Sul valore esistenziale (in)significante della game music

La musica può rallentare il processo con cui l'esperienza di gioco si svuota di senso.

Personalmente non trovo che visitare negozi, aspettare negli ascensori o usare i bagni degli aeroporti siano attività particolarmente interessanti e penso proprio di poter dire che non saranno le esperienze che ricorderò sul letto di morte. La quasi totale assenza di significato del tempo speso in attesa fuori da un bagno o per essere consegnato da un ascensore al piano desiderato—la loro insufficienza esistenziale, direbbe qualcuno—è ben considerata da architetti e interior designer i cui sforzi mirano a rendere piacevoli questi spazi funzionali e di transizione.

La musica dell’ascensore, come il perpetuo loop della Muzak da centro commerciale riprodotto da altoparlanti scadenti, ci impediscono di percepire realmente la povertà esperienziale dei minuti trascorsi in questi spazi. La ragion d’essere di questa musica sta nell’impedire, o almeno ritardare, il raggiungimento della consapevolezza di non voler essere dove sì è, né tantomeno restarci. È musica confortante e ripetitiva, è essa stessa una musica di transizione: sortisce effetti lenitivi e distraenti in maniera efficace specialmente quando ci si muove velocemente, senza prestare particolare attenzione a questo arredo sonoro. Ma, nei soggetti esposti ai brani banali e allegri della Muzak per troppo tempo, le loro già limitate capacità di mitigare questi disagio svaniscono rapidamente; decade così la capacità mascherante per la quale questa musica era progettata. Con il tempo, la Muzak stessa diventa parte del disturbo che avrebbe invece dovuto alleviare: la sua incessante ripetizione diventa prima prevedibile, poi irritante, e infine esasperante. Invece di essere distratti e intrattenuti, ci si sente presto assillati dal suo insistere che tutto vada bene e che ci si stia divertendo.

Ho una confessione da fare: una delle prime cose che faccio quando inizio un nuovo videogioco è spegnere la musica. Non è che io ce l’abbia con la presenza di un dato brano che accompagna l’esperienza di gioco in momenti particolarmente salienti di pericolo o di scoperta. Penso, ad esempio, ai modi discreti ed eleganti con cui la musica viene utilizzata in Legend of Zelda: Breath of the Wild (Nintendo EPD 2017). A dire il vero, non considero nemmeno sgradevole quando, in aperto riferimento al “linguaggio” del cinema, le sequenze non interattive dei giochi digitali vengono sottolineate dalla musica per aggiungere un effetto emotivo. Ciò da cui voglio proteggermi, spegnendo la musica in un videogioco, è l’equivalente della musica dell’ascensore. Non voglio essere esposto a una distrazione deliberata (e per di più infantile). Fin da bambino mi sentivo infastidito e manipolato dalle musiche non-diegetiche nei giochi (cioè, musica che non fa parte della narrativa del mondo di gioco). Sentivo che non avevo bisogno che mi dicessero di sentirmi allegro nel Regno dei Funghi o di provare un senso di inquietudine nel cimitero di Demon World Village. Diamine, se avessi potuto, avrei spento anche la musica in Ghosts ‘n Goblins (Capcom 1985)!

Dal libretto che accompagna l'album
Ghosts Goblins Ghouls
Musica di
Sebastiano De Gennaro, Enrico Gabrielli
Collana discografica
19'40''
Data di uscita
14 aprile 2021
Questo tipo di “musica di transizione” afferma che il mondo di gioco in cui suona è concepito come uno spazio di transizione, uno spazio che non deve essere esplorato nel dettaglio, né abitato per un lungo periodo. È invece un mero contenitore per una sfida ludica; è strumentale al gameplay al punto che diventa rapidamente inutile una volta risolti i suoi misteri e superate le sue difficoltà (vedi Möring 2018; Vella 2020). La presenza di un timer, soprattutto nei giochi arcade e nei casual games, è un altro indicatore del fatto che il gioco in questione è stato probabilmente pensato per offrire esperienze più paragonabili a prendere un ascensore (o fare un giro su una giostra) piuttosto che visitare un parco giochi o un giardino. Non intendo dire che trovo i giochi arcade fastidiosi o mal progettati: la loro ripetizione, goffaggine e povertà esperienziale erano in gran parte causate dai rigidi vincoli tecnologici del tempo e dalla necessità di produrre una nuova forma di intrattenimento da zero, senza una tradizione espressiva su cui ancorarsi (se escludiamo l’eredità del design del flipper, come spiegato da Chris DeLeon [2012]).

