Le condizioni di lavoro nel mondo dei videogiochi sono sensibilmente peggiorate nel corso degli ultimi anni, come ben documentano molti articoli apparsi su Kotaku—spesso a firma di Jason Shreier, che all’argomento ha pure dedicato un libro, Blood, Sweat and Pixels, di cui abbiamo scritto giusto qualche tempo fa; trovo dunque significativo che proprio il mondo videoludico riesca a esprimerere una delle trasfigurazioni più interessanti e creative di un mondo lavorativo sempre più insalubre. È il caso di Yuppie Psycho, nuovo titolo di Baroque Decay, lo studio già responsabile degli orrori di The Count Lucanor.
Quel gioco—che non è mai stato una hit ma è rimasto negli anni un titolo di culto—portava l’horror in uno scenario fantastico e fiabesco. “Come dici non è stato un successo, ma ha ottenuto recensioni molto positive e grazie al passaparola ha continuato a vendere bene dopo il lancio”, mi racconta Francisco Calvelo di Baroque Decay. “Questo ci ha insegnato a pensare in primo luogo alla qualità e all’originalità, in modo da ottenere riscontri sul lungo termine. Dopo l’uscita di The Count Lucanor abbiamo fatto delle ricerche con Google Analytics e abbiamo scoperto che quello delle streghe era un tema a cui molti dei nostri giocatori erano interessati. Avevamo questo in mente, quando poi abbiamo visto Gremlins 2. Così è nata l’idea di unire il lavoro d’ufficio con elementi horror”. In Yuppie Psycho è dunque la prima giornata di lavoro di un giovane appena assunto a trasformarsi in un incubo, perché l’azienda che l’ha chiamato, la Sintracorp, appare totalmente succube di una presenza malvagia: una strega.
I legami tra The Count Lucanor e Yuppie Psycho non finiscono qui, perché entrambi sono caratterizzati dall’adozione—da parte di sviluppatori occidentali—di un’estetica orientale volta a sfruttare il contrasto tra uno stile grafico inoffensivo e contenuti più forti e disturbanti (a ben vedere, la stessa formula vista anche in Doki Doki Literature Club). “Non penso che riuscirei a fare qualcosa che non abbia riferimenti manga“, ammette Calvelo. “Mi sembra che l’horror giapponese abbia un modo di funzionare divertente e ingannevole allo stesso tempo. Non è strano sorprendersi a ridere di fronte a qualcosa di cruento e spaventoso, che se invece fosse stato realizzato da autori occidentali sarebbe risultato crudo, freddo e realistico. In questo modo invece c’è più contrasto, abbassi le tue difese e il mistero e l’orrore si insinuano nella tua testa più facilmente”.
In effetti, a dispetto della sua grafica in pixel art, l’horror di Yuppie Psycho sa colpire nel segno, e non a caso tra le fonti di ispirazione relative al gameplay citate per lanciare il gioco su Steam Greenlight ci sono Silent Hill e Deadly Premonition. “Abbiamo iniziato a creare videogiochi provando a fare Resident Evil in pixel art“ mi rivela Calvelo. “Dato però che si trattava di un progetto troppo ambizioso, per dimensioni, quantità di armi e di nemici, ci siamo concentrati sulle basi del survival. Perciò i nostri nemici erano immortali e potevi solo nasconderti o scappare. Di conseguenza ci siamo spostati verso meccaniche di gioco più simili a Silent Hill: puzzle ed esplorazione anziché combattimenti. Siamo andati in direzione dell’horror giapponese più destabilizzante, in particolare Deadly Premonition è un punto di riferimento per noi, ci sono momenti puramente comici mischiati con l’orrore, e una storia profonda che si dipana andando avanti nel gioco”.
Yuppie Psycho segue sotto molti aspetti questa impostazione, a partire dal design dei boss, impossibili da affrontare a viso aperto. “The Dot Matrix, la fotocopiatrice con le mani, è un riferimento esplicito a Shintaro Kago”, mi racconta Calvelo. “Avrei voluto inserirne altri perché questo autore è capace di trasfigurare il materialismo della società dei consumi con facilità, e sempre in un modo sconvolgente. Anche Junji Ito è un’influenza importante, per la sua abilità di degenerare scenari e ambientazioni in cui non trovi più solamente i mostri, ma un intero mondo da loro condizionato e mutato“. Questa è in fondo la cosa che funziona davvero bene in Yuppie Psycho: la maniera di rappresentare come la già citata presenza maligna all’interno dell’azienda permei tutti gli ambienti, e l’intera forza lavoro.
