Sono a bordo di un autobus. Siamo fermi, in attesa che il treno oltrepassi il passaggio a livello e la barriera si apra consentendo nuovamente al traffico di fluire. Si è già creata una discreta fila di macchine in coda. Devo ricordarmi di sopraelevare la ferrovia. C’è un velivolo in discesa, diventa sempre più facile distinguerlo, ma non ne ho bisogno: ho creato una sola linea aerea su questa mappa, tra le due città più grandi, e so esattamente da dove viene e per dove ripartirà. So anche quante persone può trasportare e a quale velocità viaggia in ogni momento.
Giocando a Transport Fever 2 mi rendo conto di quanto i gestionali possano somigliare ai giochi open world. Ci si ferma e si resta così, davanti allo schermo, ad ammirare come un certo mondo virtuale sappia vivere di vita propria, a osservare lo spettacolo offerto dal paesaggio digitale, a fare speculazioni sull’esperienza dei personaggi che lo abitano. Con una differenza fondamentale: se in Grand Theft Auto l’immedesimazione è assicurata dalla presenza di un segnaposto sullo schermo, vale a dire il personaggio che controllo, in Transport Fever conta piuttosto il fatto che tutto ciò che ho intorno è il frutto delle mie ore di gioco, non una diretta creazione degli sviluppatori; loro si sono limitati a fornirmi gli strumenti necessari a raggiungere un determinato risultato tra gli innumerevoli possibili.
Questo precipuo meccanismo d’immersione, condiviso anche dalle riproduzioni in scala del modellismo, i gestionali lo hanno sempre avuto, anche in tempi in cui la rappresentazione grafica era molto più povera di dettagli per via delle limitazioni imposte dall’hardware. Certo, oggi è più facile rimanere incantanti di fronte alle città di Cities: Skylines piuttosto che a quelle di SimCity, e lo stesso vale per le linee ferroviarie di Transport Fever rispetto a quelle di Transport Tycoon. Bisogna probabilmente averli giocati all’epoca, quegli storici titoli, per capire come potessero fare lo stesso identico effetto sul monitor a tubo catodico di un PC 386 nella prima metà degli anni ‘90.
Transport Tycoon, pubblicato da MicroProse nel 1994, numeri alla mano non fu nemmeno un grande successo1Il suo principale sviluppatore, Chris Sawyer, ebbe migliore fortuna grazie a un’intuizione che gli venne mentre lavorava a un secondo capitolo, nel quale avrebbe voluto inserire la possibilità di realizzare strutture più complesse, con curvature e livelli sovrapposti. Pensò allora che quelle caratteristiche sarebbero state perfette per realizzare montagne russe anziché linee ferroviarie: Transport Tycoon 2 non venne mai completato e nel 1999 uscì al suo posto RollerCoaster Tycoon, capace di vendere in pochi anni svariati milioni di copie. The Ringer ha dedicato a quest’ultimo una bella retrospettiva in occasione del 20° anniversario.. Riuscì comunque a restare negli anni un punto di riferimento abbastanza importante perché qualcuno si mettesse all’opera per continuare a portare avanti quella precisa idea di gameplay: nel 2004 nacque Open Transport Tycoon Deluxe (OpenTTD) e a partire dal 2007 anche Simutrans guadagnò un discreto slancio adottando una licenza libera. La comunità open source con questi giochi ha così accompagnato gli appassionati nella lunga notte dei gestionali—quasi un intero decennio segnato da una scarsa offerta di titoli di questo genere, fino al recente punto di svolta rappresentato dal già citato Cities: Skylines (2015) e dal primo Transport Fever (2016).
Si tratta di un passaggio particolarmente importante, perché il lascito è l’idea che, quando si tratta di costruire i propri mondi, nessuno studio di sviluppo può offrire materiale a sufficienza ai giocatori, tanto più se si parla di giochi in grande scala come i due appena chiamati in causa. Il gestionale è rimasto in questo modo, anche al di fuori dell’ambito open source, un’operazione collettiva: se il titolo base è abbastanza buono e offre gli strumenti adeguati, ci penserà la comunità dei giocatori ad arricchirlo con migliaia di mod che vanno a incidere su qualsiasi aspetto del gioco. Proprio Cities: Skylines e Transport Fever sono due eccellenti casi di studio in proposito2Selezionando con cura i modelli di edifici da utilizzare, in Cities: Skylines è ormai possibile ottenere i risultati più diversi, dalla metropoli futuristica al borgo medioevale; i giocatori di Transport Fever invece hanno soprattutto ampliato la varietà delle stazioni, delle vetture da mettere in circolazione, e delle mappe, molte delle quali ispirate a luoghi realmente esistenti.—la reale misura della grandezza di entrambi i giochi si dà solo a chi abbia esplorato i contenuti creati sia dagli sviluppatori che dalle rispettive community.
