Diversi anni fa stavo giocando con un gruppo di amici ad un famoso gioco da tavolo, Taboo. Un amico per farci indovinare la parola disse: “è una cosa che piace a tutti, anche se può avere generi diversi”. Ci pensai per un po’, ma non riuscii a rispondere. La risposta era molto semplice, in realtà: la musica.
La musica piace davvero a tutti, fateci caso. Non esiste una persona che la detesta, che vive senza musica. Si può odiare un tipo di musica, si può trovare “insopportabile” o inascoltabile un genere specifico, ma tutti amano la musica. È stata questa la prima cosa che ho pensato quando ho giocato a Symphonia. Non è possibile vivere senza musica, e purtroppo è la situazione in cui si troverà il protagonista di questo bellissimo videogioco dei ragazzi francesi di Sunny Peak.
La storia di Symphonia ha luogo in una terra ormai priva di armonia; le note che allietavano le giornate sono andate disperse, non si sa perché. Un giovane violinista si risveglia, non parla, impugna il violino e si mette in cammino: il suo obiettivo è ridare sinfonia al suo mondo che ormai riversa nel silenzio.
I quattro Fondatori del mondo in cui il gioco si svolge sono scomparsi senza lasciare traccia. Dove sono finiti? Perché da questo micromondo che somiglia ad un piccolo carillon è sparita la musica? Non viene mai raccontato. Tutto viene lasciato nascosto, non sappiamo se per scelta stilistica o funzionale. Non ci sono dialoghi, a parte le brevi indicazioni nei tutorial all’avvio del gioco; nessuno parla, nemmeno il protagonista (che risponde al nome di Philemon), un maestro musicista riportato in vita in circostanze misteriose.
Il violino, all’interno di questo videogioco, non è un mero oggetto estetico, ma un elemento essenziale per la storia e il gameplay: suonarlo permette di attivare piattaforme, far sbocciare fiori e, pian piano, riportare la vita nel mondo circostante.
L’avventura nel mondo di Symphonia inizia proprio con il suo risveglio. Un piccolo e intraprendente automaton, in qualche modo, riesce a risvegliare Philemon dal lungo sonno che lo coinvolgeva da anni, forse secoli. Chi è Philemon? La sua biografia rimane sconosciuta ma con un po’ di perspicacia possiamo pensare che si tratti di uno dei fondatori del mondo di Symphonia. Da quel momento, l’obiettivo è tanto semplice quanto chiaro: riportare la musica nel mondo. I vari scenari si sviluppano attraverso quattro grandi macro-aree, tutte ispirate a diverse “famiglie” di strumenti musicali: l’Anfiteatro dei Fondatori, la Serra dei Legni, i Prati degli Archi e il Palazzo degli Ottoni. Al centro troveremo una sorta di “hub” chiamato Loggia del Violinista in cui possiamo sbloccare nuove abilità e potenziamenti grazie alle risorse ottenute attraverso l’esplorazione dei diversi livelli.

Philemon non dovrà solo scoprire il mistero che attanaglia il suo mondo ma, nella sua impresa, dovrà anche superare diverse sfide di difficoltà crescente, e affrontare i tre principali antagonisti del gioco.
Il primo è il Trickster, il più enigmatico dei nemici, che si diverte a sfuggire e provocare il protagonista, mettendolo costantemente alla prova. Inizialmente, ruba il violino di Philemon, privandolo delle sue fondamentali abilità musicali e costringendolo a superare le sezioni platform—già abbastanza difficili e punitive—senza nessun potenziamento. È in grado di manipolare l’ambiente di gioco, creando illusioni e passaggi fasulli che confondono il videogiocatore.
La seconda è la “Guardiana del passato”, ovvero la Matriarca, una figura misteriosa e solenne. Darà fastidio al videogiocatore perché con il suo potere sottrae temporaneamente i Frammenti di Memoria, che servono a potenziare Philemon, e blocca l’accesso ad alcune aree obbligando a trovare strade alternative.
L’ultimo è il Kinglet, un guerriero apertamente ostile che—a differenza degli altri—approccia Philemon in maniera più diretta. Lo inseguirà, appunto, a bordo di un gigantesco carro armato, distruggendo l’ambiente intorno a lui e costringendo il videogiocatore a seguire una fase di platforming ad alta velocità, in cui bisogna scappare senza mai fermarsi.
Come potete ben capire, Symphonia è un metroidvania tutt’altro che semplice. Le diverse sfide e la difficoltà di coordinamento lo rendono un videogioco estremamente punitivo in cui la precisione dev’essere millimetrica. Non è per tutti; giocare a Symphonia è come imparare un nuovo strumento musicale: ci voglion costanza, studio, precisione e dedizione.
Per fortuna, la “rapsodia” non è l’unico motore che muove del gioco, ci sono anche momenti di pausa e contemplazione, in cui il giocatore può fermarsi e semplicemente suonare il violino. A volte, questa attività rivela dei collezionabili nascosti, alcuni dei quali possono facilitarci un po’ il lavoro perché sbloccano nuove abilità, ma ci sono anche piccoli enigmi musicali come, ad esempio, suonare le note giuste su un pianoforte per sbloccare dei passaggi segreti; personalmente, ho amato questi intermezzi “cozy” che mi hanno portato lontano da un platforming ostico che aveva messo a dura prova la mia attenzione e i miei riflessi.

Ovviamente, musica e arte gli aspetti principali del gioco: Symphonia si presenta come una vera e propria opera d’arte interattiva, completamente disegnata a mano, con scenari che sembrano usciti da un dipinto. Le ambientazioni si ispirano ad uno stile onirico, con pennellate morbide e dettagli delicati con un uso saggio dei colori caldi, come il rosso, e riflessi dorati e gialli che ricordano gli ottoni.
Anche l’animazione è di alto livello: Philemon si muove con grazia, come se fosse un ballerino, volteggia in aria con fluidità e naturalezza; ogni dettaglio del suo strumento oppure del mantello che si muove con il vento è curato per dare un senso di eleganza e armonia.
Oltre alle splendide ambientazioni disegnate a mano, possiamo apprezzare le melodie eseguite dalla Scoring Orchestra da Parigi, che creano un’esperienza sensoriale unica nel suo genere. La colonna sonora presenta uno stile diverso per ogni ambientazione che visiteremo e si intreccia attivamente con il gameplay.
Come detto prima, il suono del violino modifica l’ambiente, gli ingranaggi della città si muovono a tempo di musica, trasformando il level design in un grande spartito interattivo, e la musica è dinamica poiché cambia a seconda delle azioni del giocatore. Quello che otteniamo, durante il gioco, è un’immersione continua, polifonica, che rende Symphonia un’esperienza da giocare, ascoltare e vivere.
Tuttavia, si tratta comunque di un platform estremamente punitivo, con sezioni che richiedono riflessi rapidi e coordinazione impeccabile. Se da un lato questo lo rende appagante per tutti i giocatori che cercano un videogioco molto tecnico, dall’altro può risultare frustrante per i casual gamers o per coloro che non sono avvezzi al genere.
Questo viaggio in Symphonia è stato un po’ come ascoltare un genere musicale che non si è abituati ad ascoltare. Per una bizzarra associazione di idee ho pensato a quando ho ascoltato per la prima volta un brano del jazzista Thelonious Monk, un’esperienza che non ho trovato immediata per via delle sue improvvisazioni sconnesse, caotiche, però allo stesso tempo affascinanti e logiche, come lui stesso ammetteva. Ecco, Symphonia è stato questo per me, un bellissimo titolo carico di complessità e bellezza.