Nella Persia del X secolo, una collezione di miti tramandati per generazioni venne alla fine messa per iscritto su carta e prese il nome di Hazar Afsana. Il titolo si può tradurre con “Mille leggende”. Anche se è ormai andato perso, questo manoscritto è la prima versione conosciuta di quello che sarebbe diventato Le mille e una notte, un ciclo di racconti popolare e duraturo che viene pubblicato ancora oggi e che ha dato vita a storie come Aladino e la lampada meravigliosa, Sinbad il marinaio e Ali Baba e i quaranta ladroni. Sono tutte favole entrate a far parte delle tradizioni orientali e occidentali. Doki Doki Panic è stato influenzato da queste fiabe, dalla lampada magica trasformativa al tappeto volante al tema musicale di sottofondo. Molte di queste cose sono finite in Super Mario Bros. 2. Persino il modo in cui scorre il tempo ha un gusto mediorientale. Nel primo Super Mario Bros., ogni livello ha un timer che si riduce fino a zero. Quando mancano cento secondi, un suono ti avvisa e la musica com’è noto accelera, accompagnando il tuo stato di agitazione. Quando il timer raggiunge lo zero, Mario muore, come se il ticchettio di quell’orologio fosse stato un cuore pulsante.
Sia in Panic che in SMB2 non c’è nessun orologio che conta alla rovescia, come se ci trovassimo in un sogno. Il tempo avanza ma noi, i sognatori, non siamo soggetti al suo scorrere. Un momento stiamo dormendo; un momento dopo semplicemente ci svegliamo. Nella leggenda araba, l’adorabile Shahrazād racconta una serie quasi infinita di favole per dissuadere il Re Shahryar dal mantenere il suo proposito—di mettere a morte ogni donna del suo harem dopo aver passato la notte con lei. Quando viene a visitarlo questa bella raccontafavole che termina ogni storia con un cliffhanger, lui la lascia ogni volta vivere in attesa di ottenere un finale soddisfacente. Rapito e insaziabile, ascolta mille e un racconto. Alla fine non solo le salva la vita, ma assume degli scribi per preservare le sue favole per l’eternità—il libro che stiamo leggendo è frutto della sua stessa narrazione.
Il concetto di queste fiabe mi ricorda la storia di Nintendo. Noi, i giocatori reali, siamo catturati nelle loro ammalianti storie interattive. Loro continuano a realizzarle, una dopo l’altra, per timore di perdere il nostro interesse. Per evitarlo, si spingono fino a cannibalizzare il loro stesso lavoro pur di raccontare un’altra storia. Proprio come i personaggi Nintendo si sono mescolati nella cultura collettiva, allo stesso modo le fiabe presenti ne Le Mille e una notte si sono diffuse oltre i loro confini iniziali. Questo è un tipo di appropriazione culturale che il Giappone e l’America condividono: un “altro” esotico nato fuori dal perimetro delle origini di ciascun paese e lentamente assimilato dalla cultura nativa nel corso del tempo, fino a diventare parte della memoria collettiva. Quello che inizia come racconto condiviso per secoli si evolve fino al brutale epilogo di Robin Williams che dà voce a un genio blu animato. È uno sviluppo assai strano.
Lo scambio che Nintendo ha fatto con Super Mario Bros. 2 si inserisce in una più ampia tradizione di disorientamento del pubblico. La storia di Aladino e la sua lampada, ora pubblicata come parte de Le mille e una notte, non era presente nell’originale arabo, e non lo erano nemmeno Ali Baba o Sinbad; queste storie che conosciamo tanto bene sono state inserite dai traduttori che hanno portato le favole in Europa. La traduzione interculturale di Doki Doki Panic in Super Mario Bros. 2 esemplifica questo stesso impulso umano: trasformare l’esotico in qualcosa di nostro. E nel farlo, filtriamo molto di ciò che ci è estraneo e aggiungiamo qualcosa di familiare. Descritto così, sembra un atto perverso, quasi parassitario. E forse lo è. Ma non si può contestare la logica di voler mandare giù tutto ciò che possiamo. C’è un sacco di tempo a disposizione.
I giochi basati su personaggi registrati, come quelli che troviamo nei film o nelle serie televisive, diventano spesso qualcosa a metà tra pubblicità e intrattenimento, un ulteriore modo per far spendere soldi ai fan. I giochi su licenza hanno anche la reputazione di essere abbastanza tremendi. Questo era particolarmente vero negli anni del NES. Esistono innumerevoli esempi, da Airwolf, basato su un programma televisivo su un elicottero avanzatissimo, a Yo! Noid, un gioco per NES del 1990 che aveva come protagonista la mascotte di Domino’s Pizza. Quello che accade al personaggio giocabile dipende dalla logica del gioco, e ha a che vedere con l’originale proprietà intellettuale non più di quanto un gioco del dottore per bambini abbia a che fare i più recenti progressi nell’oncologia ortopedica.
