La scena shareware dei primi anni Novanta venne definita dall’ascesa di alcuni giganti, ma, man mano che l’attenzione cominciò a scemare e a spostarsi altrove, emerse una scena con caratteristiche generali molto diverse. Il mondo dello shareware post-Doom e post-Duke 3D, sempre più sovraesposto e ipersaturo, venne segnato dall’ascesa degli specialisti dello shareware. Arrivò l’era di studi-boutique composti da una o due persone che guadagnavano soldi e una (modesta) fama entro i confini di una piccola nicchia. Di solito questo significava mantenere solo una o due applicazioni che venivano regolarmente aggiornate e riscritte con funzioni migliori e il supporto per gli ultimi aggiornamenti di sistema. Ma c’è stato un caso in cui la nicchia era invece un flusso costante di nuovi giochi all’interno di alcuni generi ben specifici.
Questo è stato il modus operandi di William Soleau, ballerino diventato sviluppatore che ha pubblicato videogiochi con la sigla Soleau Software per tutti gli anni Novanta. Soleau si era avvicinato allo sviluppo dei videogiochi lentamente. Da bambino aveva creato giochi fisici con carta e cartone, ma l’idea di creare un videogioco era del tutto nuova per lui quando comprò il suo primo computer, un Commodore 64, nel 1983. «Ho dovuto caricare il sistema operativo con una cartuccia a nastro», ricorda. «E rimasi affascinato già solo dal mezzo».
Aveva già avuto a che fare con i computer. All’università aveva imparato le basi della programmazione a schede perforate per mainframe e minicomputer. Ma qui c’era una piccola macchina che poteva chiamare sua e che era accompagnata da un libro sulla programmazione in BASIC. Rapidamente si appassionò alla programmazione. «Il mio primo programma credo si chiamasse File-O», racconta. Si trattava di una moderna applicazione per le note, utile per salvare e cercare pensieri casuali, liste della spesa, elenchi di cose da fare e così via. L’ha scritto per gestire i suoi appuntamenti e i suoi impegni quando era in tournée come ballerino di danza classica. Poi scrisse altri programmi, ognuno destinato a risolvere un problema particolare (uno, ad esempio, serviva a monitorare le spese).
Nel 1984 iniziò la sua transizione da ballerino a coreografo—dalla performance alla programmazione di ritmo, movimenti e messa in scena di un balletto—e circa un anno dopo decise di provare a realizzare un videogioco. Si trattava di un semplice gioco in grafica ASCII che chiamò Car Race. «Guidi questa macchina lungo un tracciato e devi evitare le macchie di olio e cose del genere», ricorda. Soleau si divertì a creare questo gioco così tanto che ne fece subito un altro, poi un altro e un altro ancora. Portava il computer con sé in tournée mentre la sua compagnia di balletto viaggiava in tutto il mondo, e impiegava i tempi morti per imparare a programmare.
A un certo punto iniziò a caricare i suoi giochi su CompuServe per farli provare ad altre persone, e poco dopo iniziò a chiedere donazioni a chiunque li apprezzasse. Inserì nel codice una variabile di conteggio che teneva traccia di quante volte qualcuno premeva il pulsante per giocare di nuovo (invece di uscire). Se si giocava due o più volte in una sessione, si vedeva un messaggio che sollecitava un feedback tramite CompuServe o una lettera con una donazione di 5 o 10 dollari “se trovate utile questo gioco”. Nello stesso periodo, nel 1988, Soleau passò al PC e pubblicò un altro gioco di corse ASCII, Race Car, seguito nel marzo 1989 da un nuovo gioco chiamato Seeker of Wisdom. Poi realizzò una serie di giochi con labirinti in modalità testo: RatMaze, MadMaze, BumpMaze e BlindMaze.
Ognuno di essi rappresentava una variante della stessa idea di base: muoversi in un labirinto e cercare di completare un determinato obiettivo entro qualche altro vincolo specifico. MadMaze e BlindMaze, per esempio, prevedevano entrambi la ricerca di un artefatto facendo buchi nei muri ed esplorando un labirinto di cui il giocatore poteva vedere solo una piccola parte alla volta, gestendo al contempo i livelli di ossigeno del proprio personaggio. RatMaze, invece, era un più semplice gioco del gatto e del topo, in cui l’obiettivo era afferrare le stelle sparse nel labirinto prima di essere catturati da uno dei personaggi da cui si viene inseguiti.
A un certo punto—non ricorda esattamente quando—Soleau tornò da un tour di un mese all’estero e si recò all’ufficio postale per ritirare la posta. Con sua grande sorpresa, avevano un’intera borsa piena di lettere per lui. «E in ognuna di quelle lettere c’erano 10 dollari», ricorda. «Probabilmente ho guadagnato più soldi in quell’occasione che con la danza, perché non venivamo pagati così tanto. E ho iniziato a pensare tra me e me: “Wow, c’è tanta gente che lo trova interessante”».
