Fin dagli esordi—giusto vent’anni fa con Shogun: Total War—la fortuna della serie Total War si è sempre legata al suo originale gameplay capace di unire strategia in tempo reale e strategia a turni in un’unica formula. Agli appassionati di entrambi i generi lo studio Creative Assembly, all’epoca ancora parte di Electronic Arts e successivamente acquisito da Sega, con Total War offriva per la prima volta un’esperienza strategica completa, quasi si trattasse di due giochi in uno, strettamente connessi tra loro.
Nei classici strategici in tempo reale, come Dune II o Starcraft o Command & Conquer: Red Alert, il giocatore non aveva alcun controllo sull’andamento generale degli eventi del gioco: avanzava un capitolo dopo l’altro, seguendo le indicazioni dei vari briefing che precedevano ogni missione; una visione più ampia delle operazioni di guerra gli era preclusa, perché spettava a personalità più in alto nella catena di comando il compito di fornire aggiornamenti, impartire istruzioni, assegnare nuovi obiettivi. Non rimaneva altro da fare che eseguire.
Negli strategici a turni accadeva solitamente il contrario: in Civilization ci si trovava a percorrere l’intera storia dell’umanità plasmando il proprio destino e gestendo i rapporti con tutte le altre civiltà in gioco senza mai passare, però, per il micro management degli spostamenti e delle azioni delle unità militari sul territorio. Total War invece ha sempre consentito al giocatore di portare avanti un piano strategico generale attraverso un sistema a turni sulla mappa del mondo di gioco, ma anche di gestire in tempo reale e in 3D i conflitti sui singoli campi di battaglia. L’esperienza si faceva non solo più ricca, ma anche più intensa: ora ogni battaglia derivava da una scelta del giocatore, che voleva acquisire proprio quel particolare territorio in accordo con una strategia da lui stesso elaborata.
A questa impostazione si è sempre unita una fascinazione quantitativa per il numero di unità in campo, già punto di forza di Total Annihilation, come pure una grande attenzione per le ambientazioni, con fedeli ricostruzioni di armi e armature tipiche di ogni periodo storico. Se per qualsiasi serie così longeva diventa a un certo punto difficile rinnovarsi, gli sviluppatori di Creative Assembly nel corso del tempo sono riusciti a tenere a galla Total War proprio grazie al passaggio dal Giappone degli shōgun all’Europa medioevale, dall’epoca napoleonica alla decadenza dell’antica Roma, sconfinando persino nel fantasy con i capitoli dedicati all’universo di Warhammer.
Con il declino della strategia in tempo reale, però, la doppia natura di Total War è diventata un’arma spuntata. Mentre gli RTS sono ormai sostanzialmente spariti dai radar, gli strategici a turni continuano a godere di ottima salute: con i titoli grand strategy di Paradox, ad esempio; e poi di certo con i nuovi capitoli di Civilization; come pure con i progetti di chi in passato ha contribuito a quella storica serie e ora si è messo in proprio, tipo Jon Shafer, lead designer di Civilization V, che proprio su queste pagine ho intervistato a proposito del suo At the Gates, o Soren Johnson, lead designer di Civilization IV e ora autore di Old World; ma forse la più grande sfida al dominio di Civilization è in arrivo con Humankind, l’opera con cui Amplitude Studios promette di mettere a frutto l’esperienza maturata con quel gioiellino che è Endless Legend.
Proprio Endless Legend, al pari della serie Age of Wonders, prevedendo la possibilità di gestire, sempre a turni, le singole battaglie, non ha reso un buon servizio a Total War, rivelando la natura sempre più accessoria di questa caratteristica e abituando i giocatori a optare per la risoluzione automatica degli scontri ogni volta che la proporzione delle forze in campo ne rende prevedibile l’esito. In questo scenario, Total War: Three Kingdoms appare il primo vero serio tentativo di affrontare la questione e trovare nuove soluzioni per la serie. Grazie all’introduzione di due importanti novità, Three Kingdoms si presenta al tempo stesso come uno dei migliori Total War e come un passaggio interlocutorio in vista dei prossimi capitoli del franchise.
La prima grande novità, come riportato nella cover story del numero 328 di PC Gamer (marzo 2019), è stato il completo rifacimento dell’intelligenza artificiale. Riscrivere tutto da capo invece di apportare semplici aggiustamenti ha permesso di ampliare enormemente il ventaglio delle possibilità politiche e diplomatiche del gioco: il giocatore può così non solamente destreggiarsi con agilità in una delle fasi storiche più caotiche di sempre, il periodo dei Tre Regni in Cina, ma nel farlo può anche seguire approcci diversi in accordo con i tratti peculiari del leader impersonato. Tra patti di non aggressione, diritti di passaggio, scambi commerciali, matrimoni combinati e sottomissioni di vassallaggio, le possibilità sono davvero tante e danno un’inedita profondità e un maggiore realismo alla componente a turni.