Friday the 13th per NES, basato sull’omonimo film dell’orrore, è una risibile faticata tra scenari fatti con lo stampino e un livello di difficoltà ai limiti dell’impossibile, con indizi vaghi e Jason nei panni di un nemico ricorrente che ti uccide quasi all’istante. “Tu e i tuoi amici siete morti”, dice lo schermo. “Game over“. Molti giocatori la prendono come una benedizione. A differenza di questi tie-in della cultura popolare, il mondo di Doki Doki Panic è stato creato per necessità: non c’erano show, fumetti o film preesistenti—solo quattro mascotte prive di storia. Il gioco stesso—raccogliere vegetali, sbloccare passaggi sotterranei, saltare su cascate e spruzzi di balena—era basato su questo festival di Fuji TV nella stessa misura in cui un panino al formaggio è basato su una mucca: il più creativo degli adattamenti, materiale grezzo utilizzato per creare qualcosa di completamente diverso.
Tanabe e il suo team avevano carta bianca per creare un mondo da zero senza forzare le aspettative. Quando Super Mario Bros. 2 venne cesellato dal preesistente Doki Doki Panic, molti di questi personaggi, sfondi e oggetti rimasero. Ma questo ora era un gioco di Mario, dopo tutto. Pur con una sola avventura all’attivo, il nome dell’idraulico era associato a elevate aspettative. E se il NES poteva gestire su schermo solo 25 colori alla volta, il team grafico si è premurato di usarli tutti quando si è trattato di dare al mondo di Super Mario Bros. 2 la sua veste occidentale.
Così le foglie dei vegetali, immobili in Panic, adesso ondeggiano al vento. La schermata di selezione dei personaggi si è trasformata da una squallida lista beige in un coloratissimo palcoscenico teatrale con tende di velluto e corde dorate. Laddove Panic prevede il gioco bonus delle slot machine a fine livello, e ci si gioca su uno sfondo tutto verde, simile a un aggiornamento meteo serale riuscito male, le slot di SMB2 ereditano lo stesso complesso design della schermata iniziale.
Alcuni cambiamenti sembrano più collegati ad aspetti culturali. La pozione magica di SMB2, grazie alla quale si accede al Sub-space, era in origine una lampada magica in Panic. Gettata a terra, la lampada si rompeva in una nuvola di fumo, rivelando una porta in una dimensione alternativa. Ma prendete la nuova pozione imbottigliata e osservate le piccole bollicine che salgono in superficie; il beaker gettato a terra crea una porta esplodendo con lo stesso effetto. (Forse si presumeva che i giocatori americani avessero più familiarità con esperimenti chimici andati per il verso storto che con lampade capaci di evocare poteri mistici; Aladdin della Disney non sarebbe arrivato al cinema fino al 1992, quattro anni dopo Super Mario Bros. 2 e il suo mélange di tropi mediorientali.)
L’abilità di Mario di usare i “power-up” e diventare più grande era così consolidata nelle menti dei giocatori che i personaggi di SMB2 si ingrandiscono e si rimpiccioliscono, cosa che non accedeva in Panic. L’effetto visivo introdusse exploit non previsti tipo lo stare in piedi al sicuro anche al di sotto di nemici che volano basso; per compensare il corpo più piccolo e far restare in pericolo il giocatore, gli sviluppatori aumentarono le dimensioni delle teste di ogni personaggio. Un’altra modifica per preservare la tradizione di Mario è stata l’abilità di correre tenendo premuto il pulsante B. I personaggi della famiglia di Doki Doki Panic passeggiavano tranquillamente. Potevi solo camminare. Giochi oggi a Panic e il ritmo sembra lento e inerte. Alzi la mano chi gioca a Super Mario Bros. con il pollice incollato a quel pulsante per correre, senza mai sollevarlo se non per lanciare qualche proiettile. La possibilità di correre era una modifica essenziale anche se correre non è mai necessario.
La modifica con maggiori occorrenze e di maggior rilievo dal giapponese Panic al SMB2 americano è una relativa mancanza di enfasi sulle maschere. Semplici blocchi utilizzabili come proiettili o come gradini erano inizialmente piccole maschere nel gioco giapponese, raffiguranti stati d’animo della drammaturgia come Commedia e Tragedia. Il portale finale di ogni livello era anch’esso in origine una maschera gigante la cui bocca si spalancava. Persino l’immagine sulla confezione giapponese raffigurava un giovane eroe arabo che lanciava una maschera invece dell’iconica rapa.