Dopo aver appreso la notizia, l’amico e collega ballerino Kevin Santee gli ha suggerito di fondare una società di sviluppo. Non lo fece subito, continuando a pubblicare giochi shareware a suo nome per un altro anno circa, ma questo gettò il seme di quella che nel 1991 sarebbe diventata Soleau Software. Con l’aumento dei suoi guadagni nel settore shareware, aumentò anche il suo tempo libero: ridusse il suo carico di lavoro come coreografo e smise di ballare nelle compagnie. E i suoi giochi fecero un corrispondente passo avanti in termini di grafica.
I 13 giochi di Soleau pubblicati nel 1990 offrivano tutti una grafica a colori CGA, abbandonando la sua precedente dipendenza dalle immagini in modalità testo. (Il che lo metteva in linea con gli standard grafici di qualche anno prima, dato che anche nel mondo dello shareware il settore dei giochi per PC era passato in gran parte al successore del CGA: la grafica EGA). Di questi tredici, uno chiedeva ai giocatori di raccogliere oro e di spingere scatole per intrappolare i nemici, un altro era un gioco da tavolo digitale in stile Risiko, e quattro erano diversi tipi di puzzle numerici: un gioco di abbinamento di colori con blocchi che cadono chiamato Cuber, un gioco di colorazione di colonne chiamato Plotz, e due varianti di Othello/Reversi chiamate Iago e Doubolo.
Altri quattro erano varianti del popolare gioco commerciale Pipe Mania (noto anche come Pipe Dream), che consisteva nel collegare i tubi su una griglia per costruire un percorso attraverso il quale far defluire la melma delle fogne. Due di questi, Up the Wall e Main Break, erano semplici cloni controllati dalla tastiera del nucleo del gioco di posa dei tubi, mentre gli altri due, Jungle Jack e Runoff, cercavano di ri-tematizzare il gioco (rispettivamente come scavo di canali in una giungla inesplorata e posa di sentieri per una maratona nei boschi).
Ogni anno Soleau aggiungeva diversi nuovi giochi al suo catalogo, la maggior parte dei quali raggruppabili in una manciata di idee base, tutte rigorosamente non violente. Gli piaceva creare puzzle e giochi strategici che si basavano molto sulla logica, anche se venivano presentati come platform tradizionali, come nel caso di Ladder Man (1992), che prevedeva che i giocatori utilizzassero una scala portatile piuttosto che un’abilità di salto per attraversare gli ambienti. Premendo la barra spaziatrice si attivava la scala, che si estendeva per due tessere sopra la testa del personaggio, ma se il giocatore scendeva dalla scala (o da qualsiasi oggetto) su uno spazio vuoto, cadeva sulla tessera solida successiva. La navigazione diventava così una prova d’ingegno più che di destrezza, perché per Soleau era proprio questa la gioia di giocare e progettare giochi: trovare la logica.
I suoi generi preferiti erano: i giochi strategici a labirinto, i rompicapo in cui si spingono e si trasportano i blocchi in stile Sokoban, i giochi dove bisogna muovere i propri uomini verso l’altro lato prima dell’avversario (di solito con una sorta di rompicapo logico per cui gli uomini si muovono in avanti automaticamente ogni volta che viene liberato un percorso per loro), i wargame strategici di conquista in stile Risiko e le varianti di Pipe Mania.
«Scrivevo un gioco e il gioco successivo poteva essere un adattamento dello stesso gioco, con una grafica diversa», spiega Soleau. «Ma aggiungendo sempre uno o due elementi diversi, perché solo così sarebbe stato interessante per me». Lungo il percorso prendeva appunti su quali giochi vendevano bene e quali male, poi cercava di conservare gli elementi dei giochi più popolari per i progetti futuri. Ben presto ha assunto l’amico Kevin Santee come partner commerciale, per aiutarlo a crescere e a gestire l’attività. Soleau avrebbe realizzato i giochi, mentre Santee si sarebbe occupato delle finanze dell’azienda e dell’evasione degli ordini.
Soleau non era interessato ad adottare il modello Apogee in toto, ma, come molti altri autori di shareware, aveva colto l’essenza dell’idea: offrire più contenuti a chiunque pagasse. Ha ideato un sistema in cui un singolo codice di sblocco consentiva l’esperienza completa ed eliminava le schermate di avviso o i ritardi di avvio dello shareware, e piuttosto che investire in un complicato processo di generazione e convalida delle licenze ha inserito quel codice nel gioco. «Non importava se eri John Boesky o Bill Soleau», spiega. «È lo stesso codice». Questo, ha pensato, sarebbe stato sufficiente per attirare le persone oneste, mentre gli altri non avrebbero mai pagato comunque, quindi che differenza faceva se potevano semplicemente cercare il codice su Internet?