L’aderenza alla realtà non appare però irrinunciabile in Three Kingdoms. Se da una parte l’accuratezza storica è encomiabile, tanto nel gioco base quanto in espansioni come Mandate of Heaven, mirate all’espansione dell’arco temporale e all’introduzione di nuovi leader, Creative Assembly ha fatto sì che fosse anche facoltativa, con una serie di interessanti accorgimenti.
Una nuova meccanica di gioco, innanzitutto, mette il giocatore di fronte a un dilemma iniziale differente per ogni leader, che instrada subito lo svolgimento degli eventi nella direzione della verosomiglianza oppure della realtà alternativa. Giocando nei panni di Cao Cao, ad esempio, giunge presto il momento in cui Cao Song, nostro padre, viene ucciso dalle truppe di Tao Qian. I resoconti storici riferiscono che la rappresaglia di Cao Cao fu immediata e terribile (e avventata e controproducente), ma possiamo anche scegliere di non iniziare subito una guerra e di continuare invece a sviluppare e consolidare il nostro regno.
Il medesimo evento fa da spartiacque giocando la campagna di Liu Bei: la storia fa il proprio corso e Cao Cao attacca Tao Qian, che chiede aiuto proprio a noi. La decisione in questo caso è tra aderire alla realtà e andare in suo soccorso, oppure rimanere estranei alla faccenda. Giocando la campagna di Yuan Shao è invece impossibile restare neutrali: Gongsun Zan, su nostro suggerimento, minaccia da nord Han Fu, e ci chiede di fare altrettanto da sud. Possiamo dare seguito al nostro piano, rafforzando il legame con Gongsun Zan, o altrimenti accettare la proposta di Han Fu, che nel frattempo, messo alle strette, ci ha chiesto protezione in cambio dei suoi territori. Nella realtà storica andò proprio in questo modo: Han Fu, rimasto senza terra e lasciato da Yuan Shao privo di alcun incarico, vista la sua famiglia perseguitata e i suoi fedelissimi uccisi, decise di mollare tutto e di rifugiarsi presso Zhang Miao, dove, convinto che anch’egli stesse tramando contro di lui, si tolse la vita.
Non fu poi molto diversa la fine di Gongsun Zan, assediato nella propria roccaforte da Yuan Shao in persona e dalle sue truppe. Si racconta che Gongsun Zan, in preda al panico, si fosse completamente isolato, fatta eccezione per la sua famiglia e per le donne del suo harem, alle quali aveva insegnato a parlare con lui all’unisono, in modo da far giungere i propri ordini ai seguaci pur tenendoli a distanza. Yuan Shao fece scavare dei tunnel sotto le mura che proteggevano la città e poi diede ordine di incendiarli, e in questo modo riuscì a farle crollare. Gongsun Zan, persa ogni speranza, uccise moglie e figli e si suicidò; Yuan Shao gli tagliò la testa e la fece recapitare alla corte imperiale. Sarà ormai chiara l’idea: la Cina dei Tre Regni era una terra di intrighi, tradimenti e vendette sanguinose—dunque un’ambientazione ideale per Total War—e a distanza di così tanti secoli i suoi personaggi e le loro gesta di spietata violenza appartengono ormai sia alla storiografia che alla leggenda.
Tale aspetto è alla base della seconda grande novità di Three Kingdoms: ogni campagna può essere affrontata in modalità “romanzo” oppure in modalità “cronache”. Passare dall’una all’altra equivale a cambiare la fonte che ispira il gioco: il romanzo a cui si fa riferimento è quello di Luo Guanzhong, un classico della letteratura cinese dai toni epici; le cronache invece si basano sull’omonimo e leggermente più attendibile testo storiografico. Quest’ultima modalità corrisponde al classico Total War, mentre nella prima il realismo viene definitivamente abbandonato e i generali diventano unità che possono da sole sbaragliare interi reparti avversari e ribaltare gli esiti di una battaglia. L’introduzione di questo aspetto epico ha tutta l’aria d’essere una sorta di prova generale, considerato che il prossimo capitolo della serie, già annunciato da tempo, sarà Total War Saga: TROY.