella storia e al completamento del gioco. Mutazione non è un gioco che ha puzzle da risolvere o sfide particolari, perciò volevamo inserire elementi di gameplay sotto l’aspetto audiovisivo—qualcosa di un po’ più giocoso.
Nils: Quando ho immaginato le piante di Mutazione, ho provato a pensare idealmente al mondo di gioco e al livello di astrazione che abbiamo usato nel disegnare gli sfondi. Se le piante si adattavano allo stile e al livello di dettaglio che avevamo negli sfondi, eravamo sulla giusta strada. All’inizio ho disegnato alcune piante senza considerare gli sfondi e spesso risultavano troppo dettagliate e naturalistiche. Inoltre dovevano essere disegnate in relazione alla musica dei giardini (ogni pianta ha i suoi strumenti e suona in una delle sette chiavi musicali, o mood). Ognuno di questi mood si lega a un personaggio, a una tavolozza di colori e ad alcune specifiche specie vegetali.
Quali sono state le fonti di ispirazione per lo stile grafico del gioco?
Nils: Ho un background come illustratore e graphic designer, perciò molte delle mie fonti di ispirazione si trovano al di fuori dei videogiochi. Ricordo che avevo alcuni precisi riferimenti musicali quando ho iniziato a pensare al mondo di Mutazione, come Tom Waits, i Boards of Canada o la band tedesca Tocotronic. Questo tipo di musica ha avuto una chiara influenza sulla colorazione del mondo di gioco. Dal punto di vista visivo ho fatto affidamento al mio stile, anche se mi era evidente che ogni cosa doveva essere in 2D. Ho pensato ai membri della comunità come ad una composizione, in cui gli accostamenti e i colori di ogni personaggio avrebbe dovuto legarsi bene a tutto il resto, ancor prima che questi avessero una funzione narrativa. (Il gruppo di personaggi è stato rivisto più volte nel corso dello sviluppo, in modo che avesse un senso all’interno della storia. Il loro stile grafico è anch’esso cambiato nel corso del tempo). Penso che all’inizio stavo provando a creare una specie di mix astratto ispirato agli universi di Jim Henson e di Hayao Miyazaki, che a un certo punto ha assunto una vita propria.
In che modo avete lavorato alla colonna sonora? Che indicazioni avete dato ad Alessandro Coronas per comporre le musiche?
Doug: Alessandro è una delle mie persone preferite con cui lavorare! Non credo di poter sopravvalutare il suo contributo al gioco. Più che comporre solamente “dei bei pezzi” per noi, si è fatto carico di progettare le regole per il nostro sistema di musica procedurale. L’applicazione più ovvia sono i giardini musicali, che consentono al giocatore di costruire un proprio paesaggio sonoro di musica ambient. Ma anche nel villaggio la musica è in parte procedurale e segue una serie di livelli musicali. Io mi sono occupato della programmazione, e Alessandro ha lavorato con me indicando di fatto in che modo tutto avrebbe dovuto funzionare. Parlando di influenze, Alessandro ha voluto riunire una grande varietà di generi in un’unica e sintetica esperienza. Noi gli abbiamo parlato molto delle band che ci piacciono, ma Alessandro ha portato anche il suo gusto personale. Non posso fare una lista completa di riferimenti, ma sicuramente tra di essi ci sono Sam Prekop, i Sonic Youth, Mark Kozelek e la colonna sonora di Akira. La cosa più importante però è stata la ricerca di un suono naturale, che dà l’impressione di ascoltare musica registrata dal vivo.