A pensarci bene, persino definire cosa sia o non sia un gioco basato sui loop temporali è difficile, ma proviamoci ugualmente. “Un gioco basato sui loop temporali è un qualsiasi gioco in cui, alla morte o allo scadere del tempo, sia il mondo di gioco che il giocatore vengono riportati a un momento precedente, dal quale ripartono con il beneficio dell’esperienza già fatta”, forse potrebbe andar bene?
Lungi dall’essere soddisfacente, questa in realtà è una definizione che renderebbe Halo, tecnicamente, un gioco sui loop temporali. Vengo ucciso da un colpo di fucile di un cecchino Covenant e vengo riportato all’ultimo checkpoint. Lì, sono in un momento precedente, destinato a vivere o a morire ripetutamente finché non avrò scoperto dietro quale roccia si nasconde quel dannato cecchino, in modo da sparargli prima.
Potrebbe essere d’aiuto aggiustare la mia definizione per includere un punto di ripartenza fisso, come svegliarsi sempre accanto allo stesso fuoco, sempre nello stesso momento, in Outer Wilds? Occorre fare attenzione, poiché non avremmo ancora escluso roguelike come FTL o Hades, ed è anche facile immaginare un gioco basato sui loop temporali in cui il giocatore può, proprio attraverso i loop, sbloccare “punti di ripartenza” nuovi nel tempo e nello spazio del mondo di gioco.
Un tentativo più accurato potrebbe essere “un gioco dove il giocatore e il mondo di gioco vengono riportati a un momento precedente allo scadere del tempo o alla morte, ma in cui all’interno della finzione non si perde la conoscenza degli eventi accaduti nelle linee temporali scartate”. Per quanto ne so, mi sembra che questa definizione soddisfi quasi tutti i media con una narrazione basata su loop temporali. Every Day the Same Dream, Ricomincio da capo e Russian Doll sarebbero noiosi se non ci fosse la consapevolezza del loop temporale e la capacità di ricordare cosa è successo nei loop precedenti: Bill Murray, proprio come tutti gli altri in quella città, ripeterebbe le stesse azioni all’infinito.
Quando entra in ballo l’interattività del medium videoludico, però, si crea una nuova possibilità, in cui il tempo si riavvolge e ogni personaggio ne è totalmente inconsapevole, mentre invece il giocatore ricorda benissimo le linee temporali scartate e può usare la propria conoscenza per prevedere minacce e provare cose nuove. È possibile, allora, considerare la stragrande maggioranza dei videogiochi come un bizzarro imbastardimento di questo formato narrativo, in cui nessuno, tranne il giocatore, percepisce l’arresto e la ripartenza del mondo di gioco?
Intrinsecamente, questo produce una disconnessione psichica tra giocatore e personaggio, poiché il primo è quasi sempre meglio informato del secondo. I giochi basati sui loop temporali emergerebbero allora a colmare tale divario tra giocatore e personaggio, perché mentre cerchiamo di innovare il design narrativo e di preservare al contempo la delicata sospensione dell’incredulità del giocatore, da qualche parte all’interno della finzione, di solito proprio nel protagonista controllato dal giocatore, c’è una consapevolezza delle linee temporali scartate.
Arriviamo così a Deathloop e The Forgotten City, ma c’è ancora una distinzione da fare. La sua struttura può essere ciclica, ma Deathloop non presenta loop temporali nelle sue meccaniche narrative. Al di là del combattimento e dell’esplorazione, la vera storia di Colt e Juliana che sta al centro di Deathloop non si ripete, poiché entrambi ricordano gli eventi accaduti nei loop precedenti. Le loro conversazioni procedono sempre e solo in avanti e, poiché il giocatore non può prendere alcuna decisione narrativa nel gioco, non è nemmeno in grado di utilizzare la conoscenza pregressa per manipolare lo svolgimento degli eventi.
Lo scrittore Nick Pearce con The Forgotten City fa esattamente il contrario. Presenta cioè un processo decisionale narrativo esplicito, utilizzando una struttura di dialogo ereditata da Skyrim, e quasi tutti i suoi personaggi non hanno alcuna conoscenza del ciclo temporale. Dire qualcosa di anacronistico porta a nuove storie e a rami di dialogo che si rivelano solo nei loop successivi.
Il giocatore, se vuole, può prendere lo stesso tipo di scorciatoie con cui Bill Murray manipola coloro che lo circondano in Ricomincio da capo, e dire immediatamente le cose giuste per convincere il personaggio più adorabile della città, Galerius, a prevenire diverse catastrofi imminenti. Nello stesso identico loop, un truffatore ci potrebbe sottrarre una significativa quantità di oro, e nel ciclo successivo appariranno nuove opzioni di dialogo, che ci permetteranno di sfruttare la ripartenza per truffare a nostra volta il truffatore, usando le sue stesse parole contro di lui.
Si creano anche delle sfide: The Forgotten City non può fare a meno di reintrodurre la distanza cognitiva tra il giocatore e il suo personaggio quando la scrittura, comprensibilmente, non riesce a tenere il passo della quantità delle cose potenziali che il giocatore potrebbe voler dire a ciascun personaggio; questo aspetto diventa leggermente restrittivo nel finale, quando le opzioni di dialogo sulle rivelazioni dell’atto conclusivo che riteniamo dovrebbero essere presenti sono invece assenti.
Credo che i giochi a ciclo temporale esistano su uno spettro. Si potrebbe sostenere che un loop temporale di qualche tipo sia presente in molti o addirittura nella maggior parte dei giochi, mentre la finzione di un loop temporale no. Non molto più avanti nello spettro si trovano giochi che narrativamente prevedono loop temporali, anche se questo non significa necessariamente che tutti gli aspetti del gameplay ne siano caratterizzati. All’estremità, potrebbe esserci un gioco in cui ogni elemento fa parte di un loop, ma non saprei dire se esiste già. Penso di no.