Il protagonista viene assunto per quello che si qualifica presto come un bullshit job; gli viene detto quasi subito che non avrà nulla da fare, l’impressione è anzi che l’azienda sia totalmente allo sbando e proceda per inerzia, priva di una vera amministrazione e infestata dal male. Qui Yuppie Psycho si fa davvero interessante e, come ogni horror che si rispetti, politico. Alcuni dipendenti della Sintracorp sono estremamente nervosi, altri appaiono vessati e allo stremo delle forze, altri ancora sono ormai simili a zombie; il male presente all’interno dell’azienda o si sforzano di ignorarlo, o li fa vivere nel terrore, o l’hanno ormai fatto proprio, sostenendolo attivamente. A volte capita di imbattersi in cadaveri lasciati sul pavimento in pozze di sangue, altri corpi senza vita si trovano impiccati, intere aree sono avvolte nell’oscurità o contaminate da un’aria tossica.
Contribuisce all’atmosfera anche la splendida colonna sonora realizzata da Michael Kelly, già autore delle musiche di VA-11 HALL-A. “Anni fa, mentre stavamo lavorando a Catequesis, ho ricevuto una mail da Mike, che era interessato a lavorare con noi”, mi racconta Calvelo. “Mi hanno subito catturato le sue sonorità anni ’90 giapponesi, in cui mescolava pop, jazz, e quello che definisco stile Persona/Shin Megami Tensei. Poi Catequesis venne lasciato in sospeso, e con The Count Lucanor non avevamo soldi da spendere, perciò abbiamo fatto da soli”. Avvalendosi di uno dei migliori compositori di tutti i tempi: Johann Sebastian Bach.
“Ma quando abbiamo iniziato a sviluppare Yuppie Psycho l’ho contattato di nuovo”, continua Calvelo. “Lavorare con lui è stato molto facile. Gli ho dato molti riferimenti, principalmente cinematografici: gialli italiani, Twin Peaks, film dell’orrore anni ’80 e ’90. Gli ho sempre detto che non volevamo solamente atmosfere horror, ma anche pezzi orecchiabili che rimanessero in testa al giocatore”. Devo dire che in effetti se una traccia come Not What They Seem trasmette un certo senso di inquietudine, un brano come Meet And Greet starebbe bene anche in un gioco come Theme Hospital.
Le sonorità della colonna sonora, così come il tono generale del gioco, si muovono dunque su uno spettro piuttosto ampio, che corrisponde abbastanza fedelmente al livello di pericolo in cui si trova il protagonista. Non tutte le aree—vale a dire i piani dell’edificio occupato dalla Sintracorp—sono sicure allo stesso modo, né è possibile accedere ovunque sin dal principio. Prima di muoversi nell’oscurità bisognerà munirsi di una torcia, così come sarà necessario trovare un modo per respirare nelle zone in cui l’aria è contaminata.
Mano a mano che si prende confidenza con Yuppie Psycho, a brillare è soprattutto il modo in cui ogni elemento del tipico lavoro d’ufficio viene trasformato in una meccanica di gioco: un ottimo esempio è la barra della salute da ripristinare rifornendosi di snack e bevande ai distributori automatici. Il team di Baroque Decay ha fatto un gran lavoro nell’isolare e sviluppare alcuni di questi elementi anche in chiave fantastica: del resto, chi non ha mai pensato che fotocopiatrici e codici a barre abbiano proprietà in qualche modo esoteriche?
Senza fare nessuno spoiler, posso anticipare che il giocatore in Yuppie Psycho sarà costantemente alla ricerca di fotocopiatrici e di prodotti con codici a barre, e per validissime ragioni. A questo punto tutto torna senza neppure la necessità di fornire motivazioni. “Non serve spiegare tutto, basta lasciar lavorare l’immaginazione. Se il risultato è interessante sicuramente c’è qualche contorta spiegazione, talvolta a livello subconscio”, suggerisce Calvelo. È in fondo il potere di un buon world-building, mi verrebbe da aggiungere.