Il teatro svolge un ruolo importante nella cultura giapponese, forse ancora più che nell’America delle origini, ed è una chiara influenza qui. Un particolare formato chiamato Nō, popolare dal XIV al XV secolo, poneva enfasi sull’uso di maschere intagliate, indossate dagli attori per comunicare al pubblico il loro tratto primario. L’incisione delle maschere viene considerata una forma d’arte importante nella storia del paese, e la ritroviamo anche nei più famosi lavori del teatro kabuki. Ma è nel bunraku, o teatro delle marionette, che vediamo una più diretta connessione tra il mondo di Mario e la squadra di personaggi Nintendo.
Se c’è un’antica arte che ricorda la magia del game design, questa è l’animazione delle marionette, dove uomini e donne si nascondono dietro una parete, invisibili, dando vita alle fantastiche azioni di personaggi di fantasia, per il divertimento di un pubblico che ha solo una vaga idea di come tutto ciò funzioni. Miyamoto stesso ha ammesso di amare i burattini. Un suo gioco sperimentale, di cui si è parlato per anni ma che non è mai stato pubblicato, era conosciuto come Marionette. Donald Keene, uno dei maggiori esperti di cultura giapponese al mondo, ha studiato e scritto di letteratura giapponese per decenni. Nel suo libro The Battles of Coxinga, riporta il resoconto di un filosofo che aveva assistito a una rappresentazione bunraku, databile nella metà del XVII secolo, ed era rimasto sbalordito da ciò che aveva visto:
Alcune saltavano e alcune remavano sulle barche e cantavano. Alcune erano state uccise in battaglia e le loro teste e i corpi erano stati separati. Alcune indossavano i vestiti della piccola nobiltà. Alcune sparavano frecce, alcune agitavano bastoni, alcune alzavano bandiere o portavano parasoli. C’erano draghi, serpenti, uccelli e volpi che trasportavano fuoco nelle loro code… le marionette erano come se fossero vive.
Fate attenzione ai prodigi osservati dal nostro filosofo e noterete l’iconografia di Nintendo: alzare le bandiere (la fine dei livelli di Super Mario Bros. con una bandiera innalzata su un palo), portare i parasoli (un accessorio spesso mostrato nelle mani della Principessa), l’impossibile trasporto del fuoco (le palle di fuoco di Mario).
La macabra scena del campo di battaglia riecheggia anche una stranezza presente in Doki Doki Panic. In una manciata di aree si trova quella che può essere descritta solamente come una testa decapitata. Il manuale giapponese la chiama “Big Face”. Forse un riferimento a quei pupazzi guerrieri uccisi, eppure in grado di raccontare la loro storia dall’aldilà? Guardando meglio, però, e ispezionando più da vicino: quella testa è nera? La pelle scura e le labbra larghe e pallide suggeriscono di sì. Da dove viene? Il gioco fornisce poche spiegazioni. Funziona come un proiettile scorrevole, capace di eliminare i nemici rotolando sul terreno. Immaginate lo shock se, mentre osservate i bambini felici di giocare il nuovo gioco la mattina di Natale, facesse la sua apparizione quella che sembra essere la testa decapitata di Al Jolson e Mario la prendesse a calci in bocca. Per fortuna, nel processo di adattamento di Panic per un pubblico occidentale, la testa è stata sostituita da una Red Shell.
Molte delle modifiche apportate a Super Mario Bros. 2 durante la sua transizione verso occidente hanno fatto qualcosa di più rispetto al dare una lucidata in vista del sequel. Doki Doki Panic inizia con una famiglia che salta nelle pagine di un libro magico. SMB2 inizia con Mario che dorme e sogna, per poi svegliarsi e rivivere il suo sogno. Questa scelta permette al gioco di esistere in concomitanza con il suo predecessore senza richiedere alcuna connessione tra l’ormai familiare Regno dei funghi e questo nuovo mondo bizzarro. Tuttavia questi due scenari catalizzatori hanno molto in comune. Sia i libri che i sogni intrappolano il partecipante. Ambedue ci permettono di essere qualcosa che non siamo. Entrambi sono utili, sia professionalmente che colloquialmente, per identificare i rispettivi titolari; Freud ha scritto un libro sull’interpretazione dei sogni per la stessa ragione per cui osserviamo gli scaffali della libreria di un nuovo amico: ognuno è una finestra su memorie inaccessibili, un catalogo di paure e desideri. Per Nintendo sostituire la mitologia di un libro con un sogno nella versione occidentale del sequel di Mario è stato un passo di lato più di quanto i localizzatori non abbiano probabilmente pensato. Uno lo scegliamo, l’altro sceglie per noi. Il libro è una fuga cosciente; il sogno permette al nostro cervello di vagare liberamente, fuggendo dal nostro stato di veglia.