C’è poi l’altra faccia della medaglia. In un periodo in cui si perde il conto dei buoni gestionali usciti negli ultimi anni3Non manca ormai praticamente nulla: è possibile costruire e gestire un grattacielo, un ospedale, un parco giochi, un acquario, uno zoo, e anche una colonia su Marte. C’è persino qualcosa per chi voglia occuparsi di un alveare. Nel corso del 2020 dovrebbero aggiungersi a questa lista un hotel, una stazione sciistica, un’organizzazione dedita alla conquista del mondo e una base spaziale. Anche se a qualcuno interessassero esclusivamente i treni, ecco Railroad Corporation, Railway Empire, Voxel Tycoon e Mashinky. Un’abbondanza senza precedenti., e avendo alle spalle un titolo per cui sono già state prodotte un’infinità di ottime mod, è una buona idea produrre un seguito? Non c’è il rischio che i giocatori preferiscano continuare a trasportare merci e passeggeri con il gioco precedente? Se lo devono essere chiesti gli sviluppatori di Urban Games nel momento in cui hanno iniziato a pensare a Transport Fever 2. La risposta è che occorre concentrarsi sui giusti elementi.
Tutti gli interventi dello studio svizzero sono andati nella direzione di offrire più libertà ai giocatori. La modalità campagna, che nel primo titolo era abbastanza sfidante, stavolta può essere vista come una sorta di lungo tutorial ricco di elementi narrativi—presentati con soluzioni grafiche a volte molto simili a quelle della serie Tropico—o anche come un elaborato showcase per i contenuti del gioco, che vanno dai mezzi di trasporto di metà Ottocento, quando gli autobus erano carrozze trainate dai cavalli, fino ai giorni nostri.
Come accade in molti gestionali, il cuore del gioco, a patto di essere quel tipo di giocatori che amano stabilire in autonomia i propri obiettivi, va cercato piuttosto nella modalità sandbox, e qui qualche ritocco al sistema economico—per cui le città non accettano tutte le merci presenti sulla mappa ma ne richiedono un paio nello specifico—sarà capace di creare maggiori grattacapi a scapito di un po’ di realismo. La novità più rilevante introdotta in Transport Fever 2 è comunque la struttura modulare delle stazioni, che ora si possono espandere e modificare a seconda delle esigenze—e quando i modder metteranno le mani su questo aspetto potrebbero venire fuori risultati molto interessanti in direzione di una personalizzazione ancora più profonda di ogni singolo hub nella rete di trasporti.
Un’ultima importante revisione ha riguardato l’interfaccia. Ho già scritto in passato di quanto il genere dei gestionali sappia mettere a dura prova le abilità di interface design degli sviluppatori4Si tratta di un campo trascurato ma di grandissimo fascino: per avere un assaggio delle riflessioni che si fanno intorno all’argomento è possibile recuperare il brillante intervento di Zach Gage alla Game Developers Conference di San Francisco del 2018.. Permettendo di occuparsi allo stesso tempo di linee urbane, ferroviarie, navali e aeree, una serie come Transport Fever necessita forse anche più di altre di un’ottima organizzazione di pulsanti e finestre. Da questo punto di vista il primo titolo era deficitario e bisognoso di soluzioni più immediate e intuitive, e Transport Fever 2, pur non rappresentando ancora lo stato dell’arte, segna un netto miglioramento nella presentazione delle opzioni a disposizione del giocatore. Insomma, gli sviluppatori hanno sicuramente fatto la loro parte; ora viene il turno della community, che si è già messa in moto per produrre le prime nuove mod—perché l’opera completa sarà, inevitabilmente, un’opera collettiva.