Il sistema funzionò abbastanza bene, almeno per mantenere lui e Kevin Santee concentrati sull’azienda a tempo pieno, o quasi, per la maggior parte degli anni Novanta. Nella maggior parte degli anni i guadagni si aggiravano intorno ai 40.000 dollari a testa, al netto delle spese aziendali, anche se in un anno particolarmente forte raddoppiarono la cifra, grazie soprattutto a una serie di entrate extra derivanti dalle royalty dei giochi concessi in licenza per le collezioni di CD-ROM shareware vendute presso grandi rivenditori statunitensi come Wal-Mart.
I giochi più redditizi sono stati Oilcap (1996) per DOS, che consisteva nel posare tubi in cui far passare il petrolio, come in Pipe Mania, Ant Run (1996), con la stessa idea, ma con le formiche e i tubi come pezzi fissi che devono essere ruotati mentre la formica li attraversa, e Isle Wars (1994), un’interpretazione computerizzata del gioco da tavolo Risiko, con l’aggiunta di disastri naturali e ribellioni, oltre al gioco per Windows Score a Million (2000), un titolo in cui i giocatori devono rispondere correttamente a una serie di domande sul tabellone, in stile bingo, per poter vincere.
Nel corso di un decennio, Soleau ha pubblicato più di 60 giochi shareware per DOS e circa lo stesso numero di titoli per Windows, Mac e Web, alcuni dei quali sono stati venduti non come shareware ma come titoli commerciali su licenza (ad esempio, hanno pubblicato un CD-ROM di Saturday Night Live). Questa produzione di oltre 100 giochi in un decennio è seconda solo a Tommy’s Toys per volume, e incredibilmente sono stati quasi tutti realizzati da William Soleau stesso—le uniche eccezioni sono rappresentate da una piccola serie di giochi dei fratelli Doug e Larry Murk, che inizialmente contattarono Soleau nel 1993 con la richiesta di pubblicare il loro puzzle-platform Block-Man.
All’epoca pensavo: «Forse Soleau Software si riempirà di programmatori logici», ricorda Soleau, «lavoreremo tutti sotto la sigla Soleau Software, ma avrò molti programmatori. Non dovrò scrivere tutti i giochi da solo». Ma la storia ha preso un’altra direzione e Soleau Software ha continuato a essere una casa di sviluppo con un solo uomo (con Kevin Santee e la moglie di Santee, l’ex ballerina Katie Langan, a dare una mano sul fronte commerciale e del marketing). Soleau trovava la stessa gioia nello sviluppo dei giochi e nella coreografia. Per lui erano la stessa cosa: problemi da risolvere, concetti da esplorare, sfide da superare.
«Ho sfornato un gioco dopo l’altro. Come coreografo, onestamente, ho fatto 100 balletti in compagnie di tutto il mondo, e hanno smesso di interessarmi non appena finiti. Erano finiti. Volevo prendere un nuovo set di colori, dipingere su una nuova tela e iniziare qualcosa di nuovo. È più o meno così che mi sono comportato programmando videogiochi. Una volta fatto Isle Wars, per esempio, che è come Risiko, ma con l’aggiunta di altri elementi, ho pensato: “Ok, è finito. Facciamo un altro gioco”. Qualcosa che mi metta alla prova, sia a livello di programmazione che a livello intellettuale, e che sia divertente da giocare».
Sapeva che avrebbe ottenuto risultati migliori se avesse ripulito e rifinito i suoi giochi, con grafica e audio professionali, ma non riusciva a farlo. Era incessantemente spinto a passare al progetto successivo. Il prossimo problema di codifica da risolvere. Il prossimo progetto a cui dare vita. Ma, allo scadere degli anni Novanta, dopo un decennio di gestione condivisa dell’azienda, Soleau e Santee iniziarono a perdere certezze. Avevano appena vinto un premio dell’Association of Shareware Professionals per il miglior gioco non violento e gli affari andavano ancora bene, ma vedevano che il business stava cambiando. «Non stavamo producendo il tipo di giochi che stavano iniziando ad andare [bene] all’inizio del secolo», dice Soleau. «E con questi grandi giochi non potevamo competere».
In ogni caso, Soleau sentiva il desiderio di tornare alla coreografia e Santee aveva bisogno di aumentare le sue entrate per mantenere una famiglia in crescita, e perciò voleva tornare a scuola per ottenere un CPA (una qualifica contabile). Decisero di iniziare a chiudere i battenti e dal 2003 Soleau Software si occupò solo di supporto. (Poi, nel novembre 2020, stanco di gestire l’assistenza tecnica sui giochi che aveva creato decenni prima per hardware e sistemi operativi ormai obsoleti, Soleau chiuse completamente l’azienda).
Questo articolo è un estratto dal libro “Shareware Heroes” di Richard Moss, pubblicato da Unbound.