Oggi, circa quattro decenni dopo l’era arcade, la musica di transizione dei videogiochi ha ancora un ruolo nell’industria dei giochi. I giochi digitali appartenenti al settore del casual gaming offrono attività rilassanti e ripetitive che sono deliberatamente progettate per non impegnare completamente la nostra attenzione. Non è un caso, credo, che questi giochi ci siano offerti in brevi e interrompibili episodi che li rendono perfetti per essere giocati mentre si è al lavoro, in ascensore, in bagno, o in attesa dell’autobus. Se sei come me, oltre a spegnere la musica del gioco, probabilmente nutri anche la speranza che il gioco che stai per cominciare sia stato progettato per essere esperienzialmente ricco e stimolante, come un giardino o un parco giochi (per quanto piccolo), piuttosto che noioso come un ascensore o un bagno pubblico (per quanto grande). Voglio che la mia esperienza nei mondi virtuali1Nella tradizione filosofica della fenomenologia, il termine ‘mondo’ indica generalmente due concetti tra loro collegati. Per prima cosa, un ‘mondo’ é un insieme di esseri e cose (con le loro varie qualità e relazioni reciproche). Più specificamente, ‘mondo’ indica quell’insieme quando esso viene esperito da uno degli esseri coinvolti. Questo significa che il mondo è un concetto soggettivo: un mondo è solo un mondo per qualcuno e se c’è qualcuno a percepirlo. Inoltre, affinché queste esperienze soggettive possano qualificarsi come ‘mondo’, esse devono anche essere esperite con un certo grado di persistenza estetica e di consistenza logica (vedi Gualeni & Vella, 2020, p. xxvii). In seconda battuta (nel suo secondo significato che è intimamente collegato al primo), il concetto di ‘mondo’ indica anche l’orizzonte (o lo sfondo) sul quale oggetti ed altri esseri vengono incontrati e compresi. sia esistenzialmente significativa, non qualcosa di stupidamente ripetitivo che faccio mentre aspetto il mio turno, il mio piano, o il mio autobus.

Tuttavia la questione del significato esistenziale delle interazioni virtuali è complessa. Per quanto desideriamo che i mondi di gioco siano vasti e vibranti, sono sempre artefatti e, come tali, finiti. Sono realizzati da qualcuno con risorse limitate e ciò che possiamo fare con e dentro di essi è ovviamente ristretto. I mondi di gioco saranno, ad un certo punto, completamente attraversati, sconfitti e consumati, fino a diventare privi di significato. Può forse aiutare il lettore fare riferimento a ciò che Möring chiama “noia ludica” o con ciò che ho definito in altri testi come la “stanchezza del mondo virtuale”  (vedi Gualeni 2019).

Sebbene non vi sia alcun modo per impedire che i mondi di gioco diventino banali e insignificanti, la musica, tra gli altri aspetti del design del gioco, può rallentare questo processo. Ciò può succedere in vari modi, ad esempio rendendo la musica non intrusiva, o offrendo un’ampia varietà di brani musicali durante l’esperienza di gioco, o ancora dando ai giocatori la possibilità di essere attivamente musicali all’interno dei mondi di gioco (vedi Oliva 2020). Degli esempi ovvi in questo senso possono essere riconosciuti in Legend of Zelda: Ocarina of Time (Nintendo EAD 1998), dove il giocatore può fischiettare con l’ocarina del titolo, o The Last of Us: Part II (Naughty Dog 2020), dove è possibile suonare la chitarra.

Infine, la musica di gioco può assumere un significato più personale quando fa riemergere i ricordi della nostra giovinezza, ricordi di innumerevoli pomeriggi passati nei mondi virtuali, ad addestrare i Pokémon, a gareggiare su kart, o ad imbarcarsi—come nel gioco su cui si basa questo progetto musicale—in un’avventura per sconfiggere il grande re dei demoni.

Riferimenti

  • DeLeon, Chris L. (2012), Arcade-style game design: postwar pinball and the golden age of coin-op videogames (Doctoral dissertation, Georgia Institute of Technology, USA).
  • Gualeni, Stefano (2019), “Virtual World-Weariness: On Delaying the Experiential Erosion of Digital Environments”, in Gerber, A. & Goetz, U. (eds.). The Architectonics of Game Spaces: The Spatial Logic of the Virtual and Its Meaning for the Real: 153-165. Bielefeld, Germany: Transcript.
  • Gualeni, Stefano & Vella, Daniel (2020), Virtual Existentialism: Meaning and Subjectivity in Virtual Worlds, Basingstoke, UK: Palgrave Pivot.
  • Möring, Sebastian (2018), “On the Relation of Boredom and Care in Computer Game Play from an Existential Ludological Perspective”, paper presented at the Ludic Boredom Workshop, June 1st, 2018 at the Brandenburg Center for Media Studies, Potsdam, Germany.
  • Oliva, Costantino (2019), Musicking with digital games (Doctoral dissertation, University of Malta, Malta). 
  • Vella, Daniel (2019). “There’s No Place Like Home: Dwelling and Being at Home in Digital Games”, in Günzel, S. & Aarseth, E. (eds.). Ludotopia: Spaces, Places and Territories in Computer Games: 141-166. Bielefeld, Germany: Transcript.